Ultimo aggiornamento: 17.04.24

 

Album dei Queen – Consigli d’acquisto, Classifica e Recensioni

Ci sono band, artisti, che conoscono pure i sassi, tra questi ci sono anche i Queen il cui nome è indissolubilmente legato a Freddie Mercury, cantante carismatico dalla voce unica e versatile come pochi. Con la morte del singer, la band ha sostanzialmente ridotto al minimo la sua attività. Diciamo che ha congelato la carriera perché nonostante un evidente immobilismo, lo scioglimento non è mai stato ufficializzato. I Queen ci sono ma non sono più gli stessi, cosa vogliamo dire? Che della formazione originale sono rimasti Brian May e Roger Taylor che hanno sostanzialmente lanciato due entità parallele alla band che fu di Mercury: la prima è stata Queen + Paul Rodgers, la seconda Queen + Adam Lambert. Chi vuole avvicinarsi alla musica della band britannica, cosa dovrebbe ascoltare? Innanzitutto questi due album: Sheer Heart Attack farà felici i fan dei Queen più rock, per esempio con un brano come Stone Cold Crazy, mentre Live at the Rainbow Deluxe contiene la registrazione di diversi pezzi che la band non ha più suonato dal vivo.

 

 

Tabella comparativa

 

Pregio
Difetto
Conclusione
Offerte

 

 

Gli 8 migliori album dei Queen – Classifica 2024

 

Abbiamo stilato una classifica per proporvi gli album dei Queen più venduti online secondo le nostre preferenze, consapevoli che questa non coinciderà con i pareri di tutti. Per meglio comprendere le nostre scelte, trovate una recensione per ogni disco, questa è accompagnata da un link che vi suggerisce dove acquistare a prezzi bassi l’album. Prima di comprare un nuovo disco, confrontate i prezzi.

 

 

1.  Sheer Heart Attack

 

Con Sheer Heart Attack i Queen probabilmente gettarono le definitive basi per la loro esplosione commerciale. Fino a quel momento la band non era in grado di potersi permettere un tour mondiale da headliner, anche se si erano esibiti negli Stati Uniti per supportare il precedente Queen II ma solo come band di supporto. Ad ogni modo l’esperienza fu utile per far girare il nome del gruppo negli States, peccato che i Queen furono costretti a tornare in patria anzitempo a causa di un problema di salute che aveva colpito Brian May. 

Ma veniamo a Sheer Heart Attack, un disco decisamente più rock rispetto ai due lavori precedenti, del resto ricordiamo che siamo a metà anni ‘70 e il pubblico dell’epoca si mostrava particolarmente ricettivo a sonorità più hard. Qui troviamo le hit Now I’m here e Killer Queen. 

Noi aggiungiamo un altro brano che è persino migliore dei primi due citati, secondo la nostra opinione: Stone Cold Crazy con le sue sfumature heavy metal. La versione in vinile che vi proponiamo non presenta alcuna bonus track, mentre c’è per esempio la ristampa in CD del 2011 rilasciata dalla Island/Universal che in più ha un EP.

 

Pro

Sound: Se vi piacciono i Queen più rock, Sheer Heart Attack non vi deluderà, date un ascolto a Stone Cold Crazy.

Brani: Il disco comprende le hit Now I’m here e Killer Queen, due canzoni che riscossero un immediato successo fin dalla pubblicazione del lavoro.

Qualità audio: Al di là del valore dei pezzi che compongono il disco, i fan sono rimasti soddisfatti per la qualità audio, il vinile suona bene.

 

Contro

Niente bonus track: Il disco comprende la tracklist originale così come era nel 1974, quindi non trovate neanche un brano extra.

Clicca qui per vedere il prezzo

 

 

 

2. Live at the Rainbow Deluxe

 

Originariamente Live at The Rainbow era in formato video: si tratta di un concerto che la band registrò nel 1974. Alle spalle i Queen avevano tre studio album, non moltissimi per giustificare un live ma, visti gli esiti, a conti fatti è stata un’ottima scelta. 

Dopotutto Freddie Mercury e soci hanno sempre regalato ottime prestazioni dal vivo e questo disco n’è la prova. I brani sono eseguiti con grande maestria, dato che ormai i quattro membri erano ingranaggi di una macchina ben rodata. 

L’aspetto più interessante è che la setlist di Live at the Rainbow si incentra sui primi tre dischi e buona parte di questi brani, negli anni successivi, non sono stati più eseguiti dal vivo dunque parliamo di rarità. Unica nota stonata è il costo che è alto rispetto alla media dei CD.

 

Pro

Setlist: Qui troviamo diversi pezzi che in futuro i Queen non suoneranno mai più dal vivo pertanto possiamo parlare di autentiche rarità.

Esecuzione: I Queen sono sempre stati un’ottima live band e la perfetta esecuzione dei brani qui presenti ne è la prova.

Packaging: La confezione è ben realizzata, è stata messa una certa cura in questo e i fan sicuramente gradiranno le belle foto.

 

Contro

Prezzo: Non possiamo certo dire che il prezzo sia competitivo, conviene cercare bene in rete per vedere se si possa risparmiare qualcosina.

Clicca qui per vedere il prezzo

 

 

 

3. Innuendo

 

Non potevamo lasciare Innuendo fuori dal podio per una serie di ragioni. Una di queste è senz’altro il tragico evento di cui gli stessi compagni di Freddie erano rimasti a lungo all’oscuro: il singer stava morendo a causa dell’AIDS. 

La sua è stata letteralmente una corsa contro il tempo per portare a termine il disco che di fatto è diventato il suo testamento, mentre la canzone The Show Must Go On, famosa in ogni angolo della terra, la possiamo ritenere una sorta di epitaffio. Ma è la title track a nostro avviso il brano più interessante, un pezzo capace di mutare pelle di continuo dove trovano spazio il flamenco e il rock. 

Nonostante le forze lo stessero abbandonando, Freddie Mercury regala una delle sue migliori prove dietro al microfono. Non possiamo dirci del tutto soddisfatti per la qualità d’ascolto perché i bassi sono piatti e in generale il suono manca di dinamica.

 

Pro

Voce: Freddie Mercury ha fornito una prova superlativa dietro al microfono, cosa da mettere ulteriormente in rilievo per il fatto che le sue condizioni di salute stavano precipitando.

The Show Must Go On: Il disco contiene questa straordinaria hit, si tratta di un brano molto famoso e che ha lasciato un segno nella storia della musica.

Title Track: Il brano di apertura, nonché quello che da il titolo all’intero lavoro, è un pezzo che riesce a cambiare più volte pelle in pochi minuti. Il risultato non vi lascerà indifferenti.

 

Contro

Qualità audio: Gli audiofili probabilmente noteranno una certa mancanza di dinamica e i bassi che secondo noi suonano un po’ piatti.

Clicca qui per vedere il prezzo

 

 

 

4. A Night At The Opera

 

Al quarto posto troviamo A Night At The Opera, un disco che se avessimo piazzato al primo posto in pochi avrebbero avuto da ridire. L’album racchiude in sé tutta la musica che in quel periodo andava per la maggiore: c’è il progressive, c’è una spruzzata di rock duro e quel glam i cui vessilli erano stati portati in alto da David Bowie e Marc Bolan (morto un paio di anni dopo) con i suoi T. Rex. 

Ciò però non deve far credere che A Night At The Opera sia una sorta di calderone dove tutto è mischiato senza senso e ancor peggio che sia un album privo di personalità, anzi, questo è un disco dei Queen al 100%, sono loro l’ingrediente speciale di questa minestra e sono loro che le danno sapore. 

È qui che troviamo quel brano che ha dato anche il titolo al film biografico di Freddie Mercury: Bohemian Rhapsody, un pezzo storico che da solo vale l’acquisto del disco. Qualche episodio meno riuscito c’è, è giusto dirlo. Liberi di smentirci ma ad esempio You Are My Best Friend è un pezzo che ci dice poco, sa di già sentito persino per l’epoca.

 

Pro

Vario: È un disco che fa della varietà uno dei suoi punti di forza e nonostante ciò, non suona mai disomogeneo.

Bohemian Rhapsody: C’è un pezzo come Bohemian Rhapsody che da solo è sufficiente a giustificare l’acquisto di A Night At The Opera.

Suono: L’album è stato ottimamente registrato e prodotto, basti pensare che la band si servi di sette studi di registrazione diversi.

 

Contro

You Are My Best Friend: Se in un disco ci sono un paio di episodi sottotono, è una cosa normale. Per questo album abbiamo individuato il punto debole nel pezzo You Are My Best Friend, scontato e noioso.

Clicca qui per vedere il prezzo

 

 

 

5. A Day At The Race

 

Se citiamo A Night At The Opera di conseguenza non possiamo ignorare A Day At The Race che è molto più del proseguimento del discorso intrapreso con il disco precedente, in quanto possiamo ritenerlo parte della stessa opera, del medesimo procedimento creativo. 

Basti pensare, infatti, che nelle intenzioni della band i due lavori sarebbero dovuti uscire come un doppio album. Se così non fu è perchè la casa discografica ritenne l’operazione troppo pericolosa sotto il profilo commerciale. Sul disco la band suona egregiamente, Freddie come sempre è in grande spolvero, la voce è calda e si sente; il cantante non ha paura di osare. 

Hit non ne mancano a cominciare da Somebody To Love, anche se i rocker preferiranno pezzi sulla scia di Tie Your Mother Down e White Man. Brani meno convincenti sono You Take My Breath Away e The Millionaire Waltz, per carità non critichiamo questo pezzo sotto il profilo tecnico ed esecutivo, semplicemente non ci piace nel complesso.

 

Pro

Cantato: Ancora una volta il buon Freddie fa vedere di che pasta è fatto e di cosa è capace con la sua voce, non smette mai di stupire.

Qualcuno da amare: L’album contiene la hit Somebody to love, un pezzo ancora oggi attuale ed ascoltato tantissimo anche da chi non è esattamente un fan dei Queen.

Qualità audio: Questa è la versione rimasterizzata del 2011 e crediamo che sia stata fatto un buon lavoro, la qualità audio ci soddisfa.

 

Contro

Questione di gusti: Tra i pezzi meno convincenti riteniamo di dover segnalare You Take My Breath Away e The Millionaire Waltz.

Clicca qui per vedere il prezzo

 

 

 

6. Queen II

 

Il secondo disco in assoluto dei Queen, datato 1974, nonostante la band sia agli inizi mette già in mostra le qualità dei quattro inglesi e ci regala un assaggio delle sonorità che caratterizzeranno il loro intero percorso musicale. Pietra miliare della storia del rock, miscela rock, heavy metal, rock psichedelico e parti solo strumentali, strizzando l’occhio allo stile dei Led Zeppelin. 

Si tratta di una sorta di concept album, visto che quasi tutte le canzoni sembrano collegate tra loro da un filo conduttore sia musicale sia delle tematiche trattate. Vogliamo in particolare citare White Queen e The March of Black Queen, che sembrano quasi in contrapposizione l’una con l’altra e che regalano una complessità davvero notevole (e che portò la band a non riproporle mai dal vivo).

Unica nota stonata il brano The Loser in the End, composto da Roger Taylor, e che appare decisamente slegato dal file rouge dell’album e che, anche all’epoca dell’uscita, ricevette feroci critiche. 

 

Pro

Innovazione: Parliamo di uno dei dischi più significativi della storia del rock per la capacità di miscelare più generi e influenzare, nel tempo, numerose band heavy metal o di progressive metal.

Concept: Nonostante non lo si possa definire un concept album, la maggior parte dei brani presenti appaiono legati tra loro sia musicalmente sia per le tematiche trattate.

Bianco e nero: I due brani White Queen e The March of Black Queen raggiungono vette di complessità e sonorità che ancora oggi riescono a stupire.

 

Contro

The Loser in the End: Questo brano composto da Roger Taylor è il classico anello debole della catena e appare slegato dal resto del lavoro. 

Clicca qui per vedere il prezzo

 

 

 

7. Greatest Hits II

 

Greatest Hits II non è uno studio album ma una raccolta dei più grandi successi dei Queen, la seconda in ordine cronologico (poi ne usciranno molte altre). La prima edizione arrivò nei negozi di dischi nel 1991, circa un mese prima della dipartita di Freddie Mercury e proprio sull’onda emotiva della morte del cantante fece registrare dei lusinghieri dati di vendita per essere un semplice “Best Of”. 

Tempismo perfetto? Cinico calcolo? Decidete voi, per quanto ci riguarda vogliamo concentrarci sulla musica. Sul CD troviamo 17 brani pubblicati tra il 1982 e il 1991, sono canzoni note ai più ma secondo noi l’utilità di Greatest Hits II sta nella possibilità, per chi non possiede l’intera discografia dei Queen, di avere sotto mano molti classici del gruppo. 

Anche chi non è un fan sfegatato può trovare in questa raccolta brani che sicuramente apprezza ma non al punto da andare a comprare diversi dischi solo per ascoltare un paio di pezzi. Quella che potete comprare oggi non è la prima edizione del ‘91, si tratta di una ristampa. La qualità audio non è eccelsa e volume basso.

 

Pro

Hit: In un solo CD ci sono tutti i brani di successo che i Queen hanno pubblicato nell’arco di un decennio.

Scorrevole: La raccolta offre un ascolto scorrevole, piacevole, si arriva alla fine e il tempo sembra essere volato nonostante si siano ascoltati diciassette brani.

 

Contro

Live: Sarebbe stato un omaggio gradito dai fan allegare un secondo CD con delle esibizioni dal vivo, situazione in cui i Queen danno il meglio.

Audio: La grossa delusione di questa raccolta sta nella qualità dell’audio che è poco curata, persino il volume è troppo basso.

Clicca qui per vedere il prezzo

 

 

 

8. Bohemian Rhapsody

 

Bohemian Rhapsody è la cosa più recente in fatto di uscite sotto il nome dei Queen. Trattasi della colonna sonora per l’omonimo film biografico su Freddie Mercury. Come molti sapranno il lungometraggio di Bryan Singer ha avuto un grande successo con lunghe file ai botteghini dei cinema di tutto il mondo, segno che il nome dei Queen e soprattutto del loro cantante non è stato dimenticato. 

La vera chicca di Bohemian Rhapsody sono i cinque pezzi registrati al Live Aid del 1985 che mai prima d’ora erano stati resi disponibili in formato audio. Ci sono alcuni brani rivisitati e per i collezionisti crediamo sia imperdibile la fanfara della 20Th Century Fox riveduta ed eseguita da Brian May e Roger Taylor e Doing All Right che vede la partecipazione di Tim Staffell, compagno di May negli Smile. 

Per i nostalgici degli anni ‘80 informiamo che il titolo è disponibile anche in musicassetta oltre che in CD, vinile e formato digitale.

 

Pro

Live Aid: Finalmente i fan dei Queen possono ascoltare una parte della loro esibizione al Live Aid del 1985 che in precedenza non era disponibile in formato audio.

La fanfara: Brian May e Roger Taylor riprendono la classica fanfara della 20Th Century Fox e la rieseguono a modo loro.

Smile: Brian May torna in uno studio di registrazione insieme al suo vecchio compagno ai tempi degli Smile, Tim Staffell, per la rivisitazione del brano Doing All Right.

 

Contro

Copertina: Ci saremmo aspettati un lavoro grafico migliore, invece si ha la sensazione che non sia stata prestata la giusta attenzione alla realizzazione della copertina, oltretutto poco originale.

Clicca qui per vedere il prezzo

 

 

 

Come scegliere un buon album dei Queen

 

Chi oggi volesse acquistare i migliori album dei Queen del 2024 potrebbe cavarsela davvero con poco, infatti sul mercato ci sono un bel po’ di offerte, anche se queste riguardano in particolare i CD, quanto ai vinili, complice il ritorno di fiamma per questo supporto, il prezzo può anche essere triplicato. Dunque, se cercate la soluzione più conveniente, sappiate che il compact disk è in molti casi più economico. 

Ad ogni modo il costo è una faccenda secondaria in questo momento, per adesso ci interessa aiutarvi a capire come scegliere un buon album dei Queen. Il compito non è semplice e non perché la band non abbia sfornato lavori degni di nota, anzi, la difficoltà è data dalla soggettività che caratterizza la musica, sappiamo fin da ora che non potremo mettervi tutti d’accordo, anzi, abbiamo già messo in conto le critiche alle nostre scelta magari da fan sfegatati di Freddie Mercury e soci, tuttavia siamo sicuri di poter mettere a disposizione dei lettori una serie di elementi utili a formarsi una propria opinione e decidere quale album dei Queen comprare.

Il supporto

Nel caso di band importanti come i Queen le case discografiche sono solite operare delle ristampe su CD e vinile. Di conseguenza la prima scelta da fare è circa il supporto sul quale ascoltare la musica. Se avete solo il lettore CD oppure soltanto il giradischi, la scelta è obbligata ma se invece possedete entrambi i dispositivi allora vi tocca riflettere e fare una comparazione dei pro e dei contro tra i due formati. 

Lo abbiamo detto, a differenza che in passato, quando ci fu il boom dei compact disk, attualmente è probabile che un vinile costi più del CD, ci sono casi in cui il prezzo può anche essere del triplo. Allora bisogna chiedersi: conviene comprare tre album dei Queen in CD oppure uno solo in vinile? 

La risposta potrebbe sembrare scontata ma, credeteci, non lo è e dipende dal tipo di ascoltatore. Per esempio c’è l’ascoltatore che pensa che un supporto valga l’altro, c’è chi ritiene che nulla suoni meglio di un vinile (ne siamo sicuri sia sempre così?) e chi al contrario pensa che il top dell’ascolto lo garantisca il CD (non dimentichiamo la qualità dell’impianto Hi-Fi che è determinante). 

Anche in questo caso è difficile mettere tutti d’accordo, tuttavia dobbiamo aggiungere qualcosa sul formato vinile e anche sulla qualità audio che preferiamo trattare in paragrafi separati per dare il giusto risalto alla questione.

 

Caratteristiche del vinile

Abbiamo più volte detto di come ci sia questo rinato interesse per il vinile, di conseguenza le case discografiche si sono attivate per trarne profitto con il risultato di stampare qualsiasi cosa in questo formato e vendere titoli vecchi come se fossero nuovi di zecca. Tutto lecito, per carità, peccato che non sempre all’ascoltatore si dia un prodotto all’altezza e considerato che spesso chi compra il vinile è anche un audiofilo, diventa difficile ingannare persone tanto pignole e attente. 

Il discorso è questo, comprare una ristampa in vinile dei Queen non significa automaticamente avere un album che suona meglio del CD. Quali sono le caratteristiche da controllare prima dell’acquisto, diciamo quelle informazioni cui si può avere accesso prima di pagare? 

Sicuramente la grammatura. A nostro avviso conviene comprare vinili da 180 g perchè quando si stampano possono contenere maggiore dinamica, ma non è questo l’unico motivo per preferirli a formati più leggeri. Un disco “pesante” è meno soggetto a deformarsi, poi è chiaro che dipende anche dalla qualità della mescola vinilica. Tenete presente che un disco nuovo può arrivare già deformato, il problema può verificarsi durante l’imballaggio, il trasporto ecc. Se il disco è da 180 g questi rischi diminuiscono.

Qualità audio

Nel caso di una band come i Queen, che ha dischi vecchissimi in catalogo, è ovvio che nei negozi si trovino le ristampe. Queste possono essere rimasterizzate, in tal caso è ben specificato, oppure no, anche se va detto che in caso di titoli molto vecchi la rimasterizzazione è indispensabile in quanto il master è soggetto a deterioramento. 

Ad ogni modo rimasterizzare vuol dire spendere altro denaro, cosa che non sempre i discografici sono interessati a fare. Il risultato è un disco che potrebbe suonar male. Sia chiaro che non tutti preferiscono gli album masterizzati, c’è chi non vuol perdere il suono originale così come il disco venne concepito all’epoca in fase di registrazione e mixaggio.

 

 

 

Domande frequenti

 

Quanti sono gli album dei Queen?

Tra l 1973 e il 1995 i Queen hanno registrato quindici studio album, è interessante notare come l’ultimo sia postumo alla morte di Freddie Mercury. Made in Heaven uscì circa quattro anni dopo la scomparsa del cantante ma nonostante ciò è possibile ascoltare la sua voce. Ciò fu possibile perché il cantante incise delle tracce vocali affidando il compito ai compagni di comporne la musica.

 

Chi erano gli Smile?

Di fatto gli Smile sono stati il prototipo dei Queen. Della band facevano parte Tim Staffell, Brian May e Roger Taylor, in pratica il 50% dei Queen. Brian May scrisse insieme  a Tim Staffell la canzone Doing All Right che poi venne riutilizzata sul debut album dei Queen, dunque cantata da Freddie Mercury.

 

Quanti solo album ha inciso Freddie Mercury?

Sebbene i Queen fossero per Freddie Mercury un’attività a tempo pieno, l’estroso cantante trovò il tempo e la creatività per incidere due solo album tra il 1985 e il 1988: Mr. Bad Guy e Barcelona. La cosa è ancora più stupefacente se si pensa che all’epoca i Queen in media pubblicarono un disco ogni due anni che poi naturalmente promuovevano andando in tour per tutto il mondo. 

 

Quanti Solo album ha inciso Brian May?

Tra il 1983 e il 2000 Brian May ha inciso tre solo album full lenght e un EP: Brian May + Friends (EP), Back to the light, Another World e La musique de Furia, quest’ultimo ha fatto da colonna sonora per il film Furia.

 

Dopo Made in Heaven i Queen hanno pubblicato altri studio album?

Sotto il nome di Queen + Paul Rodgers hanno pubblicato nel 2008 The Cosmos Rocks. Della formazione originale fanno parte soltanto Brian May e Roger Taylor.

 

 

 

Cusiosità sui Queen

L’interesse per i Queen non è mai scemato, ancora oggi i loro dischi si continuano a vendere. Ciò che è stato non tornerà più ma restano le pagine di storia della musica che hanno scritto e fatto impazzire milioni di fan. Proprio gli aficionados dei Queen potrebbero essere interessati a conoscere curiosità e aneddoti sui loro beniamini, li accontentiamo.

A chi si devono nome e logo della band?

Indovinate un po’? Tanto il nome scelto per la band quanto il logo furono un parto della mente di Freddie Mercury. Il cantante cercava un nome che in qualche modo riuscisse a essere regale e scioccante e sappiamo tutti quanto sia importante la Regina per gli inglesi. Quanto al logo fu concepito e disegnato da Mercury.

 

Quali sono i rapporti tra John Deacon e i restanti membri dei Queen?

Non ci sono rapporti e non ce ne sono stati neanche in occasione della presentazione per il film biografico su Freddie Mercury. Roger Taylor in una intervista al Sunday Express non ha esitato a definire il compagno come una persona fragile al punto tale di non volerne più sapere di restare nel mondo della musica, una decisione presa definitivamente sei anni dopo la morte dell’amico Freddie, evento che evidentemente ha pesato molto per lui tanto da lasciare a May e Taylor la totale libertà di fare ciò che gli pare con il nome dei Queen.

La regina e la principessa

C’era un forte legame tra Diana Spencer e Freddie Mercury. A riguardo il cantante ebbe modo di raccontare un aneddoto. Come si può immaginare la principessa non poteva mettere il naso fuori senza essere paparazzata o comunque riconosciuta dalle persone. Un giorno si trovarono insieme Lady D, Mercury e il comico Kenny Everett, erano a casa di quest’ultimo. 

Parlando del più e del meno la principessa chiese ai due che piani avessero per la serata. Freddie rispose che avrebbero fatto un salto alla Royal Vauxhall Tavern, un locale che ospita clientela omosessuale ma anche un posto dove le risse erano da mettere in conto, insomma, un posto poco adatto a una reale. I due cercarono di persuadere la principessa ma lei fu irremovibile. Fu a quel punto che Freddie ebbe l’idea di travestire Lady D da uomo, nessuno ci avrebbe fatto caos anche perché tutte le attenzioni sarebbero state per Freddie Mercury e infatti così fu.

 

 

 

Ultimo aggiornamento: 17.04.24

 

Album dei Beatles –  Consigli d’acquisto, Classifica e Recensioni

 

The Beatles o più semplicemente, come li chiamiamo noi, i Beatles sono uno di quei gruppi da ritenere fondamentali per la storia della musica popular. La storia dei “Baronetti” di Liverpool è stata breve ma intensa e soprattutto costellata di successi. Hanno venduto tanto e ancora oggi vendono tanto (al netto della crisi del mercato discografico, s’intende). Fatto sta che nonostante la band non esista più da tantissimo tempo, continua a conquistare nuovi fan, chissà quanti di quei nipoti di oggi hanno avuto una nonna urlante in prima fila a un concerto dei “Fab Four” e magari è proprio grazie a lei hanno scoperto la band di Liverpool. Anche noi vogliamo fornire il nostro contributo e dare ristoro alla vostra sete di conoscenza sulla band presentandovi alcuni album, come questi due: Abbey Road Anniversary Edition LP che è un disco collezionabile non tanto perché uscito in occasione del suo cinquantesimo anniversario quando per il fatto di essere un picture disc. Un altro over 50 è The Beatles box super deluxe limited, che è ricco di materiale inedito tra cui spicca un interessante libro.

 

 

Tabella comparativa

 

Pregio
Difetto
Conclusione
Offerte

 

 

Gli 8 migliori album dei Beatles – Classifica 

 

Abbiamo stilato una classifica che comprende non solo gli album più venduti online ma anche altri che secondo il nostro giudizio meritano la posizione assegnata. Ad ogni modo potrete leggere le nostre ragioni all’interno della recensione scritta per ciascun disco. Per chi volesse sapere dove acquistare a prezzi bassi l’album preferito dei Beatles può fare riferimento ai link sottostanti le recensioni. Per un acquisto ponderato invitiamo voi tutti a confrontare i prezzi.

 

 

1. Abbey Road Anniversary Edition LP picture disc da 180 g

 

Molti esperti o semplici appassionati di musica ritengono che Abbey Road sia il miglior album pubblicato dai Beatles. Il disco originariamente uscì nel 1969, la band è ormai agli sgoccioli della sua carriera in quanto ci sarà solo lo spazio per un ultimo lavoro l’anno seguente. Siamo, dunque, al cospetto di una formazione matura dal punto di vista tecnico e compositivo. Abbey Road è un nome, anzi, un luogo importante per la storia del gruppo, così si chiamano gli studi di registrazione di proprietà della EMI che a sua volta prende il nome dalla strada dove sono ubicati. 

Storica, poi, la copertina che raffigura i Beatles, in fila attraversare sulle strisce pedonali quella via per poi entrare negli studios. Abbey Road Anniversary Edition è un disco celebrativo per festeggiare i 50 anni dalla pubblicazione, la versione scelta è un picture disc quindi è anche un album da collezione. 

Ma scegliere la versione picture disc vuol dire rinunciare a una ventina di brani tra demo e outtakes presenti nella versione deluxe e disponibile sia in  CD che in vinile ma a un prezzo più alto. La qualità della rimasterizzazione è buona e il vinile è da 180 g quindi meno soggetto a deformazioni. Rispetto alla tracklist originale manca un brano, ovvero Her Majesty che in vero è un pezzo da una ventina di secondi.

 

Pro

Da collezione: Gli appassionati sono sempre sensibili ai picture disc, sul vinile in questione è perfettamente riprodotta la mitica copertina dell’album.

Qualità audio: In fase di rimasterizzazione è stato svolto un attento lavoro al fine di donare un suono degno di un’opera così importante.

Materiale: L’album è inciso su un vinile da 180 g, tale peso ma soprattutto spessore, lo rende meno soggetto a deformazioni.

 

Contro

Brani mancanti: Rispetto alla versione originale manca il breve brano Her Majesty, inoltre non ci sono le versioni demo e outtakes presenti sulla più costosa edizione deluxe.

Clicca qui per vedere il prezzo

 

 

 

2. The Beatles box super deluxe limited 6 CD + Blu-ray  

 

The Beatles, questo è il titolo dell’album ma in realtà sono in pochi a chiamarlo così perché per la maggior parte delle persone è il White Album a causa della copertina totalmente bianca, una scelta che in fin dei conti si è rivelata vincente nella sua disarmante complicità. Abbiamo scelto l’edizione deluxe in formato CD uscita nel 2018 in occasione del cinquantesimo anniversario del disco. 

Diciamo subito che la qualità audio è buona, la rimasterizzazione non ha tolto nulla come a volte capita bensì ha aggiunto un significativo miglioramento che anche gli audiofili sapranno apprezzare. Imperdibile per i fan il libro di 164 pagine con foto del periodo, riproduzioni di manoscritti, l’introduzione di Paul McCartney e la spiegazione dell’opera da parte di Gilles Martin, foglio di George che produsse l’album. 

Utile il contributo del critico John Harris che riassume la storia del disco contestualizzandola nel periodo socio politico del 1968. Insomma, è un’opera completa e anche se non costa poco ogni vero fan dovrebbe avere.

 

Pro

Qualità audio: I sei CD godono di un’ottima qualità sonora, si nota che dietro c’è stato un duro lavoro per riportare a nuova luce i brani, comprese le versioni demo.

Libro: A rendere questa versione imperdibile non c’è solo la musica ma anche il libro di 164 pagine ricco di foto e aneddoti vari.

Blu-ray: Chi nel proprio impianto ha un dispositivo capace di leggere i Blu-ray audio potrà ascoltare altro materiale interessante anche in formato Dolby True HD 5.1.

 

Contro

Prezzo: L’unico aspetto svantaggioso di un’opera perfetta per qualità audio e packaging può solo essere il prezzo che è comprensibilmente alto.

Clicca qui per vedere il prezzo

 

 

 

3. Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band Anniversary Super Deluxe Edition 

 

L’operazione (commerciale) per commemorare il cinquantesimo compleanno di diversi album dei Beatles continua Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band e sebbene occupi l’ultimo gradino del podio rimasto disponibile, sappiamo che altri titoli non avrebbero sfigurato in questa posizione, ciò detto lasciare questo album fuori dalla Top 3 sarebbe stato impossibile. 

Dopotutto l’album è da più parti ritenuto tra i dischi fondamentali del ventesimo secolo mentre la redazione americana di Rolling Stone lo piazza addirittura al primo posto dei 500 migliori album di sempre, ma dopotutto non è l’unico titolo della band di Liverpool collocato ai primi posti della suddetta classifica. 

Anche in questo caso abbiamo una copertina pensata per restare impressa nella memoria degli appassionati di musica. Per realizzarla Jann Haworth e Peter Blake svilupparono un’idea di Paul McCartney ed è considerata una autentica opera Pop Art. Ancora una volta Giles Martin riesce a dare nuovo splendore a ciò che il padre aveva fatto in precedenza con la prima edizione, la qualità sonora è molto buona, curata. In tutto ci sono cinque CD e un Blu-ray per l’ascolto in alta definizione. Non manca un libro ricco di fotografie dell’epoca. Il prezzo resta alto ma rispetto a quando è uscito potete trovarlo con un bello sconto.

 

Pro

Suono: Giles Martin svolge un lavoro egregio in studio riuscendo a migliorare il suono di un album che ormai ha 50 anni sul groppone.

Tracks: C’è davvero tanto da ascoltare, oltre alla tracklist originale trovate ad esempio il direct transfer del mixaggio in versione originale e molto altro.

Copertina: Ritenuta un vero esempio di Pop Art, ai tempi del lancio del disco fece discutere i più bigotti per la presenza di personaggi come Aleister Crowley.

 

Contro

Costo: L’edizione deluxe è ricca di materiale, chiaramente tanta carne al fuoco non può costare poco, fatevi due conti prima di comprare questa versione.

Clicca qui per vedere il prezzo

 

 

 

4. Revolver remastered limited edition digipack

 

Se Rolling Stone riservò a Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band il primo posto della sua classifica dei 500 migliori album di sempre, non bisogna scorrere troppo in basso le posizioni per imbattersi in Revolver, che infatti occupa il terzo posto. 

Su Revolver troviamo qualche indizio della direzione psichedelica che avrebbe intrapreso il suo successore, del resto i dischi dei Beatles uscivano a cadenza annuale (in alcuni casi anche meno) quindi è normale che elementi che caratterizzavano un album si trovassero magari in minor misura rispetto a quello successivo. 

Si conferma la buona qualità audio che caratterizza le rimasterizzazioni dei Beatles. Peccato per l’assenza di qualche bonus track, qui è presente la stessa tracklist dell’album uscito nel 1966 con la sola aggiunta del documentario Revolver che però è in lingua originale senza sottotitoli. Packaging nella media, quindi anche in questo caso non aspettatevi nulla di particolare.

 

Pro

Sound: Il suono dei Beatles comincia ad arricchirsi di elementi di una componente rock psichedelica che poi ritroveremo con maggior presenza in Sgt. Pepper.

Audio: L’album è stato ottimamente rimasterizzato secondo noi, la qualità audio ci soddisfa completamente e siamo certi soddisferà anche parecchi di voi.

 

Contro

Brani extra: Purtroppo non ci sono brani extra e rarità varie, il documentario è presente solo in lingua originale, senza sottotitoli.

Packaging: Anche sul versante del packaging c’è ben poco da aspettarsi, nessuna foto rara o note particolari, confezione poco curata.

Clicca qui per vedere il prezzo

 

 

 

5. Rubber Soul remastered limited edition

 

Molto probabilmente Rubber Soul è il disco che certifica la maturità artistica della band. Non è passato di certo un secolo dal debut Please Please Me ma due anni scarsi, siamo nel 1965 tuttavia Rubber Soul è già il sesto lavoro dunque i Fab Four hanno avuto modo di fare esperienza sui vari aspetti che concernono la composizione e produzione di un album. 

I testi d’amore (piuttosto adolescenziale in vero) che facevano svenire le ragazzine cominciano a far posto a una certa varietà tematica. Come si ascolta il CD, ovvero com’è la qualità audio, per dirla in altre parole? 

Sicuramente buona, magari non da audiofili ma critiche negative sarebbero fuori luogo. Non ci sono tracce extra ma troviamo comunque un mini documentario che può essere visto solo su computer, naturalmente è in lingua originale e senza sottotitoli.

 

Pro

Nuovo stile: Affiorano i primi cambiamenti nello stile dei Beatles, ci sono tracce di psychedelic rock ma soprattutto una maggiore varietà a livello lirico.

Audio: Il disco è stato fatto oggetto di una buona opera di rimasterizzazione, a noi la qualità sonora ha soddisfatto.

 

Contro

Bonus track: Nessuna chicca per i fan che si ritrovano tra le mani la tracklist così com’era nel 1965, per questo non vale molto ai fini del collezionismo.

Documentario: Il Rubber Soul mini documentary può essere visto solo con il computer, sarebbe stato più comodo avere un disco compatibile con un lettore Blu-ray o DVD.

Clicca qui per vedere il prezzo

 

 

 

6. Let It Be remastered limited edition

 

Let It Be ha l’ingrato compito di chiudere la carriera dei Beatles come band. Quando arrivò nei negozi era già noto che il quattro avrebbero separato le loro strade e non è che siano state tutte rose e fiori durante le registrazioni, anzi i litigi e abbandoni non sono mancati. Alla fine portare a termine il disco è stata una sorta di miracolo. 

Non è un gran disco ma neanche è da buttare via. Ci sono brani buoni ma nulla più, anche se alla fine un pezzo com Let It Be è riuscito meritevolmente a emergere per poi essere considerato a tutti gli effetti un classico, l’ultimo della storia dei Beatles che immaginariamente ci salutano sulle sue note; sarebbe stato perfetto come chiusura dell’album ma all’epoca fu scelto di inserirlo a metà strada. 

Abbastanza anonima è la copertina, quasi come se non si volesse perdere tempo a lavorarci su, molto più semplice piazzare quattro foto. Chiude il solito mini documentario che anche in questo caso può essere fruito solo dal computer.

 

Pro

Let it be: A nostro avviso l’episodio migliore del disco è la title track, un pezzo lento che arriva dritto al cuore, un vero classico ed evergreen.

Qualità audio: Il CD non suona affatto male, pur non stravolgendo il sound originale viene alzato il livello qualitativo dal punto di vista audio.

 

Contro

Mini documentario: Come elemento bonus è presente un mini documentario però come accaduto anche pr altri titoli, questo può essere guardato solo dal computer.

Copertina: Neanche ci hanno provato a realizzare una cover degna di essere definita tale, lavoro pressoché approssimativo con quattro comuni foto.

Clicca qui per vedere il prezzo

 

 

 

7. Please Please Me remastered limited edition

 

Qui è dove tutto è cominciato (o quasi): siamo nel 1962 quando Please Please Me arriva sugli scaffali dei negozi di dischi e nessuno immagina che di lì a poco si sarebbe parlato addirittura di Beatlesmania. Love me do è il singolo che anticipa l’album, l’accoglienza di critica e pubblico magari non è eclatante ma lascia ben sperare. 

Il disco è composto da brani easy listening, a tratti acerbi con un certo non so ché di adolescenziale ma la formula funziona. A nostro avviso la tracklist comprende troppe cover. Il prezzo per questo CD non è affatto male ed è sicuramente una ragione in più per comprarlo. Qualità audio buona e immancabile mini documentario che caratterizza le versioni rimasterizzate del 2009 fruibile solo da computer. Ridotta la durata dell’album.

 

Pro

Gradevole: Chi ama la musica semplice, magari da ascoltare distrattamente, qui troverà una serie di tracce che gli allieteranno la giornata.

Prezzo: Il CD è venduto a un prezzo contenuto, questa è sicuramente una delle buone ragioni per comprarlo senza pensarci troppo.

 

Contro

Cover: Non critichiamo le cover nel merito ma per essere un debut album secondo noi ce ne sono fin troppe.

Durata: Sebbene il disco contenga quattordici brani la durata è di soli 34 minuti, secondo noi è troppo breve con una media di 2:40 per brano.

Clicca qui per vedere il prezzo

 

 

 

8. Live at the Hollywood Bowl

 

Ci è sembrato giusto chiudere la nostra selezione con un album dal vivo perché dopotutto è in questo contesto che si distinguono i bravi musicisti da quelli meno bravi. In studio un pezzo lo si può ripetere all’infinito finché non viene bene ma dal vivo non ci sono seconde possibilità. Il live si compone di tredici pezzi registrati all’Hollywood Bowl di Los Angeles. La cosa interessante è che in quel posto i Beatles tennero tre concerti, sempre nel mese di agosto, ma tra il 1964 e il 1965, dunque abbiamo sullo stesso disco brani suonati a un anno di distanza. 

Non solo, perché l’album uscì una dozzina di anni dopo, nel 1977, e chissà se mai sarebbe stato pubblicato se non avesse cominciato a girare il bootleg Live! at the Star-Club in Hamburg, Germany del 1962. Il problema è che la qualità audio era pessima (senza contare le difficoltà d’ascolto dovute al baccano del pubblico) tanto è vero che ben due produttori storici del gruppo, George Martin prima e Phil Spector poi, rinunciarono al lavoro. Alla fine nel ‘77 George Martin, viste le insistenze della Capitol, compì un mezzo miracolo. Martin senior, però, non aveva a disposizione la tecnologia di Martin Junior incaricato di riportare alla luce il live. 

Il lavoro svolto dal figlio d’arte è stato lodevole e oggi la qualità audio è buona, in più rispetto alla prima edizione sono stati ripescati quattro brani extra, ovvero, You can’t do that, I want hold your hand, Everybody’s trying to be my baby e Baby’s in black. Il prezzo del CD è ottimo, molto povero il packaging.

 

Pro

Qualità audio: Giles Martin come sempre ha svolto un lavoro egregio, solo chi possiede la prima edizione del ‘77 può capire di che portata siano state le migliore audio.

Brani extra: Rispetto al live pubblicato nel 1977 qui troviamo ben quattro canzoni in più, all’epoca probabilmente rimaste escluse perché di pessima qualità o magari per mancanza di spazio.

Prezzo: Il costo di questo CD è poca cosa, parliamo di somme che si spendono senza pensarci su neanche un attimo.

 

Contro

Packaging: A lodevole lavoro fatto in studio non ha corrisposto un pari impegno nel fornire al disco una confezione migliore.

Clicca qui per vedere il prezzo

 

 

 

Come scegliere un buon album dei Beatles

 

Sebbene i Beatles non esistano più, non di rado sul mercato escono nuove e allettanti offerte. Le abbiamo selezionate per voi dopo una comparazione certosina. Certo, oltre il prezzo va sempre tenuto conto del valore artistico dell’album, parliamoci chiaro: per acquistare un disco non si possono usare gli stessi parametri di riferimento che sono invece comuni ad altri oggetti proprio perché la musica è ben altra materia e soprattutto ha una componente soggettiva non irrilevante, tanto è vero che già ci immaginiamo le critiche che ci pioveranno addosso da parte di quanti non sono d’accordo con noi su quali sono i migliori album dei Beatles. 

I nostri sono pareri personali, è vero, tuttavia nei limiti del possibile cerchiamo di affidarci anche a quei pochi dati oggettivi applicabili a un gruppo musicale. Ciò detto non mancheremo di darvi delle indicazioni di carattere generale che vi aiutino a decidere quale album dei Beatles comprare senza condizionamenti da parte nostra. Insomma, dopo aver letto la nostra guida saprete come scegliere un buon album dei Beatles.

Prima edizione o ristampa

Diciamolo subito, trovare una prima stampa di qualsiasi album dei Beatles è impossibile a meno che non ci si rivolga a un collezionista. Un collezionista, però, perché mai dovrebbe privarsi della sua preziosa reliquia? Per denaro? Beh state certi che in quel caso non parleremmo di pochi soldi. Ecco perché le ristampe sono salvifiche e, pur non avendo grande valore, consentono a chi negli anni ‘60 non era ancora nato di ascoltare i dischi pubblicati proprio in quel decennio. 

Anche le ristampe vanno valutate con attenzione, ne possono essere fatte diverse edizioni nel corso degli anni e non tutte presentano lo stesso livello qualitativo. Ok, prendiamo la ristampa, ma su quale supporto? Oggigiorno gli album dei Beatles si trovano anche in CD. Perché diciamo “anche”? Perché quando i Beatles suonavano, i compact disk non esistevano. 

Diciamo pure che le ristampe su CD erano quelle che andavano per la maggiore ma come i più attenti sapranno, il vinile è tornato in auge quindi adesso è possibile trovare nuovamente il miglior album dei Beatles in questo formato. Qual è il supporto più economico? Le ristampe in CD mediamente costano meno rispetto a quelle in vinile.

 

Tracce extra e packaging

Ci sono alcune cose che possono rendere una ristampa ghiotta anche a chi magari ne possiede una precedente, certo, bisogna essere dei super fan per comprare due volte lo stesso album ma tant’è… quali sono queste cose? 

Sicuramente delle bonus track, pezzi live e/o versioni demo di brani rimaste in chissà quale archivio per decenni per poi uscire fuori e rappresentare l’occasione per commercializzare un vecchio disco. Anche il packaging è importante, i fan adorano booklet con foto, note e informazioni varie sul disco per non parlare delle edizioni deluxe.

Cofanetti e Best of

Chi desidera avere una panoramica sulla carriera dei Beatles per poi magari andare a pescare quei dischi dove ci sono i singoli che gli sono piaciuti, può prendere una raccolta che può contenere anche materiale raro o inedito. Un semplice Best of può anche costare poco ma quando sentite parlare di cofanetti o box il prezzo sale ma c’è da dire che in questo caso si ha anche un packaging più curato.

 

 

 

Quello che (forse) non sapete sui Beatles

 

Cosa sapete sui Beatles ma soprattutto cosa non sapete? No, qui non si parla di quando è uscito Please Please Me oppure Let It Be e neanche vogliamo raccontarvi del quinto Beatles. Questo spazio è riservato a curiosità e aneddoti riguardanti la band.

 

L’incontro che cambiò la storia

I beatles erano in quattro ma indiscutibilmente le due colonne portanti della band erano Lennon e McCartney, come si conobbero i due, come nacqua la loro amicizia? Si racconta che i due si incontrarono nel 1957 nell’ambito di un evento musicale per gruppi emergenti organizzato presso la St. Peter’s Church. Lennon aveva alzato il gomito, vide McCartney e lo avvicinò, cominciarono così a parlare di musica, questa fu la scintilla che fece nascere la loro amicizia.

Fan incontinenti

Leggenda o verità? Noi non c’eravamo dunque non possiamo confermare o smentire quanto dichiarato da Bob Geldof durante una intervista con Q Magazine del 2010. Il musicista dice di ricordare le chiazze di urina per terra durante i concerti dei Beatles, visto che pare che le giovani fan se la facessero letteralmente sotto per l’emozione di assistere allo show dei loro idoli.

 

Il Vaticano perdona, Rinfìgo Starr no

È noto che dalle parti del Vaticano siano bacchettoni e sul capo dei Beatles pendeva una sorta di scomunica, almeno fino al 2010 quando L’Osservatorio Romano li riabilitò. Sul “perdono” si espresse il batterista Ringo Starr: “Non me ne frega niente”.

 

L’America e la Beatlemania

Si dice che la Beatlemania arrivò negli Stati Uniti grazie a una ragazzina che, quasi indignata, telefonò a una radio locale chiedendo perché nel suo Paese non venisse trasmessa musica come quella dei Beatles. La protesta della giovane fan suscitò curiosità nel conduttore radiofonico che alla fine decise di trasmettere I want hold your hand. L’esempio venne seguito anche da altre radio e i Beatles conquistarono gli States.

Un’occasione persa per gli extraterrestri

Vi immaginate se la Beatlesmania scoppiasse anche tra gli (ipotetici) abitanti di altri pianeti? Beh se ciò non accadrà prendetevela con la EMI. Questi sono i fatti: il famoso astronomo Carl Sagan voleva che il brano Here come the sun venisse inclusa nel Voyager Golden Record, una registrazione con dei saluti pronunciati in tutte le lingue del mondo, musiche, immagini, suoni naturali e spedita nello spazio una sonda nell’ambito del programma Voyager del 1977. Era convinzione di Sagan che quella canzone dei Beatles fosse perfetta per testimoniare la natura pacifica dell’umanità. Ebbene la EMI non volle concedere i diritti.

 

 

 

Domande frequenti

 

Chi è il quinto Beatles?

Come tutti sanno la formazione comprendeva quattro elementi, tuttavia spesso si sente parlare di un quinto Beatles. Chi è costui? Si tratta del famoso produttore George Martin che lavorò a gran parte di dischi pubblicati dai Fab Four. Il suo contributo alla musica della band fu considerevole oltre che lodevole.

Chi ha ucciso John Lennon?

A uccidere John Lennon con quattro colpi di pistola sparati alle spalle fu Mark David Chapman, ex guardia giurata con conclamati problemi di droga e mentali. L’omicidio avvenne l’8 dicembre del 1980 all’esterno dell’abitazione del musicista (New York), mentre rincasava.

 

Cos’ha fatto come prima cosa Paul McCartney dopo lo scioglimento dei Beatles?

Il primo passo di McCartney dopo la fine dei Beatles è quello di pubblicare un solo album dal titolo “McCartney” nel 1970. Il disco, suonato interamente dal musicista e aiutato per i cori dalla moglie Linda, si compone di tredici pezzi scritti durante il suo periodo con i Beatles ma che per varie ragioni non erano stati mai registrati dalla band.

 

Con quale disco hanno esordito i Beatles?

Il primo disco pubblicato dai Beatles è stato Please Please Me, uscito nel 1963. Una curiosità è che il disco negli Stati Uniti fu pubblicato con un titolo diverso Introducing… The Beatles e segna anche l’inizio della proficua collaborazione con il produttore George Martin.

 

 

 

Ultimo aggiornamento: 17.04.24

 

Album dei Led Zeppelin – Consigli d’acquisto, Classifica e Recensioni

 

Ci sono band che lasciano il segno più di altre, fino a diventare autentica fonte di influenza e ispirazione per gli altri e questo probabilmente è il massimo riconoscimento per un musicista, ovvero sapere che la sua musica ha spinto un ragazzino a imbracciare uno strumento e ascoltare nelle composizioni di tante band, echi di quanto lui ha composto in passato. Tutto questo è certamente accaduto per i Led Zeppelin che hanno dato un notevole contributo alla nascita del rock duro. La band inglese ha letteralmente dominato gli anni ‘70 presentando una forma inedita per quei tempi. All’interno della nostra guida troverete quelli che secondo noi sono gli album più interessanti del gruppo ma vogliamo darvi subito due assaggi: su Led Zeppelin IV trovate Black dog, Rock and Roll e Stairway to Heaven, canzoni che non hanno bisogno di presentazioni. Viaggiando a ritroso nella discografia della band troviamo Led Zeppelin II dove è presente, tra le altre Whole lotta love.

 

 

Tabella comparativa

 

Pregio
Difetto
Conclusione
Offerte

 

 

Gli 8 migliori album dei Led Zeppelin

 

È il momento della nostra classifica, bene o male ci troverete quasi tutti gli album dei Led Zeppelin in quanto al loro discografia è tutt’altro che sconfinata. Ciascun album è accompagnato da una recensione e un link utile a chi vuol sapere dove acquistare a prezzi bassi i dischi più venduti. Fate le vostre valutazioni e confrontate i prezzi.

 

 

1. Led Zeppelin IV rimasterizzato

 

Led Zeppelin IV (in realtà chiamato in questo modo per convenzione non avendo un titolo vero e proprio)… beh crediamo che il primo posto non possa che essere riservato al quarto lavoro in studio della band. Il motivo? Ve ne possiamo citare almeno tre giusto per non strafare: Black dog, Rock and Roll e (applauso, prego) Stairway To Heaven e dire che questo brano storico non fu neanche scelto come singolo (anche perché troppo lungo). 

In questo disco c’è la passione per il blues, l’attenzione per il folk e tanto rock and roll proprio come il titolo di una delle track presenti sul disco dove il compianto John Bonham picchia forte. Eh sì perché diamo il giusto merito al batterista. C’è poi “il brano”, quella “scala per il paradiso” che se ci pensate bene ha proprio la struttura di una scalinata che dal basso sale sempre più in alto, un lungo pezzo fatto di momenti diversi eppure così perfettamente legati l’uno all’altro, dove la voce di Robert Plant e la chitarra di Jimmy Page fanno da collante tra i diversi momenti.

 

La qualità audio dell’album non ha soddisfatto del tutto. Lascia delusi il packaging che è stato realizzato al risparmio. È nostra convinzione che masterizzare un disco debba anche essere l’occasione per arricchire anche l’aspetto visuale rispetto al passato.

 

Pro

Canzoni: Qui troviamo tre pezzi che di fatto sono entrati nel repertorio storico dei Led Zeppelin, Black dog, Rock And Roll e Stairway to Heaven.

Esecuzione: I brani sono seguiti alla perfezione, Robert Plant è in gran forma, Jimmy Page è ispiratissimo e la sezione ritmica Bonham/Jones sa essere violenta e delicata a seconda dei casi.

 

Contro

Audio: Non vogliamo dire che la qualità sia pessima ma neanche è come ce la saremmo auspicata, si doveva fare di meglio.

Packaging: La confezione è piuttosto povera, realizzata al risparmio. Le case discografiche dovrebbero sapere che i fan guardano a questi dettagli.

Clicca qui per vedere il prezzo

 

 

 

2. Led Zeppelin II remastered CD

 

La lotta per il primo posto è stata dura e sebbene alla fine l’abbia spuntata Led Zeppelin IV è perché lì c’era Stairway to Heaven, che in pratica è come avere Maradona in squadra. Led Zeppelin II, seconda fatica della band, fu composta nei ritagli di tempo durante il tour. 

La band era sotto pressione, esausta ma nonostante ciò il risultato fu ottimo come dimostrano la famosissima Whole Lotta Love, Heartbreaker, Moby Dick dove il grande Bonzo ci delizia con uno dei suoi solo di batteria. C’è anche spazio per la cover Bring It On Home di Willie Dixon che chiude l’album. 

Del resto la scelta è stata naturale perché in Led Zeppelin II la componente “Chicago Blues” si sente, eccome, così come il rock e il folk. È un disco fresco, godibilissimo ma torniamo a evidenziare qualche pecca nell’audio così come l’assenza di un booklet corposo.

 

Pro

Brani: Non mancano pezzi degni di nota come Whole lotta love, Heartbreaker e Moby Dick caratterizzata da un bel solo di John Bonham.

Godibile: È uno di questi dischi che si ascoltano con piacere, è facile lasciarsi trasportare vista la sua bontà compositiva ed esecutiva.

 

Contro

Audio: Album rimasterizzato ma evidentemente non al meglio, vero quando i master originali sono vecchi il lavoro si complica ma si poteva fare di più.

Booklet: Ci risiamo, i fan si ritroveranno tra le mani un booklet poco curato e con il minimo sindacale, cosa abbastanza deludente.

Clicca qui per vedere il prezzo

 

 

 

3. Physical Graffiti 40Th anniv.edit.

 

Abbiamo riflettuto a lungo se ritenere Physical Graffiti degno dell’ultimo gradino del podio. Del resto fin dalla sua pubblicazione è stato un lavoro che ha generato sentimenti contrastanti. Il fatto è che richiede un certo tempo per essere assimilato anche a causa della sua durata che supera gli 80 minuti. Questa volta è stato un album più ragionato dei precedenti e si sente. 

La band, dopo il forcing disco/tour/disco/tour che aveva caratterizzato la loro attività fino a Led Zeppelin IV, si era presa una meritata pausa. Rigenerate le batterie i quattro rocker sono stati pronti per comporre e registrare nuovo materiale, il risultato è Physical Graffiti dove la componente rock prende il sopravvento su quella blues. 

Jimmy Page suona degli assoli che si stampano in testa e magari è solo una nostra impressione ma a tratti si ha la sensazione di ascoltare qualche leggerissima influenza di Eric Clapton, ricordiamo che quello di Page fu il primo nome che suggerì agli Yardbirds quando lasciò la band. È un disco maturo, non abbiamo dubbi, e ha avuto il merito di far accrescere il successo dei Led Zeppelin, tuttavia dobbiamo anche dire che a tratti è dispersivo, fosse stato più concentrato, sarebbe stato meglio.

 

Pro

Maturo: Physical Graffiti ci presenta una band che ha oramai raggiunto la sua piena maturità artistica, desiderosa di innovarsi.

Assoli: Di questo album ci sono piaciuti gli assolo di Jimmy Page, essenziali ma completi, del resto non è mai stato un chitarrista che ama strafare mettendo la sua abilità al servizio delle canzoni.

 

Contro

Poco diretto: Come detto in precedenza è un album ragionato e proprio per questo è meno diretto, meno istintivo, una componente che ci è sempre piaciuta dei Led Zeppelin ma che qui non vediamo.

Durata: Se il disco non è semplicissimo da assimilare non è perché i pezzi sono brutti o eccessivamente complessi, il problema è la durata che potrebbe stancare dall’ascolto dopo la prima ora.

Clicca qui per vedere il prezzo

 

 

 

4. House of the holy Super Deluxe

 

La prima cosa che si nota di House of the holy è che, rispetto ai quattro album precedenti, è il primo ad avere un vero e proprio titolo, ma è anche una delle opere più controverse visto che ha diviso critica e pubblico. Page e soci lo hanno composto con un relativa calma, hanno avuto modo di ragionare sul da farsi e la decisione presa è stata evidentemente quella di allontanarsi dalla matrice rock/blues che aveva fatto la loro fortuna fino a quel momento. 

Balzano agli occhi o meglio alle orecchie, una maggiore cura per gli arrangiamenti. La voglia di esplorare nuovi territori musicali vengono chiaramente a galla con il brano The Crunge, un pezzo decisamente funky ma è ancora più spiazzante e sorprendente il brano reggaeggiante D’Yer Mak’er. Forse l’episodio migliore è No Quarter, un pezzo lisergico, psichedelico e sicuramente dai tratti inusuali per la band ma sicuramente più adatto ai Led Zeppelin a differenza degli altri due succitati. 

L’edizione deluxe si fregia di un bel packaging, è ricca di contenuti con la versione del disco sia in vinile sia su cd, oltre a una serie e molto altro senza dimenticare il libro con foto dell’epoca, ritagli di giornali e altro materiale testuale. 

 

Pro

Confezione: È un box ben concepito dove il libro contenente foto, ritagli di giornale, lettere e altro materiale testuale è un valore aggiunto e appetibile per i collezionisti.

Ricco: C’è tanta musica, il disco è presente sia in vinile da 180 g sia in CD oltre a diverse versioni dei brani.

 

Contro

Non per tutti: Un disco fin troppo eterogeneo, la band esplora territori musicali che non le si addicono, ci riferiamo in particolare alla reggaeggiante D’Yer Mak’er.

Prezzo: Pur non essendo spropositato, bisogna dire che il costo è abbastanza alto, solo un super fan può essere disposto a spendere la somma necessarie.

Clicca qui per vedere il prezzo

 

 

 

5. Led Zeppelin I Super Deluxe Edition box 2CD 3 LP

 

Nel 1969 i Led Zeppelin rilasciarono il loro primo full length e il Dirigibile spiccò il volo. Fin dal primo lavoro della band emerge l’amore per Willie Dixon e per la scena di Chicago, infatti sono ben due le cover sul disco del compianto bluesman che dopotutto negli anni ‘70 è stato tributato da tanti artisti rock. 

Vi proponiamo l’edizione Super Deluxe dell’album che presenta un bel packaging. Il box comprende l’album sia in versione CD che vinile ma probabilmente la vera chicca è il live del 1969 registrato a Parigi. 

Acquistando il box si ha diritto anche al download digitale delle canzoni, ma sappiamo che voi siete amanti della musica e preferite che questa suoni su un bell’impianto Hi-Fi piuttosto che sotto forma di file compressi da ascoltare su uno smartphone. Altre cose interessanti sono la replica del press kit che l’Atlantic Record all’epoca inviò alle riviste specializzate e un libro di 72 pagine. L’opera, come potete immaginare, non costa poco.

 

Pro

Completo: Il box è ricco, l’album è presente in formato CD e vinile, tutto il packaging è ben curato con un libro di 72 pagine e la replica del press kit della Atlantic Record.

Live: Di grande importanza è la testimonianza live risalente proprio al 1969, in occasione del concerto che fu registrato a Parigi.

Audio: Considerata anche l’età del lavoro originale possiamo dirci soddisfatti per la qualità audio, buona rimasterizzazione secondo noi.

 

Contro

Prezzo: Lo abbiamo detto, l’opera è completa pertanto ha un costo che non tutti sono disposti a sostenere a meno che non si sia di veri Led Zeppelin maniacs.

Clicca qui per vedere il prezzo

 

 

 

6. Led Zeppelin III Super Deluxe edition box 2CD 2 LP

 

Led Zeppelin III non fu particolarmente amato dalla critica ai tempi della sua uscita ma del resto era la band stessa a non avere un buon rapporto con la stampa, anzi, spesso non ce lo aveva proprio il rapporto. In effetti all’epoca il disco poteva dare adito a pensare ad un certo ammorbidimento del sound, visto lo abbondare dei pezzi acustici sebbene Led Zeppelin III si apre con Immigrant Song, brano roccioso che poi è anche diventato uno dei cavalli di battaglia della formazione inglese. 

Anche in questo caso l’edizione deluxe comprende l’album sia su vinile sia su CD. In aggiunta ci sono una serie di versioni rough mix, alternative mix e un paio senza la voce, Friends per essere precisi oltretutto è un brano che non ci piace e Bathroom Soundtrack. 

Non manca il libro con tante foto e ritagli di giornale. Il contenuto può anche essere scaricato in formato digitale. Ottima la confezione, è un prodotto realizzato sicuramente con cura ma probabilmente troppo costoso.

 

Pro

Packaging: Il box è ben confezionato, tutto si trova all’interno di una custodia di buona qualità e ben realizzata, ottima anche per esposizione. Interessante il libro con foto e ritagli di giornale.

Audio: Il disco suona bene sia nella sua versione su CD sia su vinile, l’opera è stata fatta oggetto di un buon lavoro in fase di rimasterizzazione.

Versione digitale: Chi lo desidera può ascoltare il contenuto musicale del box anche in formato digitale scaricandolo.

 

Contro

Costo: Il prezzo è alto anche perché in questo caso i brani extra sono versioni rough mix, alternative mix che magari si ascoltano una volta sola.

Clicca qui per vedere il prezzo

 

 

 

7. The Songs Remains The Same masterizzato 2 CD più booklet

 

The Songs Remains The Same è il primo live album dei Led Zeppelin, registrato tre anni prima al Madison Square Garden di New York, tour di supporto a Houses of the Holy. Vi proponiamo la versione remastered su CD, due per l’esattezza. La tracklist farà felici gran parte di fan, anche se qualcuno potrebbe stancarsi durante l’ascolto a causa di un paio di brani dilatati più del dovuto. 

Il suono ci è piaciuto, è evidentemente arricchito, migliorato rispetto all’edizione originale. L’esecuzione è buona, peccato che i brani non provengano tutti dallo stesso concerto ma selezionati tra quelli suonati dal 27 al 29 luglio del 1973. 

C’è un libretto di 24 pagine ma nonostante ciò ci sembra essere povero con più foto messe sulla stessa pagina dunque dal formato molto piccolo e poche note aggiuntive. È comunque un buon packaging ma sicuramente migliorabile. Il prezzo di questa versione è adeguato al prodotto.

 

Pro

Setlist: I fan resteranno molto contenti per i brani presenti sul CD, vi basti sapere che si parte con Rock And Roll e si chiude con Whole Lotta Love.

Qualità audio: C’è da ritenersi soddisfatti per la qualità della rimasterizzazione, tutte le canzoni di ascoltano bene, hanno un buon audio.

Prezzo: È nostra convinzione che il costo del CD sia adeguato e comunque parliamo di una somma alla portata di tutti, a queste condizioni non si può non comprarlo.

 

Contro

Booklet: Nonostante abbia 24 pagine, ci risulta ugualmente povero, non ci piace la scelta di inserire più foto sulla stessa pagina, perché così sono troppo piccole.

Clicca qui per vedere il prezzo

 

 

 

8. Celebration Day 2CD e Blu-ray

 

Celebration Day è stata probabilmente l’ultima occasione, per poche migliaia di fortunati, di assistere a un concerto dei Led Zeppelin. Dietro la batteria siede Jason, il figlio di Bonham che magari “pesta” meno del padre prediligendo un approccio più tecnico ma che garantisce una qualità altissima. L’evento risale al 2007, fu organizzato per beneficenza in occasione della scomparsa Ahmet Ertegun, boss della Atlantic Records. 

La location è la O2 Arena di Londra. I Led Zeppelin in quell’occasione regalarono un’ottima esibizione almeno a giudicare dalle recensioni dell’epoca. Perché diciamo questo? Perché se è vero che il concerto si tenne nel 2007, il CD uscì nel 2012 e la sua pubblicazione restò in dubbio per molto tempo perché i pezzi così come erano stati registrati erano inutilizzabili e serviva un immane lavoro di postproduzione in studio per migliorare il tutto. 

Di qui il sospetto, lecito ma non confermato, che ciò che sentite su disco non è quello che avreste ascoltato se presenti all’evento. Questo formato comprende oltre a due CD anche il video concerto su Blu-ray.

 

Pro

Setlist: Comprende tanti classici che in pochi avrebbero anche solo sperato di tornare ad ascoltare dal vivo.

Blu-ray: Non solo potete ascoltare la musica dei Led Zeppelin ma potete anche guardarla grazie alla presenza di un Blu-ray che immortala l’esibizione.

Costo: Considerato che la confezione oltre ai due CD comprende anche il Blu-ray del concerto, possiamo ritenere il prezzo molto vantaggioso.

 

Contro

Artificioso: Tutte le tracce sono state sottoposte a un pesante lavoro di editing, post-produzione e tutto il necessario per migliorarle, ciò toglie magia al live che secondo noi dovrebbe essere l’esatta versione di ciò che si ascolta dal palco.

Clicca qui per vedere il prezzo

 

 

 

Come scegliere un buon album dei Led Zeppelin

 

I Led Zeppelin non esistono più come band eppure continuano a vendere, tanto è vero che sul mercato, di tanto in tanto, escono nuove interessanti offerte, spesso chicche imperdibili per i fan mentre in altri casi è il classico raschiare il barile per racimolare qualche soldo in più, ecco perché è importante fare una comparazione tra tutti i titoli venduti online. 

Non preoccupatevi perché a questo gravoso compito ci abbiamo pensato noi, abbiamo preso nota dei pareri dei consumatori (nonché fan) e tenuto conto dei nostri gusti personali, abbiamo scelto i migliori album dei Led Zeppelin. Non abbiamo la pretesa che le nostre scelte coincidano con le vostre, ci mancherebbe. Tuttavia crediamo di essere riusciti a realizzare una sorta di percorso che permetta a chi sa poco o nulla della band di scoprirla e decidere autonomamente quale album dei Led Zeppelin comprare.

La scelta del supporto audio

Il miglior disco dei Led Zeppelin può essere comprato sia su CD sia su vinile. Non vogliamo stare qui a dirvi quale supporto offra un ascolto migliore anche perchè molto dipende dal vostro impianto Hi-Fi. PIuttosto analizziamo pro e contro oggettivi dell’uno e dell’altro formato. Cominciamo dall’aspetto economico. 

Più volte abbiamo raccontato di come il vinile sia tornato di moda tanto è vero che i dati di vendita superano proprio quelli dei CD e chi ha vissuto l’avvento di questo formato quasi stenterà a crederci pensando che il vinile era quasi scomparso per colpa dei compact disk. Le case discografiche, dunque, ne approfitto un po’ facendo lievitare i prezzi, infatti la differenza di costo tra un CD e un vinile dello stesso titolo può andare anche oltre una decina di euro. 

Spezziamo comunque una lancia a favore delle label perché la produzione del vinile ha un costo maggiore rispetto al CD. Copertina: è bella grande, è più facile notare i dettagli. Il CD, a suo vantaggio ha che può essere ascoltato anche in auto ed è più resistente.

 

Edizioni speciali

Come scegliere un buon album album dei led Zeppelin? Si può sempre partire da una edizione speciale. Bisogna però stare attenti a che siano davvero speciali e che valgano il prezzo richiesto. Cosa riteniamo debba avere una edizione speciale che attenzione, non significa debba essere deluxe? 

Sicuramente contenuti extra rispetto alla prima edizione, un booklet con foto, testi, soprattutto se come spesso accadeva in passato, non erano presenti, note e informazioni aggiuntive circa l’album. Insomma la confezione deve essere curata. Attenzione poi a quando leggete “limited edition” perchè ultimamente abbiamo notato che le edizioni non sono poi così limitate, infatti se ne trovano in vendita anche anni dopo la pubblicazione. Una autentica edizione limitata dovrebbe comprendere poche migliaia di pezzi nel caso di una grossa band come i Led Zeppelin.

Raccolte

Soprattutto per chi ha pochi o nessun disco dei Led Zeppelin può tornare utile comprare un Best Of, ovvero una raccolta dei loro brani più famosi. Questo è il modo più economico per avere una panoramica sulla musica della band e poi magari decidere quali dischi comprare tenendo conto delle canzoni che sono piaciute di più.

 

 

 

Cose che (forse) non sapete sui Led Zeppelin

 

Girano tante voci sui Led Zeppelin, spesso si tratta di leggende inventate di sana pianta, altre volte di fatti realmente accaduti, andiamo alla scoperta di queste dicerie e cerchiamo di scoprire se trovano conferma oppure no.

La groupie quattordicenne di Jimmy Page

Lori Maddox è una delle groupie più famose, la sua “carriera” è cominciato prestissimo. Effettivamente quando conobbe Jimmy Page aveva soltanto 14 anni. Se all’epoca la notizia fosse venuta fuori il chitarrista avrebbe avuto seri problemi legali.

 

Il patto con il diavolo

Tra le leggende che circolano sui Led Zeppelin c’è anche un presunto patto stretto con il diavolo in cambio della celebrità. Le voci sono nate soprattutto a causa dell’interesse che Page aveva per l’esoterista e controverso personaggio Aleister Crowley che in vero nulla aveva a che fare con il satanismo. La band, dal canto suo, ha lasciato che la gente dicesse ciò che voleva in merito non essendo interessata a smentire le dicerie. 

Anche il brano Stairway to Heaven è stato messo sul banco d’accusa in quanto, se ascoltato al contrario, conterrebbe un messaggio satanico. Bisogna capire chi, sano di mente, farebbe girare al contrario un disco. Lo stesso Plant, interpellato in merito, ebbe a dire che solo chi ha tanto tempo da perdere potrebbe mettersi ad ascoltare un disco al contrario in cerca di messaggi satanici.

John Bonham e i 40 shot di Vodka

Il 25 settembre del 1980 John Bonham fu ritrovato cadavere in una delle stanze della casa di Jimmy Page nel Windsor Berkshire. Ad ucciderlo fu il suo stesso vomito. Si dice che nelle ore precedenti alla morte il batterista ingerì 40 shot di Vodka. Ebbene, dal referto autoptico redatto dal medico legale incaricato di eseguire l’autopsia sul corpo di Bonham, emerse che nel sangue del batterista fosse presente l’equivalente di 40 shot di vodka.

 

 

 

Domande frequenti

 

Perché i Led Zeppelin si sono sciolti?

Lo scioglimento dei Led Zeppelin non fu dovuto a dissidi interni bensì al verificarsi di un tragico evento. Purtroppo il batterista John Bonham era solito bere parecchio. Bevve (e tanto) anche tra il 24 e il 25 settembre del 1980, quando si trovava a casa di Jimmy Page. Il batterista era talmente sbronzo che, incautamente, fu messo a dormire da solo in una stanza dell’abitazione. La mattina seguente Bonham fu trovato cadavere, morì soffocato dal suo vomito. In un comunicato emesso dalla band a seguito di quel tragico accadimento fu comunicato al mondo intero che per rispetto dell’amico deceduto e della sua famiglia i Led Zeppelin avrebbero cessato di esistere come band.

Che chitarra suona Jimmy Page?

Principalmente Jimmy Page suona la Gibson Les Paul. La famosa Number One fu comprata da Joe Walsh dei James Gang nel 1969. La particolarità di questa chitarra era il manico più sottile rispetto alle altre Les Paul. Il manico era stato cambiato da un liutaio in seguito a una riparazione commissionata da Walsh. Famosissima, poi, la chitarra a doppio manico Gibson ES 1275 a sei e 12 corde che Page usa per brani come Stairway To Heaven e Tangerine. Il chitarrista inglese, ad ogni modo, non disdegna Stratocaster e Telecaster.

 

Che cos’è il progetto Page and Plant?

A metà degli anni ‘90 Jimmy Page e Robert Plant si riunirono sotto il moniker Page and Plant registrando due duschi: No Quarter: Jimmy Page and Robert Plant Unledded (1995) e Walking Into Clarksdale (1998). Al primo album fece seguito un tour mondiale dove il sodalizio si avvalse della collaborazione di una orchestra orientale.

 

Dopo lo scioglimento i Led Zeppelin hanno pubblicato altri studio album?

In effetti la band nel 1982, dunque circa due anni dopo lo scioglimento, ha pubblicato l’album Coda. Sulla decisione di uscire con un disco postumo contenente brani inediti e composti in periodi differenti ci sono almeno due versioni: la prima è che la band era in debito di un disco con la Atlantic Records, dunque la decisione sarebbe stata presa per onorare un impegno contrattuale mentre la seconda versione fornita da Robert Plant in persona, è che fu un modo per arginare la vendita di bootleg che contenevano i pezzi finiti poi su Coda.

 

 

 

Ultimo aggiornamento: 17.04.24

 

Dire Straits – Consigli d’acquisto, Classifica e Recensioni

 

Tra le band che hanno scritto pagine importanti del rock ci sono senza ombra di dubbio i Dire Straits. Certo, parliamo di un gruppo poco appariscente e per questo spesso a torto considerato di secondo piano rispetto ad importanti act di quel periodo che puntavano molto sull’immagine, pensiamo ai Queen con Freddie Mercury. Più in generale già da qualche anno era in voga il fenomeno Glam (senza dimenticare l’importanza del punk per la scena inglese dell’epoca) al cui lancio diedero un forte se non determinante contributo band come T. Rex e al quale David Bowie non seppe resistere. Ma se volessimo fare la lista degli artisti e band che in quel periodo hanno sposato la causa Glam, non la finiremo più. A differenza di altri, l’intento dei Dire Straits non è mai stato quello di shockare, loro hanno puntato tutto sull’abilità con gli strumenti e sulla vena compositiva, qualità che comunque riscontriamo anche negli artisti succitati. Vogliamo anticiparvi due dei dischi che abbiamo selezionato per la band di Mark Knopfler: Making Movies è il terzo lavoro della band, il primo senza David Knopfler, ed è il disco della consacrazione dal punto di vista tecnico compositivo, vista la presenza di brani come Tunnel of Love e Romeo and Juliet. Come seconda proposta abbiamo l’omonimo debut album Dire Straits dove è presente Sultans of Swing… e scusate se è poco.

 

 

Tabella comparativa

 

Pregio
Difetto
Conclusione
Offerte

 

 

Gli 8 migliori album dei Dire Straits – Classifica 2024

 

Per aiutarvi a comprare il miglior album dei Dire Straits abbiamo stilato una classifica con tanto di recensione per ciascun disco. Difficilmente metteremo d’accordo tutti perché ciascuno ha il suo album preferito. A vostra disposizione mettiamo dei link che vi segnalano dove acquistare a prezzi bassi i dischi più venduti online.

 

 

1. Dire Straits Making Movies vinile

 

Cominciamo da tre ovvero Making Movies, terzo lavoro per i Dire Straits che nel frattempo si erano separati da David, fratello di Mark Knopfler. Making Movies ci dà una band ormai matura e perfettamente rodata nonostante il cambio di line-up, cambio relativamente parlando in quanto David Knopfler non viene rimpiazzato e adesso la band è un terzetto, senza contare il session man alle tastiere. 

Sono almeno due i brani che si mettono di una spanna sopra rispetto al resto della tracklist: Tunnel of Love  e Romeo and Juliet, chiaramente senza nulla voler togliere a song quali Expresso Love oppure Solid Rock. Nel complesso è un disco godibile dall’inizio alla fine e crediamo che molti dei fan della band saranno d’accordo con noi. Knopfler alla chitarra è semplicemente divino con il suo modo unico di suonare. 

Due le cose che non ci sono piaciute, innanzitutto la copertina che definire tale è un parolone, l’artwork praticamente è inesistente. Secondo problema, ben più grave, è emerso dalla ristampa in vinile, con i dischi che spesso risultano ondulati, le lamentele sono state talmente tante da far sembrare evidente che non si tratti di pochi casi. Sia chiaro, il disco suona lo stesso, ma non è bello osservare il braccio del giradischi fare un continuo sali e scendi.

 

Pro

Brani: Della tracklist fanno parte due grandi classici dei Dire Straits, ovvero la opener Tunnel of Love seguita a ruota da Romeo and Juliet.

Esecuzione: Perfetta l’esecuzione dei brani con Mark Knopfler che intreccia trame chitarristiche di assoluta bellezza e che riesce a far sembrare facili riff in realtà complicati.

 

Contro

Deforme: Lascia parecchio perplessi il fatto che l’edizione in vinile, almeno in buona parte, sia ondulata. Si tratta di un difetto fatto notare da molti fan.

Copertina: Praticamente impossibile parlare di artwork, la (non) copertina di Making Movies è sciaba, banale, insignificante.

Clicca qui per vedere il prezzo

 

 

 

2. Dire Straits vinile

 

Nel 1978 i Dire Straits debuttano con l’omonimo disco, l’album “viene fuori” dall’inghilterra che da un lato è in pieno fermento punk, dall’altro sta emergendo il fenomeno della NWOBHM. In mezzo ci sono band come quella dei fratelli Knopfler (sodalizio durato per i primi due album) che cercano di ritagliarsi il loro spazio. 

Che dire, la risposta del pubblico così come della critica dell’epoca non fu deludente, complice il singolo Sultans of Swing che trascinò l’intero lavoro e che tuttora resta un brano iconico di rara bellezza. Senza dubbio, almeno da parte nostra, questo è l’episodio più convincente del disco, tanto è vero che poi è diventato un classico se non addirittura la canzone di punta dell’intera discografia e conosciuta praticamente da tutti. 

Abbiamo scelto di proporvi la ristampa in vinile da 180 g rimasterizzata. Chi l’ha comprata, spendendo oltretutto molto di più rispetto alla versione CD, non si è detto soddisfatto della qualità audio denunciando una rimasterizzazione penalizzante.

 

Pro

Hit: Il disco contiene il brano Sultans of Swing che sarebbe diventato non solo un grande classico ma anche una delle canzoni più famose al mondo.

Vinile: L’album è inciso su un vinile da 180 g, la qualità materiale è ottima quindi sono ridotti di molto i rischi che possa deformarsi, magari durante il trasporto.

 

Contro

Audio: La qualità della rimasterizzazione non ha entusiasmato, i fan si aspettavano un audio migliore, la delusione è stata palese.

Prezzo: Se si fa un confronto con il costo dello stesso titolo, identica edizione con il CD, la differenza di prezzo è eccessiva.

Clicca qui per vedere il prezzo

 

 

 

3. Dire Straits Brothers in Arms CD

 

Chissà quanti di voi avrebbero voluto vedere Brothers in Arms al primo posto. Dopotutto se la memoria non ci inganna è il disco di maggior successo, commercialmente parlando, della band. Proprio questo dato ci ha convinto a concedere il podio al lavoro del 1985, le vendite, l’incetta dei primi posti nelle classifiche di mezzo mondo e Money for Nothing, un brano che rispecchia lo stile cui la band ci aveva abituati e coerente con il sound cui tanti sono affezionati. 

Qual è il problema di Brothers in Arms? È un disco poco diretto forse neanche tanto omogeneo, eccessivamente intimistico. I Dire Straits, a nostro modesto avviso, pagano l’aver voluto incorporare nel loro sound elementi nuovi in una formula che funzionava alla grande. Ok, ok, in caso contrario le critiche sarebbero state di immobilismo, non siamo mai contenti ma come sempre ci piace dire, la musica ha una grande componente soggettiva. 

Soffermiamoci un istante sulla qualità audio, l’album in occasione del ventesimo anniversario è stato rimasterizzato in SACD ovvero Super Audio CD che ha migliorato la già ottima qualità dell’originale (che fu uno dei primo dischi registrati in DDD o per dirla in altro modo, registrato completamente in digitale). In conclusione i numeri hanno dato ragione alla band quindi Brothers in Arms si è guadagnato il podio, oltretutto il prezzo del CD è conveniente.

 

Pro

Money For Nothing: Sul disco troviamo questa strafamosa canzone, un brano ottimo che è entrato nel cuore di tutti i fan.

Qualità audio: Il disco che originariamente è stato tra i primi a godere della registrazione DDD, è stato rimasterizzato in SACD con risultati ottimi.

Prezzo: Il costo del CD è basso, siamo sicuri che i fan  queste cifre non ci penseranno due volte a comprare Brothers in Arms.

 

Contro

Poco diretto: A nostro avviso Brothers in Arms manca di energia, salvo esempi come Money For Nothing, ed è troppo distante dalle cose fatte in passato.

Clicca qui per vedere il prezzo

 

 

 

4. Dire Straits Love Over Gold vinile

 

Love Over Gold è il disco che non può mancare ad alcun fan della band capitanata da Knopfler. Solo un gruppo che ha raggiunto lo status di star internazionale può prendersi il lusso di aprire il nuovo disco con un brano di oltre 14 minuti come Telegraph Road e lanciarlo come singolo, ma dopotutto il minutaggio di un brano è solo una questione commerciale e chi se ne frega se non è compatibile con i tempi delle radio che richiedono le solite canzoni di 3 massimo 4 minuti. 

Il tempo, nonostante tutto, vola e arriva il secondo brano Private Investigation che chiude di fatto il lato A del lavoro. Sul disco grande spazio è riservato al tastierista Alan Clark che da quel momento diventerà un membro effettivo della band apportando un importante contributo a livello musicale. 

Segnaliamo un eccessivo divario di prezzo tra la versione in CD e quella in vinile, con quest’ultima che costa più del doppio dell’altra. Un esborso che fatichiamo a comprendere. 

 

Pro

Telegraph Road: Probabilmente è il brano più ambizioso sotto il profilo compositivo tra quelli registrati dai Dire Straits; nonostante i suoi 14 e passa minuti scorre via rapidamente.

Qualità audio: Tanto noi come gran parte dei fan, siamo soddisfatti della qualità audio ottenuta in sede di rimasterizzazione.

Alan Clark: L’apporto del tastierista della band è significativo e soprattutto fondamentale per la riuscita di un album come questo.

 

Contro

Prezzo: Non che il vinile costi molto tuttavia va segnalata la grande differenza di prezzo con la versione in CD.

Clicca qui per vedere il prezzo

 

 

 

5. Dire Straits Communiqué

 

Communiqué è un disco di mezzo, il classico fratello mediano che deve fare i conti con il debut album (il fratello maggiore) e l’ultimo arrivato (all’epoca) Making Movies. Fondamentalmente è questo lo scotto che Communiqué ha dovuto pagare, anche perché, pur essendo un buon album, forse manca di vere e proprie hit. 

Oltretutto quel pizzico di country che si può sentire qui e lì, a cominciare dalla opener song Once upon a time in the West, personalmente non ci piace. Ma appunto, si tratta di un pizzico quindi ben presto “ci si fa la bocca”, per così dire. 

Gli episodi migliori, secondo noi sono Lady Writer, un brano stilisticamente e concettualmente vicino a Sultans of Swing, e Where Do You Think You’re Going? Per il resto è un album ben suonato e ottimamente registrato. Anche i questo caso dobbiamo segnalare l’eccessiva disparità di prezzo tra vinile e CD.

 

Pro

Lady Writer: Uno degli episodi più convincenti è questo brano che, unitamente a Where Do You Think You’re Going?, si avvicina stilisticamente e concettualmente a Sultans of Swing.

Qualità audio: Il disco è ottimamente registrato, la qualità audio crediamo soddisferà anche gli audiofili e la loro proverbiale pignoleria.

 

Contro

Hit assenti: Non siamo riusciti a individuare delle vere e proprie hit ma solo delle buone canzoni che però non sono trascendentali.

Costo: Ancora una volta ci tocca segnalare l’incredibile divario di prezzo tra l’edizione in CD e quella in vinile con quest’ultima decisamente più cara.

Clicca qui per vedere il prezzo

 

 

 

6. Dire Straits On Every Street

 

On Every Street è l’ultimo studio album dei Dire Straits, è un lavoro dove è forte la componente country/blues e che è uscito a distanza di sei anni da Brothers in Arms. Sia chiaro, durante questo lungo periodo Mark Knopfler non se n’è stato con le mani in mano ma forse sentiva già che i Dire Straits non erano più la sua priorità. 

Nel frattempo si era dedicato al progetto The Notting Hillbillies (portato avanti con alcuni amici di vecchia data uniti dalla passione per il roots rock e il country e i cui echi si avvertono nell’ultimo disco targato Dire Straits) e alla scrittura di un paio di colonne sonore. 

Ma cosa troviamo su questo disco? Beh pezzi come The Bug vi faranno venir voglia di infilare un paio di stivali con gli speroni e andare a ballare nel più vicino country bar, anche se magari dovrete fare un bel po’ di strada se non vivete in Texas o giù di lì. Iron Hand è un folk acustico impegnato, una critica ai metodi brutali della polizia contro le proteste dei minatori inglesi del 1989… con riferimenti nemmeno troppo velati alla Iron Lady (Margaret Thatcher) mentre Heavy Fuel a modo suo ricorda la celeberrima Money for Nothing.

 

Pro

Prezzo CD: Questa versione dell’album si trova a un prezzo molto basso e fa venir voglia di comprarlo a prescindere.

Esecuzione: Tutti i pezzi sono eseguiti con la solita maestria, anche se i brani non sono tra i più complicati incisi della band. 

 

Contro

Disomogeneo: Un disco che manca di omogeneità con brani dalla difficile coesistenza nello stesso album vista la confusione di generi.

Distaccato: Ascoltando l’album si percepisce una certa freddezza, si ha la sensazione che sia un lavoro inciso più per dovere che per piacere. È poco coinvolgente.

Clicca qui per vedere il prezzo

 

 

 

7. Alchemy: Dire Straits Live

 

Prima testimonianza live per la band di Mark Knopfler. L’aspetto più interessante è certamente la genuinità del live. Cosa vogliamo dire? Che qui non sono stati fatti ritocchi in studio, trattasi della registrazione nuda e cruda della performance del 23 luglio 1983 all’Hammersmith Odeon, storica location per i concerti londinesi. 

Non aspettatevi però di cogliere la band in fallo perché durante il live set non furono commessi errori di esecuzione, tutti suonarono alla grande. Il disco è un concentrato della prima parte della carriera della band, di conseguenza troviamo i loro migliori pezzi, che ne hanno decretato la fortuna a livello mondiale. 

Ecco dunque che pertanto non mancano Sultans of Swing, Tunnel Of Love, Romeo and Juliet e la lunga Telegraph Road. Il booklet è curato. Unico appunto lo riserviamo alla copertina che personalmente non ci piace.

 

Pro

Genuino: Il live non presenta sovraincisioni e trucchetti vari da studio di registrazione, ascoltate esattamente ciò che ascoltarono i presenti quella sera del 23 luglio 1983.

Esecuzione: A differenza della sera precedente, come ebbe modo di sottolineare Knopfler, la band fu autrice di un concerto impeccabile durante il quale tutti suonarono ottimamente.

Setlist: I brani che compongono la scaletta sono probabilmente tra i più amati dai fan della band o comunque da quanti amano la prima parte della loro carriera.

 

Contro

Copertina: In vero questo live non presenta significativi aspetti negativi, segnaliamo giusto la copertina che a noi non è piaciuta.

Clicca qui per vedere il prezzo

 

 

 

8. The Best Of Dire Straits & Mark Knopfler – Private Investigations

 

La perfetta conclusione del nostro viaggio attraverso nella musica dei Dire Straits è un best of. In questo caso, però, c’è una particolarità, oltre ai migliori brani incisi dalla band ce ne sono anche alcuni facenti parte del repertorio solista di Mark Knopfler, pertanto è l’occasione per quanti non abbiano seguito l’attività del chitarrista fuori dalla band madre di scoprire cosa ha fatto di interessante. 

Abbiamo scelto la versione in vinile ma per chi lo desidera c’è anche in versione CD a un prezzo leggermente inferiore. I classici, naturalmente, ci sono tutti ma manca colpevolmente Telegraph Road, probabilmente esclusa perché con i suoi 14 minuti circa toglieva troppo spazio, tuttavia l’esclusione grida vendetta. 

Da segnalare il brano All The Roadrunning che fu pubblicato come anticipazione dell’omonimo disco che Mark Knopfler e Emmylou Harris avrebbero pubblicato circa un anno dopo. Come al solito la copertina è di quelle realizzate senza voglia.

 

Pro

Brani del Knopfler solista: Non è il solito best of in quanto qui c’è spazio anche per la carriera solista di Mark, quindi se non avete seguito il chitarrista dopo lo scioglimento dei Dire Straits avete un motivi in più per comprare questo dico.

Inedito: Almeno all’epoca dell’uscita della raccolta il brano All The Roadrunning era un inedito e può essere interessante da ascoltare se non lo conoscete.

 

Contro

Clamorosa esclusione: Del best of non fa parte Telegraph Road che paga la colpa di essere lunga 14 minuti e dunque rubare spazio.

Copertina: Ancora una volta i Dire Straits ci regalano una copertina insignificante, inutile, scialba. Un po’ d’impegno nella cura di questo aspetto sarebbe gradito.

Clicca qui per vedere il prezzo

 

 

 

Come scegliere un buon album dei Dire Straits

 

Nel corso degli anni, visto il successo della band, sono state rilasciate diverse ristampe dei migliori album dei Dire Straits del 2024 pertanto non mancano le offerte interessanti da sottoporre all’attenzione dei nostri lettori. Chiaramente abbiamo prima fatto una comparazione tra i titoli presenti sul mercato e confrontato i prezzi in modo che non ci sfuggisse qualche album più economico. Tuttavia il discorso economico lascia il tempo che trova poiché il fan accanito è disposto a spendere anche tanto, soprattutto se si tratta di una rarità da collezione oppure un box particolarmente curato. 

Nel corso della nostra guida ragioneremo su come scegliere il miglior album dei Dire Straits fornendovi qualche consiglio in merito. Ricordate che quanto leggerete qui è frutto di opinioni personali pertanto potreste essere in disaccordo con noi. Per bilanciare un po’ la cosa, abbiamo tenuto conto dei pareri espressi dai fan che hanno comprato questo o quel disco.

Vinile, CD o digitale

Giustamente ci si chiede quale album dei Dire Straits comprare per primo, ma al supporto ci avete pensato? La scelta si divide tra il caro e vecchio vinile, il compact disk e il formato digitale. Se avete solo l’uno o l’altro dei sistemi di riproduzione musicale classici, la scelta è obbligata, ma sappiamo che chi ha un impianto Hi-Fi si riserva entrambe le soluzioni di ascolto dunque giradischi e lettore CD. 

Qual è il supporto da prediligere? Dipende. Diciamo che la scelta è abbastanza personale, potremmo fare un lungo e (forse) noioso discorso sul perché il vinile è migliore del CD e viceversa (dell’importanza che ha la qualità dell’impianto Hi-Fi, ne vogliamo parlare?) o perché la musica liquida li batte entrambi senza venirne a capo. Allora spostiamo il discorso sulla convenienza in senso strettamente pratico che porta alla scelta del formato. 

 

Pro e contro dei diversi supporti musicali

Cosa vi dà il vinile? Un supporto bello grande e una copertina bella dettagliata. Non mancano gli aspetti negativi, il primo è il prezzo, pare evidente che la tendenza sia diventata far pagare i vinili più dei CD, anche se si parla dello stesso titolo, dunque economicamente non sono convenienti; non potete ascoltarli in auto o comunque quando siete fuori casa. 

Il CD vi offre una copertina molto più piccola, sicuramente vi sfuggirà qualche dettaglio, anche se offre un booklet comodo da sfogliare. Occupa poco spazio e potete ascoltarlo in auto. La musica digitale è immateriale, non la toccate, non la vedete e la sentite soltanto, la copertina è un file PDF che si perde tra le centinaia di altri file sul vostro computer o simile, sembra tutto molto freddo. Il vantaggio è che potete tenere la musica sullo smartphone, sul lettore MP3 e portarla sempre con voi ascoltandola dove vi pare. 

Sui succitati dispositivi ci potete mettere intere discografie, centinaia se non migliaia di brani. A riguardo segnaliamo che siti come Amazon per gran parte dei loro titoli permettono, una volta acquistato un album su supporto fisico, di scaricare anche la versione digitale senza costi aggiuntivi. Ricordate però che se per qualsiasi ragione volete restituire il disco o il CD, se avete scaricato il formato digitale dovrete pagarlo.

 

 

 

Le cose che non sai sui Dire Straits

 

Siete dei super fan dei Dire Straits e in particolare di Mark Knopfler? Se è così non avete bisogno di leggere quanto scritto in questa sezione… o forse sì, magari vi è sfuggita qualche curiosità ed è il momento di colmare le lacune.

Le chitarre di Mark Knopfler

Fin da giovanissimo Mark Knopfler sognava una Fender Stratocaster. Purtroppo la sua famiglia non se la sentì di affrontare la spesa necessaria per comprare il modello tanto desiderato dal ragazzino Mark. Ripiegò su uno strumento molto più economico che però gli servi ad imparare i brani dei suoi idoli. Alla fine Mark non solo comprò la Fender dei suoi sogni (che per tanto tempo aveva visto soltanto sul catalogo della casa americana) ma nel corso della sua carriera ha suonato più di 160 chitarre.

 

Il mistero della bandana

Avrete notato che Mark Knopfler indossa una bandana quando suona. Perchè mai? Per darsi un aspetto da duro rocker? Per nascondere la stempiatura? Perché gli porta fortuna? Niente di tutto questo. Il chitarrista ha qualche problema di sudorazione e sotto le luci del palco comprensibilmente la sudorazione aumenta. Prima di attuare questa soluzione il sudore gli grondava sugli occhi, di conseguenza gli diventava difficile suonare ma con la bandana tutto è stato risolto.

Cosa facevano i Dire Straits prima di diventare delle star?

Il successo va costruito giorno per giorno e prima di diventare famoso devi mantenerti da solo lavorando o comunque studiare. Cosa facevano i nostri prima di vendere vagonate di dischi? Mark Knopfler ha lavorato come giornalista ma soprattutto come insegnante in una scuola dell’Essex, il fratello David lavorava come assistente sociale a Londra e aveva come coinquilino John Illsley che all’epoca era uno studente di sociologia. Pick Withers, invece, riusciva già a guadagnarsi da vivere con la musica anche se a cifre decisamente più modeste.

 

 

 

Domande Frequenti

 

Su quanti dischi dei Dire Straits ha suonato David Knopfler?

David Knopfler ha fatto parte della band dal 1977 al 1980, durante questo periodo ha inciso due dischi: l’omonimo debut album e il secondo Communiqué. Avrebbe dovuto prendere parte anche a Making Movie ma alla fine decise di intraprendere una carriera solista. È tutt’oggi in attività con tredici album pubblicati.

Quando e perché si sono sciolti i Dire Straits?

Il 23 agosto del 1991 i Dire Straits partirono per un lungo tour addirittura prima della pubblicazione di quello che sarebbe stato l’ultimo album On Every Street. La tournée terminò 14 mesi dopo a Saragozza, il 9 ottobre del 1992. In totale la band tenne 216 concerti, fu una situazione estenuante ma probabilmente Knopfler aveva già deciso di darci un taglio. 

Come Knopfler ebbe modo di raccontare, i Dire Straits non erano più una semplice band bensì una struttura gigantesca tanto è vero che durante il tour gli capitava di mangiare insieme a persone del suo staff che neanche conosceva. Insomma sentiva il bisogno di una vita meno movimentata, voleva stare a casa con i figli e passare più tempo a scrivere canzoni invece che suonarle dal vivo. In definitiva possiamo far coincidere lo scioglimento della band con l’ultimo concerto del ‘92 a Saragozza sebbene nel ‘95 fu pubblicato Live at the BBC che però conteneva registrazioni del vivo risalenti alla fine degli anni ‘70.

 

Chi sono i The Notting Hillbillies?

Sono un gruppo roots rock country che Knopfler fondò nel 1987 insieme a Steve Phillips, Guy Fletcher e Brendan Croker. Pur avendo pubblicato un solo album “Missing…Presumed Having a Good Time” nel 1990 la band ha tenuto tantissimi concerti ed è restata ufficialmente in attività fino al 2002.

 

Quanti album da solista ha inciso Mark Knopfler?

Dal 1996 al 2018 Mark Knopfler ha pubblicato nove album, nell’ordine: Golden Heart (1996) Sailing to Philadelphia (2000), The Ragpicker’s Dream (2002), Shangri-La (2004), Kill To Get Crimson (2007), Get Lucky (2009), Privateering (2012), Tracker (2015) e Down the Road Wherever (2018).

 

 

 

 

Ultimo aggiornamento: 17.04.24

 

I software per la scrittura di musica e la registrazione sono ormai diventati di utilizzo comune tra gli artisti professionisti e amatori. 

 

Il metodo cartaceo per la stesura degli spartiti sembra ormai superato, grazie a diversi programmi per fare musica. Questi software sono arrivati sul web sin dagli albori della sua esistenza, d’altronde quale miglior modo per risparmiare carta e soprattutto tempo per la stesura di uno spartito? Chiaramente non tutti i compositori e musicisti sono soliti scrivere la loro musica sul pentagramma, ma è sempre una buona idea tenere i propri brani salvati in qualche modo. 

C’è chi usa dei fogli dove scrive semplicemente la struttura, altri invece preferiscono registrarli prima di andare in studio in modo da avere una ‘bozza’ di quello che poi sarà il risultato completo. In realtà nel caso si vogliano depositare i propri brani alla SIAE per poter vendere il proprio album in Italia, occorre avere almeno le prime battute di ogni brano scritte su uno spartito. 

Per questo può tornare vantaggioso conoscere qualche programma per la scrittura musicale, o magari anche solo per la registrazione. Molti software permettono non solo di scrivere spartiti, ma anche di riascoltare il brano tramite l’utilizzo di suoni midi, un buon modo per creare delle bozze. Allo stesso modo sarà possibile usare diversi strumenti, così potrete creare le partiture per tutti i membri della band o dell’orchestra. 

Vediamo adesso quali sono i cinque programmi più usati, come funzionano e soprattutto dove trovarli. 

MuseScore

MuseScore è un software Open Source per la stesura di brani musicali. Cosa vuol dire? Semplice: potrete scaricarlo gratuitamente dal sito ufficiale e magari fare una donazione ai programmatori per contribuire agli aggiornamenti del software. Il programma è disponibile per la maggior parte dei sistemi operativi, compreso Linux. Si tratta di uno dei software più conosciuti, non a caso viene utilizzato da molti musicisti in erba e anche da quelli più avanzati. 

Gli spartiti di MuseScore si creano rapidamente grazie alla semplicità del programma e ad un pratico sistema che vi permette di effettuare il drag and drop delle note e delle varie figure sul pentagramma. Potrete creare un pentagramma da stampare per poterlo tenere sul leggio. Sarà anche possibile riascoltare il proprio lavoro tramite i MIDI e stampare lo spartito in modo da poterlo portare in sala prove. 

Si tratta di un software molto semplice, infatti non sarà possibile usare più di una traccia, utile per scrivere una melodia principale o dei soli da memorizzare, un po’ di meno se volete preparare uno spartito per tutta la band. Come molti altri programmi simili, anche questo vi dà la possibilità di collegare la vostra tastiera MIDI o il controller per la stesura degli spartiti direttamente dallo strumento. Potrete effettuare il download di MuseScore dal sito ufficiale.

 

Finale

Uno dei programmi più leggeri per programmare musica e per la creazione di spartiti musicali da stampare, ideale se non avete molto spazio sull’hard disk o se il vostro PC inizia a sentire il peso degli anni. L’interfaccia spartana in realtà nasconde molte funzioni, inoltre si rivela facile e rapida da utilizzare. Finale si divide in due versioni: quella base chiamata Notepad scaricabile gratuitamente, e quella a pagamento che si presenta con un prezzo abbastanza alto, ripagato da funzioni più avanzate ideali per professionisti. 

Guitar Pro

Lo mettiamo alla fine della lista perché si tratta di uno dei programmi per creare musica a pagamento, Guitar Pro è utilizzato specialmente dai chitarristi. Come si può evincere dal nome, il software vi permette di scrivere tablature per chitarra su un pentagramma che riporterà automaticamente le note. Per poterlo usare occorre saper leggere una tablatura per chitarra, quindi sapere come scrivere i vari tasti da premere che appariranno sotto forma di numeri sullo spartito. 

Guitar Pro è un programma MIDI, quindi una volta scritta una battuta potrete ascoltarla e modificarla a piacimento, molto utile per la stesura di interi brani o semplicemente per salvare dei riff o degli assoli. È possibile usare più di una traccia per creare due chitarre, aggiungere il basso e anche la batteria. L’editor degli strumenti è abbastanza semplice da usare e nelle ultime versioni è anche possibile scegliere tra i MIDI e dei campioni in WAV più orecchiabili, modificando anche l’amplificazione. 

Da apprezzare la presenza di un editor per scegliere tra chitarre di ogni tipo per adattare lo spartito al numero di corde del proprio strumento. L’unico neo di Guitar Pro sta nelle sue regole di scrittura alquanto ‘ferree’ a livello di metrica, quindi dovrete conoscere un minimo di teoria musicale per poterlo usare senza troppi patemi d’animo. Per usarlo dovrete anche conoscere le note musicali in inglese

 

Sibelius 

Un software decisamente più complesso rispetto ad altri trovati sul web, Sibelius è consigliato ai compositori più avanzati ed esperti che vogliono creare spartiti complessi per interi brani. Le funzioni della versione a pagamento vi consentono di lavorare su più tracce, così potrete creare spartiti per ben sedici strumenti. La versione base invece vi consente di creare uno spartito per un singolo strumento, quindi torna molto utile per tenere da parte idee e scrivere la notazione musicale per la composizione di un brano. 

 

Tastiera musicale online

A volte ci sono degli accordi o delle note che proprio non vengono in mente, specialmente mentre si sta scrivendo uno spartito senza avere lo strumento sotto gli occhi. Per questo può tornare utile fare un salto sul sito con una tastiera musicale online. Tra questi vi consigliamo Casey Rule in quanto si rivela molto immediato e soprattutto non presenta fastidiosi pop-up. Ogni tasto del pianoforte corrisponderà a uno sulla tastiera, inoltre potrete usare anche il mouse. In alternativa, per un suono leggermente migliore potrete andare su Skoove, ma vi avvisiamo che ogni tanto potreste trovare degli ad e dei pop-up. 

A questo punto avete tutto quello che vi serve per creare la vostra musica e puntare al successo che hanno avuto gli album dei Dire Straits o di Tiziano Ferro (in base al genere che preferite).

 

 

 

Ultimo aggiornamento: 17.04.24

 

Comporre musica non è certo un’impresa facile, ma con qualche utile consiglio è possibile comporre una canzone in pochi passi. 

 

La composizione musicale e la struttura metrica di una canzone sono concetti che a livello accademico vengono studiati a fondo. Questo però non vuol dire che per scrivere un brano dovete necessariamente iscrivervi al conservatorio o andare a lezione da un maestro, d’altronde alcune delle canzoni più famose sono state composte da musicisti autodidatti (basta ascoltare un album dei Queen per capire quali livelli si possono comunque raggiungere). . 

Prima di tutto bisogna tenere conto di che tipo di canzone volete scrivere e soprattutto di quale genere. Ogni genere musicale infatti ha le sue piccole ‘regole’ da seguire che sebbene non siano del tutto ‘imperative’ sono comunemente accettate in quanto ‘suonano bene’. Ad esempio viene difficile immaginare la stesura di un brano heavy metal con accordi aperti e con un suono pulito, per comporre canzoni di questo genere è necessaria una chitarra distorta e l’utilizzo dei cosiddetti powerchord in palm muting. 

Allo stesso modo non si può certo immaginare di inventare canzoni pop con la batteria che suona un ritmo martellante con la doppia cassa. Nei generi più ‘classici’ come il blues o il jazz inoltre ci sono regole ancora più precise da seguire, accordi da usare e arpeggi da eseguire sui diversi accordi, così come scale pentatoniche, cromatiche, maggiori e minori. Senza complicarci la vita però, vediamo come comporre una canzone usando qualche semplice regola.

Le parti di una canzone

Ogni brano con una struttura regolare è formato solitamente da tre o quattro parti principali: la strofa, il ritornello, il bridge e un eventuale parte dedicata ad uno o più assoli. La strofa solitamente si compone di due o più accordi e in teoria non dovrebbe essere troppo complessa in modo da far risaltare la voce del cantante. Una strofa può essere lunga quattro o otto battute, a seconda della lunghezza del testo e può avere delle variazioni sulle note o sulla chiusura dei giri in modo da renderla meno monotona. 

Dopo la strofa si può decidere di utilizzare un piccolo bridge e poi tornare ad una strofa di due battute e in seguito inserire il ritornello. Nulla vieta ovviamente di semplificare il tutto e di passare immediatamente al ritornello. Il ritornello, conosciuto anche come ‘chorus’ solitamente si costruisce con accordi diversi da quelli della strofa e può seguirne la stessa scala o cambiare completamente tonalità. Il ritornello dev’essere facilmente riconoscibile per la sua linea melodica, per quella vocale e per le parole che vengono usate dal cantante. 

È importante che il ritornello abbia una variazione ritmica rispetto alla strofa, in modo da differenziarli. Ad esempio se la strofa ha un ritmo più sostenuto, il ritornello può avere una cadenza più lenta in modo da risultare più incisivo. Ovviamente tutto dipende dal genere musicale che volete scrivere. Se siete vi state chiedendo come scrivere una canzone rap potreste considerare l’opzione di creare un ritornello con rime più semplici rispetto a quelle usate nella strofa, in modo da renderlo più memorabile. 

Per quanto riguarda il bridge, questo viene usato solitamente dopo il secondo ritornello (o magari una strofa) per creare una variazione melodica sia a livello strumentale sia vocale. In alcuni generi come il metal e l’hard rock il bridge può essere composto da più parti, inoltre solitamente viene seguito da una strofa dove la voce viene sostituita dall’assolo di chitarra. 

 

Registratevi

È vero che la musica a livello teorico e tecnico spesso è molto schematica, ma non per questo occorre necessariamente essere organizzati a livello compositivo. Se mentre suonate vi rendete conto di aver creato una melodia piacevole, non fossilizzatevi sul fatto che debba necessariamente essere una strofa, perché magari può funzionare meglio come ritornello. 

Uno dei ‘trucchi’ più utilizzati è registrarsi mentre si suona o si improvvisa in casa o in sala prove. Per farlo potete usare un qualsiasi registratore, oppure un software per PC o Mac grazie al quale potrete salvare più facilmente tutte le vostre idee e riascoltarle a piacimento. Se preferite creare uno spartito, potete trovare un programma che ascolta la musica e scrive le note, in modo da poterle segnare facilmente. Per comporre al meglio inoltre è bene suonare in un ambiente ben areato, quindi quando fa molto caldo o freddo potete pensare di usare il miglior termoventilatore per riportare la temperatura su livelli sopportabili.

Riascoltatevi

Come creare una canzone che possa davvero piacere? Semplice, prima di tutto deve piacere a voi e magari anche ai vostri membri della band! Non scervellatevi troppo sul possibile ‘successo’ che il vostro brano può riscuotere, se pensate di aver scritto un bel brano allora proponetelo senza alcun rimorso ai vostri amici. 

Se suonate in una band è tutto molto più semplice, in quanto avrete anche l’aiuto dei vostri compagni musicisti che apporteranno le loro idee al pezzo e vi potranno consigliare cosa c’è da cambiare o cosa si può migliorare. Riascoltate il vostro brano fino a che non siete pienamente soddisfatti del risultato, ma ricordatevi anche di questo: nessun musicista ama al 100% la sua musica, anche i più grandi hanno sempre qualcosa da ridire sui brani o sugli album considerati capolavoro dalla critica e dal pubblico. 

 

Siate umili

Tutti i musicisti devono affrontare la critica prima o poi, quindi una volta imparato come fare una canzone e aver scritto i vostri primi brani, non vi resta che farli ascoltare ed essere pronti a ricevere critiche, complimenti o suggerimenti. Visto che il mondo del web è abbastanza spietato, potete prima farla ascoltare ad amici o parenti chiedendo un parere e poi una volta preso coraggio creare il vostro canale sui social o su Youtube dove presentare i vostri brani. 

Non temete critiche, fate tesoro di quelle costruttive e cercate di ignorare quelle un po’ maligne che spesso sono inevitabili (vengono fatte ai musicisti di calibro mondiale, figuriamoci a quelli emergenti). Da parte vostra è necessaria un po’ di umiltà, magari ci avete messo un mese per scrivere un brano che alla fine non viene apprezzato… pazienza! Potete sempre scriverne un altro e cercare di migliorare gli aspetti più deboli. 

Come scrivere un testo

Difficile spiegare come scrivere il testo di una canzone in quanto ogni cantante ha un po’ il suo stile, specialmente quando si tratta di generi musicali moderni come il rap e la trap. In linea di massima il testo di un brano deve adattarsi un po’ alla musica. Nessuno vieta di scrivere di prati fioriti su un brano death metal, ma in generale i testi migliori sono quelli che più si avvicinano a ciò che la musica esprime. 

Cercate di trovare l’ispirazione, chiudete gli occhi e fatevi trasportare dalle immagini evocate dalle note, in questo modo potrete trovare il testo giusto da scrivere. Oltre al testo dovrete stare molto attenti alle linee vocali, cercando di non soffocare la strofa o il ritornello e fare le dovute pause per lasciare spazio alla musica. 

 

 

 

Ultimo aggiornamento: 17.04.24

 

Freddie Mercury è stato uno dei più grandi cantanti e frontman della storia della musica. Con i Queen ha composto brani leggendari che anche a distanza di molti anni continuano ad appassionare ed emozionare. Recentemente gli è stato dedicato un biopic dove viene interpretato ottimamente da Rami Malek, un film che sebbene sia poco accurato dal punto di vista ‘storico’ della band e si prenda qualche libertà sulla biografia del cantante e dei membri dei Queen, riesce a descrivere la grande emotività di Mercury e si conclude con lo spettacolare Live Aid.

Su di lui sono state dette tante cose alcune vere e altre false, i tabloid inglesi d’altronde non ci sono mai andati leggeri con i personaggi del mondo dello spettacolo. La vita personale di Mercury è stata messa inevitabilmente alla pubblica gogna, specialmente per il suo orientamento sessuale e l’AIDS

Genio e sregolatezza per alcuni, sensibile e divertente per altri, Freddie Mercury era una persona di grande carica che sebbene abbia fatto qualche scelta poco felice, si è sempre fatto amare dai componenti della band, dalle persone care attorno a lui e ovviamente dai fan. Vediamo quali sono le curiosità più comuni sul cantante. 

 

Una vita tra lo sport e la musica

Non tutti sanno che Freddie Mercury è in realtà un nome d’arte. Il nome del cantante infatti è Farrokh Bulsara, nacque in Tanzania e passò un breve periodo della sua infanzia in India. Freddie fu il soprannome che gli diedero gli amici quando era ancora bambino, già in quel periodo aveva potuto dare qualche segno del suo straordinario talento per la musica, non a caso i genitori decisero di fargli studiare pianoforte. 

Se la cavava anche nello sport, specialmente nel pugilato e nel ping pong (non a caso comprò dei tavoli da ping pong nella sua dimora dopo aver raggiunto il successo). In seguito la sua famiglia fu costretta a trasferirsi in Inghilterra per evitare di rimanere coinvolta negli scontri della rivoluzione di Zanzibar. All’epoca Mercury aveva solo 17 anni, ma aveva già ben chiare le sue aspirazioni, infatti si iscrisse alla scuola d’arte dell’Isleworth Polytechnic . Squattrinato e dall’animo un po’ bohemienne, Freddie Mercury posò anche come modello in una classe di disegno per potersi comprare dei vestiti. 

 

I Queen non sono stati la sua prima band

Come molti musicisti anche Freddie Mercury ha fatto la sua gavetta girando diverse band della scena inglese che al tempo godeva di ottima salute. La musica nel Regno Unito era all’apice, tra il rock, il progressive e l’heavy metal, c’era davvero l’imbarazzo della scelta. Freddie Mercury si esibì prima con gli Ibex, facendo subito capire al pubblico di essere un vero showman. 

Gli Ibex però rimasero nell’underground in quanto non riuscirono a scrivere brani convincenti per i discografici, in seguito quindi Freddie Mercury entrò nei Sour Milk Sea, un gruppo blues abbastanza avviato. Solo nel 1970 riuscì a convincere Brian May a formare i Queen, dopo che anche quest’ultimo non trovò il successo sperato con la sua band, gli Smile. 

 

Tenne nascosta la malattia alla famiglia

Freddie Mercury era malato di AIDS da tempo, ma cercò di mantenere la sua condizione nel privato senza fare alcuna dichiarazione, se non il giorno prima della sua morte. Ai genitori disse semplicemente di essere un malato terminale, senza specificare nulla sull’AIDS che aveva contratto. A saperlo e a stargli vicino nei momenti più duri furono il suo compagno Jim Hutton e la sua ex ragazza Mary Austin, alla quale ha lasciato i diritti delle sue canzoni, in quanto non ha avuto nè moglie figli. Commovente anche la vicinanza dei fan che non lo abbandonarono un solo secondo. 

I denti

Il sorrisone di Freddie Mercury suscita sempre grande simpatia, ma oltre a essere una caratteristica estetica peculiare per il cantante, a quanto pare ha contribuito anche a rendere unica la sua voce. Chiaramente Mercury avrebbe avuto tutte le possibilità economiche per poterli sistemare, ma ha preferito tenerli così in quanto non voleva che l’intervento inficiasse sulle sue capacità canore. 

 

Lo scontro con i Sex Pistols 

Non era certo raro in quegli anni che due band si trovassero nello stesso studio di registrazione. L’Inghilterra tra l’altro era una fucina di generi musicali, quindi artisti diversi si incrociavano in continuazione. Fu il caso dei Queen e dei Sex Pistols, due band dall’attitudine completamente diversa. Freddie Mercury adorava prendere in giro Sid Vicious e Johnny Rotten, sebbene propose loro di cantare su una delle tracce del disco. Questi ovviamente si rifiutarono, il loro look punk antisociale si scontrava con quello di Freddie Mercury votato al puro showmanship. 

 

Il logo della band

Capita spesso anche nelle band moderne che il logo venga creato dagli stessi membri. D’altronde Freddie Mercury era all’altezza della situazione, in quanto diplomato in arte e disegno, quindi mise al lavoro le sue conoscenze per disegnare il logo che vediamo sempre comparire sugli album dei Queen, ideato dall’unione dei simboli dei segni zodiacali di ogni componente della band. 

A volte faceva infuriare la band

I rapporti tra i veri componenti della band in sala prove e in studio spesso non sono tutto rose e fiori. Inoltre, nonostante Freddie avesse un carattere esplosivo, anche gli altri membri dei Queen non erano certo da meno. Per questo ogni tanto nasceva qualche litigio sulle composizioni, su quale direzione prendere nei dischi e anche sulla lunghezza di alcuni assoli di chitarra. 

Incredibilmente, Freddie Mercury spesso trovava Brian May un filo troppo prolisso e noioso sullo strumento, si dice infatti che mentre May registrava, Mercury non vedesse l’ora di finire per uscire dallo studio. Anche gli scontri con il batterista Roger Taylor erano all’ordine del giorno, in quanto lui e Mercury potevano diventare abbastanza ‘focosi’ nelle loro discussioni.

 

 

 

Ultimo aggiornamento: 17.04.24

 

Un grande classico del periodo Natalizio, lo Schiaccianoci è una delle composizioni di musica classica più famose al mondo. 

 

Il Natale spesso viene associato a diversi spettacoli, film e canzoni. Come dimenticare il classico appuntamento con ‘Una Poltrona per Due’ con Dan Aykroyd e Eddie Murphy? Oppure i brani natalizi nei negozi che creano quel caloroso clima di festa? Certo, c’è chi il Natale proprio non lo può soffrire e anche chi magari lo vive con una certa tristezza, ma non si può negare che questo periodo dell’anno è strettamente legato con alcuni ‘riti’ e abitudini. 

Quello del 2024 probabilmente sarà un Natale un po’ diverso a causa del Covid-19 che probabilmente impedirà di cenare e pranzare in famiglia. Bisogna però stringere un po’ i denti e magari approfittarne per rilassarsi ascoltando gli album dei Dire Straits o di qualunque altro sia il vostro gruppo musicale preferito ma anche per riscoprire qualche classico del Natale come lo Schiaccianoci di Ciajkovskij. 

La composizione viene considerata un vero e proprio capolavoro dell’Ottocento, creata per il balletto da Marius Petipa e Petr Ilic Tchaikovsky. Lo Schiaccianoci fu ispirato da due racconti: il libro dello Schiaccianoci e il Re dei Topi di Hoffman e il Racconto dello Schiaccianoci di Dumas padre. Quest’ultima versione fu ritenuta la più adatta in quanto un po’ più ‘fruibile’ di quella originale in quanto mancavano gli elementi inquietanti che avrebbero potuto disturbare il pubblico. 

Chi ha visto l’opera dal vivo o in televisione si ricorderà sicuramente del Principe, di Masha, della bella Fata Confetto e della magia evocata dalla musica e dalla messa in scena. Vediamo di scoprire di più su questa composizione, con cinque curiosità e fatti storici.

Un palcoscenico di piccole star

La prima dello schiaccianoci nel periodo di Natale del 1892 a San Pietroburgo fu alquanto particolare, specialmente per gli attori. Furono infatti ingaggiati dei ragazzi della compagnia teatrale dell’Impero Russo che interpretarono i ruoli in maniera assolutamente naturale. Fu una delle prime opere a portare sul palcoscenico dei minori, tra l’altro Cajkovskij li pagò in cioccolatini.

 

La versione di Hoffman

Lo Schiaccianoci e il Re dei Topi è una favola di Natale, ma come tutte le vecchie storie non lesina in quanto a dettagli un filo inquietanti. La storia dello Schiaccianoci vede uno schiaccianoci animato, dato in regalo a dei bambini dai genitori per il Natale, combattere contro il Re dei Topi, un essere con sette teste e sette corone. I dettagli spaventosi non finiscono qui, emblematica la favola nella favola della principessa Pirlipat la quale testa viene trasformata in quella dello Schiaccianoci da Frau Mauserinks. La trama dello Schiaccianoci quindi è stata alleggerita per accontentare le esigenze del pubblico. 

 

Il film della Disney

La Disney è sempre stata collegata al Natale, in quanto questa festa è anche un po’ quella dei bambini che amano ricevere regali sotto l’albero. Quale modo migliore per celebrare la magia natalizia se non con un bel film? Lo Schiaccianoci e i Quattro Regni è una pellicola spettacolare sullo stile di Fantasia, fatta di musica e immagini, un vero piacere per i sensi. La sceneggiatura è stata rivisitata per i più piccoli, ma non manca di allietare anche i più grandi, anche quelli che apprezzano l’opera originale. 

Un’opera longeva

Lo Schiaccianoci è una delle opere di Tchaikovsky longeve mai realizzate, basta pensare che solo in Russia al teatro Bolshoi è stato messo in scena quasi cinquecento volte. Solo dopo molti anni dalla sua realizzazione, la favola è finalmente uscita dai confini della Russia approdando negli Stati Uniti nel 1954. Qui fu ripresa da un coreografo russo-americano che la portò a New York. 

Nel 1993 lo Schiaccianoci tocca anche Hollywood, con un film che vede come protagonista l’allora celebre Macaulay Culkin, tra l’altro allievo della scuola di ballo dello stesso sceneggiatore. L’attore era già famoso per i due film natalizi della serie Mamma Ho Perso L’Aereo (Home Alone) quindi chi meglio di lui per rappresentare al cinema la classica favola Natalizia? 

 

Un Carnevale ‘invernale’

Nonostante il carnevale sia associato a periodi più caldi dell’anno, in realtà lo Schiaccianoci rievoca un po’ la tradizione dei costumi. La favola d’altronde prevede numerosi personaggi fantastici, quindi la rappresentazione a teatro doveva seguire l’atmosfera fantastica. Per questo nello Schiaccianoci vengono usati tantissimi costumi. Si mettono quindi in scena attori vestiti da giocattoli, soldatini, fate e topi, una vera magia da vedere dal vivo. Il balletto dello Schiaccianoci diventa una vera e propria festa di costumi, davvero spettacolare da vedere. 

 

La musica memorabile

Per comporre lo Schiaccianoci, Cajkovskij utilizzò diversi strumenti musicali all’epoca ritenuti sperimentali come la Celesta, una sorta di piccolo pianoforte con leggio. Non disdegnò strumenti popolari e altri oggetti capaci di produrre rumori, come tamburi per bambini, castagnette, raganelle e addirittura colpi di fucile. La musica dello Schiaccianoci è memorabile, specialmente il Valzer dei Fiori che cattura con la sua cadenza ed è facilmente riconoscibile anche da chi non è propriamente appassionato di musica classica. Memorabile anche la danza della fata confetto, accompagnata da una musica soave che sembra quasi evocare il suono della neve che cade dal cielo. 

Protagonisti con più nomi

La favola del principe dello schiaccianoci vede come protagonista Mary… o forse Masha, o magari Clara! Il nome della protagonista dell’opera è stato cambiato più di una volta nel corso degli anni, probabilmente per adattarla ai vari paesi dove veniva messo in scena. Sebbene fosse di origine tedesca (in quanto l’opera era di Hoffman), in Russia prese il nome di Masha per motivi per lo più patriottici, specialmente nelle rappresentazioni durante le due guerre mondiali.

 

 

 

Ultimo aggiornamento: 17.04.24

 

L’esplosione dell’hard rock e del metal negli anni ‘80 ha dato la nascita a band storiche che tutt’oggi continuano a riempire stadi.

 

Per molti gli anni ‘80 sono stati l’apice della musica e dal quale dopo c’è stato solo un continuo peggioramento. Gli aficionados della musica anni 80 hanno mal digerito anche la seguente ondata musicale iniziata nel 1990 con il grunge dei Nirvana, Pearl Jam e Alice in Chains, considerati tuttora gruppi musicali fondamentali. Ma d’altronde i cambi generazionali portano sempre qualche conflitto, specialmente nel campo musicale. 

C’è da dire che i gruppi anni 80 si sono distinti per l’originalità, per gli album considerati capolavori e per la loro grande carica sul palco. Prendendo spunto dai gruppi rock anni 70 della scena britannica come Led Zeppelin, Black Sabbath, Deep Purple, le rock band hanno creato uno stile unico che è in seguito sfociato in un nuovo genere musicale: l’heavy metal.

Spesso ci si chiede quali sono i gruppi musicali anni 80 più famosi e quali sono stati i più importanti in assoluto. Difficile fare un elenco dei gruppi rock di quel periodo, perché ce ne sono davvero tantissimi e ognuno di loro meriterebbe una menzione d’onore in qualsiasi classifica, lista o guida alla musica di quegli anni. In questo articolo citeremo quelli che sono riusciti a cambiare l’intero panorama musicale con la loro musica, influenzando anche le band a venire e addirittura quelle attuali. 

Metallica

Non si può parlare di anni ‘80 senza citare uno dei più importanti gruppi metal della storia: i Metallica. Nati da un’idea del batterista danese Lars Ulrich, partito per gli Stati Uniti proprio con l’idea di formare una band, i Metallica erano inizialmente formati dal suddetto, da James Hetfield, da Dave Mustaine e dal compianto bassista Cliff Burton. 

I Metallica pubblicano il loro primo album nel 1983, intitolandolo Kill’em All. Un disco pieno di influenze della NWOBHM (New Wave of British Heavy Metal), ma trasformate in qualcosa di più aggressivo grazie a chitarre più distorte, al suono martellante della batteria, al particolarissimo basso di Burton e alla voce aggressiva di Hetfield. Il risultato è uno degli album che hanno portato il thrash metal alla luce, dando risalto anche a tantissime altre band della Bay Area di San Francisco come i Testament e gli Exodus. 

Proprio dagli Exodus i Metallica ‘pescano’ il chitarrista solista Kirk Hammett, allievo del grande Joe Satriani e conosciuto per i suoi assoli funambolici e diretti. Hammett entra per sostituire un selvaggio Mustaine con il quale i membri della band iniziano ad avere non poche difficoltà di gestione. Dave Mustaine lasciati i Metallica fonderà i Megadeth, la sua band thrash con musicisti di altissimo livello come Marty Friedman. 

Il viaggio dei Metallica continua con una serie di capolavori del genere del calibro di Ride The Lightning e Master of Puppets, fermandosi solo dopo il tragico incidente stradale che toglie la vita a Cliff Burton, avvenuto durante un tour in Svezia. A seguito di questo episodio, i Metallica reclutano il bassista Jason Newsted dei Flotsam and Jetsam per registrare il loro album più tecnico: …and Justice for All. 

Da questo disco in poi i Metallica cambiano completamente stile con il Black Album, iniziando il passaggio dal thrash al metal più leggero e melodico, facendo discutere i fan che sono ancora divisi nelle opinioni. I Metallica continuano imperterriti a suonare dal vivo, rimanendo una delle band più importanti dell’intero panorama musicale, non solo degli anni ‘80.

AC/DC

Nati come band rock anni 70, gli AC/DC mettono l’Australia sulla mappa della musica hard’n’heavy. I fratelli Angus e Malcolm Young di origine scozzese sono diventati due chitarristi e musicisti iconici per il genere, rappresentati del rock senza compromessi fatto di riff energici, diretti e assoli coinvolgenti. L’attitudine della band era coerente con la loro musica strabordante, i membri infatti erano soliti eccedere, specialmente con l’alcool. 

Dopo qualche cambio di formazione, i fratelli Young trovano finalmente la voce ideale per la band nel compianto Bon Scott, considerato tutt’ora dai fan come l’unico vero cantante degli AC/DC, a discapito del comunque ottimo Brian Johnson. Il nome della band fu trovato dalla sorella dei chitarristi, un nome particolarmente azzeccato in quanto è l’acronimo di Alternate Current/Direct Current che si trova solitamente sugli elettrodomestici. 

Niente di meglio per indicare l’energia sprigionata dalla musica della band che ha creato dei brani iconici del rock anni 80 e della musica hard’n’heavy. Parliamo di brani come Highway to Hell, Hell’s Bells, Back in Black, Thunderstruck e Shoot to Thrill. Le performance live con i fratelli Young vestiti da scolaretti rimangono nella storia e chi ha avuto la fortuna di vederli dal vivo nei loro anni migliori è rimasto folgorato. 

Queen

Se per il metal troviamo i Metallica e per l’hard rock gli AC/DC, per la musica rock di stampo più ‘pop’ non possiamo non citare gli album dei Queen. Certo definirli ‘pop’ è riduttivo, come sarebbe riduttivo inserirli in un qualsiasi genere musicale, in quanto la band londinese ha fatto davvero di tutto. Compositori di altissimo livello, Brian May, Roger Taylor, John Deacon e Freddie Mercury sono diventati delle vere e proprie leggende della musica. 

Spesso si attribuisce la fama dei Queen alla grandissima voce di Mercury, ma non bisogna sottovalutare l’abilità tecnica e compositiva degli altri membri senza i quali non sarebbero nate canzoni considerate pietre miliari del genere. Si va dal pop di ‘Don’t Stop Me Now’ e di ‘Radio Ga Ga’ alle ritmiche funk di ‘Another one Bites the Dust’, finendo addirittura su sfumature metal con Sheer Heart Attack e Tie your Mother Down. 

I Queen toccano il progressive con Innuendo e Bohemian Rhapsody e addirittura i cori da stadio con We are the Champions e We Will Rock You, tutt’ora utilizzate dai tifosi inglesi durante le partite di calcio. Una band che poteva veramente tutto, bloccata solo dalla prematura dipartita di Freddie Mercury, con il quale gli altri membri si erano già scontrati in passato per alcune divergenze di opinioni.

Per ascoltare gli album di questi grandi gruppi mentre guidate, potete considerare l’acquisto di un subwoofer auto.

 

 

Ultimo aggiornamento: 17.04.24

 

Affascinante, seducente e tecnicamente complessa, la Bossa Nova rappresenta la ‘saudade’ brasiliana con un incrocio tra musica popolare e jazz. 

 

Probabilmente avrete sentito almeno una volta parlare del cosiddetto jazz brasiliano, oppure vi sarà capitato di ascoltare un brano del genere e di gradire il suo ritmo rilassato, le melodie evocative e la voce soave, caratterizzata anche dalla lingua portoghese che la rende ancora più esotica. In realtà non si tratta di una canzone portoghese famosa della quale non vi viene in mente il nome, bensì della Bossa Nova. 

La Bossa Nova nasce in Brasile negli anni ‘50, periodo durante il quale il jazz godeva di grande fama in tutto il mondo. Il Brasile riceveva notevoli impulsi dagli Stati Uniti e dagli altri paesi del Sud America, quindi per le strade di Rio de Janeiro era molto facile imbattersi in locali dove la musica dal vivo era una consuetudine, specialmente nella piccola stradina del quartiere di Copacabana, chiamata Beco Das Garrafas (collo di bottiglia). Le lunghe notti venivano rese magiche dal jazz e da altri generi musicali, così come da un amore per l’arte generale che ha sempre contraddistinto i brasiliani. Fu proprio in questo quartiere che nacque la Bossa Nova. 

 

Come si distingue la Bossa Nova?

Il nome Bossa Nova si può tradurre dal gergo brasiliano di Rio con Nuovo Pallino, andando a indicare una tendenza musicale dell’epoca che veniva apprezzata e allo stesso tempo suonata da tantissimi musicisti. La Bossa Nova si distingue per il suo tempo ‘dimezzato’, infatti sebbene possa sembrare un normale 4/4 in realtà spesso si conta come un 2/4, dando vita al classico ritmo sincopato ispirato alla musica Samba

Gli accordi utilizzati sono molto simili a quelli del jazz, quindi ne troviamo di sesta, settima, nona, undicesima maggiore o minore e così via che possono subire variazioni diventando aumentati o diminuiti. Si suona solitamente con la chitarra classica, in quanto è preferibile usare le dita in modo da poter far risaltare i bassi così come gli alti e usare la tecnica della ‘batida’. Il ritmo infatti viene accompagnato da un colpo (o più) sulla cassa della chitarra. 

Come il jazz, la Bossa Nova si può strutturare su improvvisazioni libere, come anche su brani scritti con una struttura ben precisa. Sebbene possa suonare ‘immediata’, in realtà il genere richiede una grande tecnica e conoscenza, nonché un senso del ritmo particolare. Lo studio della Bossa Nova implica molto tempo, non a caso i musicisti fuori dal Brasile spesso si recano sul posto per poter approfondire e migliorare a livello tecnico e teorico. Non si tratta quindi di canzoni samba o di canzoni per il carnevale brasiliano.

 

Gli artisti più importanti

E per quanto riguarda i migliori artisti del genere? Trattandosi di un genere molto diffuso in Brasile, facendo un po’ di ricerca si possono trovare tantissimi musicisti della Bossa Nova che in qualche modo hanno contribuito allo sviluppo del genere che ha riscosso molto successo anche all’estero. Nonostante questo, negli anni ‘50 non tutti i musicisti arrivavano in studio per incidere dischi, specialmente nell’ambiente jazz e Bossa Nova, particolarmente apprezzato per le esecuzioni dal vivo. 

Bisogna pensare inoltre che a differenza dei tempi moderni dove tutti possono registrare un disco grazie alle moderne tecnologie, all’epoca la ‘discografia’ era agli albori, quindi si cercavano solo gli artisti più validi che i discografici (non solo imprenditori, ma anche grandi appassionati) andavano a scovare nei locali. Difficile quindi fare una lista dei migliori musicisti, ma proveremo a citare quelli più importanti. 

João Gilberto 

Quando si parla di Bossa Nova, quello di Gilberto è il primo nome che viene in mente, così come quello del brano Garota de Ipanema, uscito nel 1962 e riadattato anche in inglese come The Girl from Ipanema. Il brano è un vero e proprio ‘manuale’ su come scrivere e suonare la Bossa Nova, con la chitarra soave e sincopata e la voce rilassata tra il cantato e il narrato. La tristezza della canzone si unisce alla melodia rilassante, creando un suono emozionante e piacevole. 

Uno dei musicisti e cantanti brasiliani più famosi, Gilberto si distingue per brani di facile ascolto, ma allo stesso tempo complessa a livello ritmico, tecnico e teorico, La Garota de Ipanema ha riscosso un successo internazionale, ripresa anche dal famoso jazzista statunitense Stan Getz, uno dei primi a portare il genere fuori dal Brasile. Joao Gilberto è stato il ‘padre’ anche della tecnica ‘batida’ in seguito utilizzata da tutti gli altri chitarristi e in alcuni casi esportata anche in altri generi. 

 

Tom Jobim

Antonio Carlos Brasileiro de Almeida Jobim, conosciuto semplicemente come Tom è stato insieme a Gilberto uno dei padri della bossa nova. Pianista e compositore eccezionale, Jobim ha il merito di aver creato le armonie e gli arrangiamenti tipici del genere. La ricerca musicale con Jobim affonda le radici nella Samba e nella musica popolare, cosa che rende la bossa nova ‘familiare’ anche a chi l’ascolta per la prima volta. 

Famoso il brano scritto proprio con Joao Gilberto e Vinicius de Moraes, intitolato Desafinado, un vero e proprio manifesto che spiega ai ‘detrattori’ cos’è la Bossa Nova, aggiungendo che i musicisti del genere non hanno bisogno di giustificazioni. Lo stile naturale scorre come un fiume, secondo Jobim infatti è inclassificabile in uno ‘stile’, cosa che spesso i critici tendono a fare. 

Stan Getz

Sassofonista statunitense di grande gusto e tecnica, insieme a Charlie Byrd ha il merito non solo di aver contribuito alla scena jazz, ma anche di aver scoperto la Bossa Nova e averla portata fuori dal Brasile. Getz fu ammaliato dal genere brasiliano dopo che l’amico Byrd gli fece ascoltare un disco di Gilberto, preso direttamente dal Brasile durante un tour. Così Stan Getz, diventato subito un fan di Gilberto, decise di scrivere con Byrd l’album Jazz Samba, una vera e propria pietra miliare del jazz e della Bossa Nova alla quale attinsero tantissimi musicisti statunitensi e europei. 

Anche se siete appassionati di tutt’altro genere musicale e nella vostra collezione avete tutti gli album dei Dire Straits o di Vasco Rossi, ascoltando la Bossa Nova potreste scoprire sonorità capaci di conquistarvi.