Ultimo aggiornamento: 26.04.24

 

Il celebre cantante e musicista soul dalla voce profonda ha avuto una vita tutt’altro che semplice prima di arrivare al successo. 

 

Le canzoni di Barry White entrano nell’anima e la mettono a suo agio, grazie a quella voce baritonale avvolgente e facilmente riconoscibile. Il musicista nella sua carriera ha influenzato tantissimi musicisti di diverse nazionalità, con un mix tra soul e disco music che negli anni 70 e 80 faceva ballare i giovani nei locali e nelle discoteche. 

Figura di grande carisma, Barry White è apparso anche in diverse serie TV e addirittura nel cartone animato The Simpson. Le sue performance memorabili includono anche un live al Central Park di New York con il nostro tenore Luciano Pavarotti, un evento musicale incredibile trasmesso in mondovisione. Artisti come Michael Jackson hanno tratto lezioni dalla sua musica e dal suo modo di rendere il soul accessibile a livello internazionale. 

 

Una vita tra musica e gang

Barrance Eugene Carter nacque in Texas nel 1944, ma crebbe a Los Angeles con il padre, la madre e il fratello. Sin dalla tenera età dimostrò un grande amore per la musica, ascoltando la collezione di musica classica della madre Sadie Marie Carter. Questo fece avvicinare il giovane Barry White allo studio del pianoforte, sebbene la sua voce iconica si sviluppò solo all’età di 14 anni. L’autore infatti afferma che prima della pubertà aveva una voce molto stridula con la quale difficilmente avrebbe potuto diventare un cantante. 

La carriera di Barry White inizia a prendere piede dopo un episodio poco felice. Come molti ragazzi afroamericani cresciuti Los Angeles, lui e il fratello vengono coinvolti nella malavita di quartiere. A sedici anni Barry White viene arrestato per il furto di pneumatici Cadillac e questa esperienza lo cambia radicalmente: decide che nessuno lo priverà mai della libertà e comincia a mettersi sulla strada giusta dedicandosi esclusivamente alla musica. 

Uscito di prigione Barry White abbandona completamente la vita da gangster e inizia a cantare in alcuni gruppi, facendosi conoscere da diverse label della scena losangelina. Stranamente però il suo successo nella musica arriva prima con una produzione di un gruppo al femminile chiamato Love Unlimited, in puro stile Motown. Il singolo Walkin’ in the rain with the One I Love, scritto e arrangiato da Barry White, è un successo, al punto da arrivare al n. 14 della famosa classifica Billboard Hot 100. 

Al termine di questa avventura da produttore e accumulata una buona esperienza, Barry White decide che è il momento di partire con la carriera da solista. Nel 1970 comincia a scrivere i brani che lo hanno reso famoso. 

 

Love’s theme

 Il primo esempio di musica orchestrale prodotto da Barry White con la sua The Love Unlimited Orchestra è un brano che unisce la chitarra con lo strumming tipico del funk ad una linea di basso melodica, il tutto accompagnato da sezioni di archi e fiati. Il brano finisce direttamente al primo posto della Billboard e che convince Barry White a continuare la produzione di pezzi strumentali con l’orchestra. Ancora oggi Love’s Theme colpisce con il suo ritmo e che mostra tutte le capacità compositive dell’artista. 

L’esordio al microfono

A sentire la sua voce magnetica può sembrare strano il fatto che Barry White non avesse molta fiducia nelle sue capacità canore. L’artista si convinse a mettersi dietro al microfono solo dopo alcuni dischi strumentali. Il primo disco solista arriva solo nel 1973, intitolato I’ve Got So Much to Give e che lo porta al successo anche come cantante. 

L’anno successivo esce il disco ‘Can’t Get Enough’ che contiene brani come Your’the first, the last, my everything. L’arrangiamento dei brani è molto simile a quello della Love Unlimited Orchestra, con alcune differenze strutturali nella composizione per adattarle alle linee vocali di Barry White. Tra le sue canzoni più famose di quel periodo troviamo anche Just The Way you Are (una cover dell’artista Billy Joel) e Let the music play, altro brano con orchestre strabordanti e chitarre funky, dove Barry White avvolge il microfono wireless con la sua grande voce. 

 

I problemi negli anni 80 e la rinascita nei 90

Con la fine degli anni 70 la musica disco e il funk iniziano a perdere un po’ di mordente, sostituiti da generi come l’hard rock, il rap, la synthwave e l’heavy metal. Barry White non riesce a ripetere i successi del decennio passato, ma uno dei suoi brani ‘Change’ finisce comunque al numero 12 della Billboard per il genere R&B. I dischi di White però vendono sempre di meno, specialmente tra i giovani poco interessati a quel tipo di musica. Per questo l’artista decide di concentrarsi sui tour, chiudendo la sua etichetta per poter ammortizzare i costi. 

Nel 1983 affronta la tragica scomparsa del fratello Darryl, ucciso in uno scontro tra gang rivali. Nel 1988 Barry White e la moglie Glodean James divorziano qualche dopo aver inciso un disco insieme nel 1981 e intitolato Barry & Glodean. La vita sentimentale dell’artista tutto sommato è stata abbastanza tranquilla rispetto a quella di altri musicisti dell’epoca. I figli di Barry White sono nove in totale, nati da questo matrimonio e da quello con la prima moglie Mary. 

Negli anni ‘90, grazie a un ritorno di interesse verso la musica dance da parte del giovane pubblico, Barry White vive una seconda ondata di successo: torna in cima alle classifiche R&B con l’album Put me in your Mix e con il singolo Practice What You Preach contenuto nel disco The Icon is Love, con il quale vince anche un grammy. Barry White ci lascia a soli 58 anni a causa di problemi di salute dovuti alla pressione alta e al diabete. 

 

 

Ultimo aggiornamento: 26.04.24

 

Negli ‘90 ci fu l’esplosione di MTV e dei video, grazie ai quali molti singoli degli artisti più famosi divennero delle vere e proprie hit. Vediamo quali sono le più famose.

 

Al giorno d’oggi basta andare su Youtube per vedere il videoclip di qualsiasi canzone, anche di quelle realizzate dalle band underground meno conosciute. Tutti possono infatti creare una clip di un loro brano, basta una buona telecamera HD, qualche idea e un minimo di conoscenza nell’editing. Magari non verrà il lavoro più bello del mondo, ma si potrà comunque caricare su Youtube. 

Sono proprio i video una delle principali fonti di ‘click’ per gli artisti, specialmente per quelli considerati ‘mainstream’. Ormai il mondo della musica è cambiato radicalmente, le case discografiche puntano più sul singolo click che sulla vendita dell’intero CD mentre gli artisti devono fare tour su tour per poter sbarcare il lunario. Per alcuni va benissimo così, mentre altri auspicano il ritorno ai vecchi tempi. 

In realtà il successo dei video risale ai tempi di MTV, emittente televisiva musicale che negli anni ‘80 e ‘90 ha praticamente rivoluzionato il mondo della musica grazie alla trasmissione dei videoclip degli artisti più famosi. In quegli anni realizzare un video musicale era costoso, quindi le etichette lo realizzavano solo per gli artisti più famosi in modo da promuovere il singolo e l’album. 

Basti pensare ai video di Michael Jackson, veri e propri mini film con una storia che spesso seguiva il testo della canzone. Certamente, non era facile al tempo vedere il video del proprio artista preferito: ci si doveva sintonizzare su MTV e sperare che fosse in programmazione. Gli amanti dell’hard rock e del metal, poi, si ricorderanno le notti sintonizzati sull’emittente ad aspettare la trasmissione Superock. 

Ma vediamo quali sono le hit degli anni 90 più amate grazie ai video particolari. 

The Bitter Sweet Symphony – The Verve

I Verve, capitanati dal bello e maledetto Richard Ashcroft, sono diventati famosi al grande pubblico grazie al brano The Bitter Sweet Symphony e al relativo video. Nella clip, Richard Ashcroft cammina in strada incurante di tutto ciò che gli sta intorno, urtando gli altri passanti. Il video è di una certa potenza nella sua aggressiva semplicità che va in contrasto con la melodia orchestrale e la voce di Ashcroft. Nonostante il successo raggiunto, la band si scioglie pochi anni dopo (era il 1997) in seguito a una causa legale con i Rolling Stones. La canzone infatti contiene un sample del brano The Last Time che in teoria i Verve non avrebbero potuto utilizzare, in quanto gli era stato proibito dalla casa discografica degli Stones. Il risultato è che dopo molti anni Keith Richards e Mick Jagger non solo vinsero la causa, ma si presero anche i diritti d’autore di The Bitter Sweet Symphony, lasciando così i The Verve e Ashcroft a bocca asciutta. 

 

Rooster – Alice in Chains

La guerra del Vietnam ha coinvolto tantissimi giovani statunitensi tra gli anni 50 e 70, tra i quali c’era anche il padre del chitarrista degli Alice in Chains, Jerry Cantrell. Il brano narra della sopravvivenza nella giungla con un testo scritto dallo stesso Cantrell e cantato dal compianto Layne Staley. Rooster (gallo) era il soprannome del padre di Cantrell quando era in guerra, affibbiatogli per la sua pettinatura simile alla cresta di un gallo. Nel video si alternano fotogrammi del padre di Cantrell con un mini film ambientato in Vietnam che ricorda pellicole come Platoon e Apocalypse Now. Musicalmente il brano è di grande impatto, con una strofa che esplode in un ritornello granitico. 

Karma Police – Radiohead 

Karma Police dei Radiohead contenuto su Ok Computer è un brano stupendo che raccoglie l’essenza del nuovo sound della band britannica, tra il rock e l’elettronica, con un uso di effetti creati con tastiere e pedaliera per chitarra. Il videoclip è uno dei più belli mai realizzati da una band rock in quel decennio, cosa che valse al regista Jonathan Glazer e ai Radiohead diversi premi di MTV. Il video è stato girato in piano sequenza in una sola ripresa all’interno di un veicolo che percorre una strada al buio. Sulla strada appare un uomo che inizia a fuggire, mentre ogni tanto la telecamera si gira riprendendo il frontman dei Radiohead Thom Yorke che canta con lo sguardo nel vuoto. Il titolo Karma Police deriva da uno scherzo tra i componenti del gruppo su una immaginaria ‘polizia del Karma’ che avrebbe arrestato chiunque si fosse comportato male. 

 

Come To Daddy – Aphex Twin

Inquietante come pochi, ma allo stesso tempo grottesco e per certi versi comico, il videoclip di Come To Daddy è ancora imbattuto per la sua assurdità. Compositore di elettronica autorevole, l’irlandese Richard Davis James è considerato uno dei fondatori della musica ambient techno e con lo pseudonimo Aphex Twin creò il brano Come To Daddy. Nel video una signora anziana che aggira per le case popolari nel quartiere di un’indefinita città britannica, viene attaccata da un gruppo di bambini dall’inquietante volto del musicista, ricreato grazie alla computer grafica. Da vedere per credere, ma tenete conto che sia la musica sia il video stesso non sono proprio per i deboli di cuore. 

Zombie – The Cranberries

Probabilmente uno dei brani più iconici degli anni ‘90, Zombie dei The Cranberries è un brano di denuncia contro gli attentati dell’IRA e la fragile situazione socio politica dell’Irlanda del Nord di quel periodo. Il videoclip è abbastanza classico nella realizzazione: le riprese della band che esegue il brano si alternano con le immagini della compianta cantante Dolores O’Riordan dipinta d’oro e circondata da bambini. Questa immagine sacra si alterna con il profano, il video infatti stacca sull strade di un quartiere irlandese con soldati britannici che pattugliano le strade. 

 

 

Ultimo aggiornamento: 26.04.24

 

Il passaggio dagli anni ‘80 ai ‘90 ha visto cambiamenti radicali nel modo di concepire il rock e il metal, vediamo quali sono i gruppi più importanti.

 

Di questi tempi molti appassionati di musica vivono un po’ di nostalgia, in quanto effettivamente a livello commerciale sono poche le proposte in grado di entusiasmare. Certo, la musica è davvero cambiata e ormai sembra quasi alla mercé di un consumismo veloce e immediato, dove i dischi sono stati sostituiti con rapidi click sui singoli brani in una playlist o sul video. La fruizione si è modificata ed è adattata alle necessità delle nuove generazioni sempre connesse al web con PC, smartphone, tablet e console di gioco. 

C’è da dire però che ogni generazione ha la sua musica e gli artisti che più rappresentano il momento storico. I gruppi rock famosi si sono alternati nei diversi decenni, con cambi di direzione che in qualche modo sono sempre esistiti. Anche se adesso molti si lamentano della musica trap e del nuovo pop, molti dei ragazzi cresciuti con i gruppi rock degli ‘80 avrebbero volentieri messo alla gogna tutte le nuove leve arrivate nel decennio successivo. Tralasciando superflui campanilismi, la musica degli anni ‘90 ha saputo proporre ottime band rock e metal, vediamo quali sono. 

 

Nirvana

Il filone del grunge è stato probabilmente l’emblema della musica anni ‘90. Tra le band più famose di quel decennio occorre citare i Nirvana. La band di Kurt Cobain è stata capace di narrare il disagio di una nuova generazione lasciata allo sbando dopo il boom e l’entusiasmo degli anni ‘80.

Il rock pesante con forti distorsioni e la voce quasi strozzata di Cobain contribuiscono a creare un nuovo fenomeno musicale, gettando le basi per il post rock e il nuovo filone rock e metal statunitense. L’avventura dei Nirvana finisce purtroppo con il tragico suicidio del frontman, con il batterista Dave Grohl come unico membro della band a continuare con successo la carriera nella musica, fondando i suoi Foo Fighters. 

 

Rage Against The Machine

La band che più di ogni altra ha saputo dare voce al dissenso politico e mostrare un lato degli Stati Uniti che non fosse solo successo e soldi. Espliciti e aggressivi, i RATM sono stati una delle band più importanti e originali degli anni ‘90. Con un connubio tra il rap dei Public Enemy e riff metal, il loro primo album è una miscela di pura potenza e grinta. La voce caustica di Zach de la Rocha infetta il microfono e racconta in rima verità scomode, mentre il chitarrista Tom Morello sfrutta tutti i suoni della sua pedaliera per chitarra per cementare ritmiche urbane e simulare lo scratch di un turntable. 

Pantera

I Pantera dei compianti fratelli Abbott e di Phil Anselmo sono stati probabilmente il gruppo metal che più di tutti ha cambiato il volto al genere negli anni ‘90. Partiti come gruppo glam negli anni ‘80 con dischi tutto sommato godibili, ma non proprio personalissimi, i Pantera si trasformano negli anni ‘90 in una band thrash di alto livello con Cowboys From Hell. Con questo disco il chitarrista Darrell ‘Dimebag’ Darrell rivoluzione il concetto di ‘breakdown’, alternando ritmiche velocissime ad altre cadenzate, riempiendole di assoli di grandissima tecnica e gusto. La voce di Anselmo si trasforma dal falsetto tipico del glam in un cantato graffiante e allo stesso tempo potente. Con il successivo disco Vulgar Display of Power i Pantera finiscono di rivoluzionare il metal, con brani dai suoni ancora più pieni e potenti. Dopo le performance devastanti dei Pantera, i roadie sul palco dovevano usare vari tipi di scope per rimettere tutto in ordine. 

 

Pearl Jam

Uno dei migliori gruppi rock ancora in circolazione, i Pearl Jam sono nati dal filone grunge di Seattle, ma si sono distinti con sonorità decisamente più leggere rispetto ai ‘colleghi’. Distorsioni più controllate e composizioni vicine al folk rock piuttosto che al metal hanno reso i Pearl Jam uno dei gruppi musicali più famosi degli anni ‘90. Dischi come Ten e Vs. colpiscono per la grande maturità compositiva della band, resa unica dalla voce inconfondibile di Eddie Vedder. Ancora oggi i Pearl Jam riempiono gli stadi e riescono ad appassionare i giovani amanti del rock, merito anche del grande carisma di Eddie Vedder che, anche da solista, mostra un grande gusto per le composizioni. 

Korn

I cantanti rock degli anni ‘90 si sono distinti per la loro voce particolare e per il loro talento. Tra questi bisogna citare Jonathan Davis dei Korn, una sorta di Kurt Cobain in versione disturbata e ancora più disagiata. Odiatissimi dai metallari più oltranzisti, i Korn mettono in musica la realtà dei giovani disadattati nelle scuole americane, dei bullizzati e degli emarginati, attraverso riff tellurici evocati dalle chitarre 7 corde e dallo slap del basso. I contenuti delle canzoni dei Korn non sono proprio per i deboli di cuore, specialmente nei primi dischi, così come il suono della produzione, potente ma allo stesso tempo cavernoso. 

 

Radiohead

Uno dei gruppi musicali inglesi più amati e che è stato in grado di fondere diversi generi per creare un sound unico. I Radiohead sono partiti come una band pop-rock di puro stampo britannico per poi evolversi in qualcosa di più complesso, con chiare influenze elettroniche.

Nonostante le composizioni più ricercate, la band inglese è riuscita comunque a mantenere invariato il suo stile riconoscibile e soprattutto a creare comunque brani orecchiabili. Il disco Ok Computer ha coronato il loro successo a livello internazionale, seguito poi dall’ottimo Kid A. La voce di Thom Yorke ha influenzato una larga parte dei gruppi rock a venire, basta pensare ai Muse e ai Coldplay.  

 

 

Ultimo aggiornamento: 26.04.24

 

Scopriamo quali sono i gruppi rock italiani alternativi, magari poco conosciuti in patria ma che hanno avuto successo all’estero. 

 

Il rock italiano spesso si riduce ai grandi nomi del passato come Vasco Rossi, Ligabue e Litfiba, ai quali si aggiungono band alternative come Afterhours e Marlene Kuntz. Perché le band italiane dei generi moderni non riescono a trovare lo stesso successo dei colleghi all’estero? Uno dei motivi principali sta nella poca voglia di proporre novità dei discografici che nel corso degli anni si è affievolita ancora di più. In secondo luogo bisogna realizzare il fatto che il mercato discografico italiano tende a promuovere la musica dei singoli cantautori.

I gruppi rock famosi in Italia si contano davvero sulle dita della mano, ma questo non vuol dire che il genere sia poco diffuso nel paese, semplicemente non viene molto promosso dai discografici almeno che non rientri in certi canoni ben precisi  e che magari sono spesso e volentieri facilmente modificabili dai produttori. Non a caso tantissimi gruppi rock italiani trovano successo all’estero, specialmente quelli che decidono di cantare in lingua inglese. Scopriamo quali sono i migliori gruppi rock italiani alternativi. 

 

CCCP – Fedeli alla Linea

In Italia i gruppi rock degli anni 80 venivano influenzati dalle nuove correnti metal, punk e hard rock provenienti da Stati Uniti e Inghilterra. I CCCP sono probabilmente la formazione punk rock più conosciuta nel nostro paese, sebbene si siano formati a Berlino dall’incontro di Giovanni Lindo Ferretti e Massimo Zamboni, originari di Carpi in Emilia Romagna. Band impegnata politicamente, ha creato brani diventati dei veri e propri inni della gioventù universitaria di tantissime città, specialmente a Bologna.

Il disco Affinità e divergenze del 1986 è tutt’ora considerato un must per tutti gli amanti del punk e ha contribuito a dare vita alla scena punk e hardcore italiana che si è poi sviluppata nei principali centri universitari. Il brano Io sto bene è entrato di diritto nella storia della musica, un inno all’apatia e una critica alla società moderna che si adatta perfettamente anche ai giorni nostri. 

 

Negazione

La gioventù alternativa italiana stanca del solito pop melodico da Sanremo e dei gruppi rock snaturati diede vita ad una vera e propria scena underground composta per lo più da band di stampo punk hardcore, grindcore e metal estremo. In attività dal 1983 al 1992, i Negazione sono tutto ciò che la musica italiana commerciale può odiare: ritmi di batteria serratissimi, distorsioni crude senza alcun uso di effetti e pedaliere per chitarra, crescendo furiosi, voce tra il cantato punk e lo scream. Testi di protesta, di disagio interiore e di denuncia guidano le composizioni del disco …Lo Spirito Continua, tutt’ora considerato uno dei migliori mai realizzati in ambito punk hardcore, anche all’estero. Una curiosità: la band ha cambiato molti batteristi, tra questi anche un certo Giovanni Pellino, conosciuto come Neffa e diventato uno dei ‘padrini’ del rap italiano. 

Linea 77

Tra i gruppi italiani alternativi bisogna ricordare i Linea 77, una band che riuscì ad avere un buon successo nonostante proponesse un metal di stampo crossover con influenze tra i CCCP, i Rage Against The Machine e i Faith No More. Il rap-metal dei Linea 77 è stata una botta di aria fresca, in quanto portava le influenze del metal e del rock degli anni 90 in Italia. La band agli esordi cantava in inglese, ma con il disco Numb inserì canzoni in italiano come Fantasma, brano che ha avuto un buon successo anche grazie al video. I suoni di Numb sono decisamente più leggeri se paragonati a quelli di Too Much Happiness Makes Kids Paranoid, ma comunque i Linea 77 hanno mantenuto invariato il loro stile facilmente riconoscibile grazie ai due cantanti Nitto e Emi.

 

Lacuna Coil

Oltre ai gruppi rock degli anni 90 in Italia si formarono diverse band heavy metal, sebbene molte di queste siano rimaste nell’underground pur facendo diversi tour all’estero. I Lacuna Coil, con il loro gothic metal melodico, sono riusciti ad arrivare a vette difficilmente raggiungibili per una band metal italiana. Il metal e l’Italia hanno avuto e continuano ad avere un rapporto decisamente problematico, per via dei suoni estremi, contrapposti alla melodia orchestrale ricercata dai discografici e apprezzata da larga parte del pubblico. I Lacuna Coil però si sono ritagliati il loro successo grazie a tour esteri e dischi pubblicati con una delle major dell’heavy metal, la Century Media. Capitanati da Cristina Scabbia, i Lacuna Coil non hanno avuto proprio vita facile anche nel loro ambiente, in quanto mal ricevuti dai metallari italiani più oltranzisti che li ritenevano troppo commerciali. Sta di fatto che al momento sono considerati tra i big della scena gothic metal, al pari dei colleghi Nightwish e Within Temptation. 

Rhapsody of Fire

Sempre provenienti dalla sconosciuta scena metal italiana, i Rhapsody of Fire sono stati tra i primi gruppi musicali italiani del genere ad avere successo. Il loro power metal sinfonico continua a catturare l’attenzione dei giovani metallari, sebbene ormai la formazione si sia divisa in due gruppi diversi, capitanati rispettivamente da Alessandro Staropoli e Luca Turilli. L’abilità tecnica dei musicisti, le tematiche fantasy e le ritmiche serrate li hanno consacrati nell’Olimpo dell’heavy metal moderno, sebbene in Italia non abbiamo mai ricevuto le attenzioni meritate. La loro fama era arrivata al punto da fargli ottenere una collaborazione con l’attore Christopher Lee come voce narrante in un disco. In linea con il power sinfonico, i Rhapsody of Fire hanno creato concept album con vere e proprie storie all’interno, ovviamente ispirate ai racconti di Tolkien. 

 

 

Ultimo aggiornamento: 26.04.24

 

Principale vantaggio

Si rivela ideale se avete una buona esperienza con questo genere di dispositivi. Potrete facilmente gestire fino a cinque tracce stereo grazie ai pulsanti ben visibili e retroilluminati. In questo modo sarà possibile creare dei loop con strumenti musicali e con la voce, oppure abbinare la loop station a una DAW per DJ Set dal vivo. Non mancano i controlli per il volume e i vari ingressi, tra i quali anche uno per le cuffie. 

 

Principale svantaggio

Nonostante il design dell’interfaccia sia abbastanza intuitivo, il modello Boss non è proprio consigliato per i neofiti. Se siete alle prime armi infatti è consigliabile puntare su una loop station a una o due tracce per un utilizzo più immediato. Gestire cinque tracce contemporaneamente potrebbe risultare abbastanza confusionale, inoltre si possono trovare modelli più economici per principianti. 

 

Verdetto: 9.8/10

Sebbene non sia la più adatta per cominciare, la proposta di Boss potrà destare il vostro interesse se cercate un modello capace di gestire in maniera ottimale fino a cinque tracce. Si rivela estremamente versatile grazie ai diversi ingressi che vi permettono di collegarla al microfono, a strumenti musicali e alla DAW. L’interfaccia con tasti ben visibili permette e retroilluminati si rivela ideale per i DJ set dal vivo, inoltre il modello si presenta con misure non troppo ingombranti, quindi potrete portarlo facilmente con voi. Il nostro verdetto è molto positivo, sebbene il prezzo alto faccia perdere alla loop station Boss qualche punto e la rende poco adatta per i neofiti. 

 

 

 

 

DESCRIZIONE CARATTERISTICHE PRINCIPALI 

 

Cinque tracce 

Le loop station più comuni non hanno più di due tracce sulle quali registrare e sono solitamente progettate per strumenti musicali come la chitarra elettrica. Il modello di Boss invece si avvicina al mondo del DJing e delle DAW, mettendo a vostra disposizione ben cinque tracce dove registrare i vostri loop per poi riprodurli. Sarà possibile creare delle vere e proprie sequenze per personalizzare i vostri missaggi o impreziosire la vostra scaletta. 

Le tracce possono suonare sia singolarmente sia simultaneamente, così potrete dare sfogo alla vostra fantasia, magari mandando in loop la voce su una batteria oppure lasciare gli strumenti da soli per creare un crescendo. Gestire cinque tracce non è comunque semplice, infatti se siete alle prime armi questa loop station potrebbe intimidirvi, nonché risultare un filo complessa. In questo caso vi consigliamo di optare per un modello da una o massimo due tracce. 

Interfaccia

Il design della loop station di Boss sorprende con un look graffiante unito ad un layout decisamente intuitivo. Ogni traccia dispone di un controllo separato per la registrazione e la riproduzione, con pulsanti ben visibili e soprattutto retroilluminati. Questa caratteristica vi tornerà molto utile quando suonate dal vivo in locali poco luminosi, in quanto potrete vedere facilmente tutti i tasti. 

Oltre ai controlli per ogni singola traccia, troverete anche la manopola per il volume che vi consente di regolare il master rispetto agli altri strumenti collegati alla DAW, così come quelle per il missaggio degli strumenti in ingresso. Non mancano i controlli per la registrazione e la selezione delle varie tracce che potrete in seguito memorizzare per poterle riutilizzare a piacimento. Tutte le informazioni di riproduzione saranno chiaramente visibili sul pratico display LCD situato al centro dell’interfaccia. 

 

Ingressi 

Trattandosi di una loop station creata per i DJ Set e le DAW, la Boss si presenta con una serie di ingressi che vi permettono di collegare tutto il necessario per suonare e produrre musica. L’entrata USB vi permette di usarla con il vostro PC o con una console DJ, mentre le porte MIDI sono ideali per il collegamento con una scheda sonora esterna, una tastiera o un controller. A queste si aggiungono le entrate per il microfono, così potrete registrare loop con la voce per i vostri mix. Non manca l’ingresso per le cuffie, indispensabile se volete esercitarvi in casa senza disturbare. 

La loop station si presenta con dimensioni abbastanza compatte da poter essere trasportata facilmente in una borsa o nello zaino, inoltre non occupa molto spazio sulla postazione. I materiali sono di ottima qualità, quindi potrete portarla ovunque e usarla intensivamente senza preoccuparvi di eventuali danni. Vista la qualità del prodotto, non stupisce che il suo prezzo si altrettanto alto, quindi consideratene l’acquisto solo se avete una certa dimestichezza con le loop station e un buon budget a disposizione. 

 

 

 

 

Ultimo aggiornamento: 26.04.24

 

Principale vantaggio

Boss presenta una loop station ideale per chitarristi e bassisti che presenta ben tre tracce separate per registrare e riprodurre giri di chitarra o parti soliste. Il design con pedali vi permette di utilizzarla mentre suonate in piedi, quindi particolarmente adatta alle esibizioni dal vivo. Potrete comunque usarla anche in casa per allenarvi, registrando riff e in seguito provando parti soliste o armonizzazioni. Per questo la RC-300 è un’ottima soluzione anche per la composizione di nuovi brani o per esercitarsi, inoltre avrete a disposizione un pedale per il wah e il volume che vi permette di aumentare l’espressività dei vostri assoli nei i live e nelle prove. 

 

Principale svantaggio

Nonostante sia una pedaliera molto intuitiva che si adatta alle esigenze di musicisti neofiti e avanzati, la Boss si presenta con un prezzo abbastanza alto. Il costo elevato è dovuto alla qualità dei materiali esterni che la rendono molto resistente, così come ai componenti interni che assicurano un passaggio del segnale dello strumento preciso e senza ritardi. Se avete un buon budget potete puntare sul sicuro, in caso contrario vi consigliamo di dare un’occhiata ad altri modelli più economici tra quelli venduti online.  

 

Verdetto: 9.8/10

Una loop station di ottimo livello, progettata da Boss per tutti i musicisti in cerca di un dispositivo per registrare e riprodurre tracce. Il modello ha davvero tutto ciò di cui un chitarrista può avere bisogno, compreso il pedale d’espressione che vi consente di controllare gli effetti impostati in tempo reale. L’interfaccia intuitiva si rivela ideale per gestire le impostazioni velocemente, inoltre il layout con pedali è ottimo per suonare in piedi dal vivo o in sala prove. Il nostro verdetto è molto positivo, sebbene il prezzo davvero alto del prodotto ci impedisce di assegnargli il massimo dei punti. Diciamo quindi che si tratta di una loop station di alto livello, ma non proprio la più conveniente. 

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DESCRIZIONE CARATTERISTICHE PRINCIPALI 

 

Per chitarristi

I chitarristi spesso amano costruirsi le pedaliere usando una tavola di legno dove vengono poi montati i vari singoli effetti, tra i quali anche un singolo pedale per i loop. La soluzione alternativa è optare per una loop station digitale come questo modello di Boss. Si presenta con un design a pedali che potrete schiacciare facilmente mentre suonate in piedi o da seduti, senza mai togliere le mani dallo strumento. In questo modo potrete sia registrare sia lanciare i loop in tempo reale, arricchendo l’esecuzione dei brani con giri di chitarra, armonizzazioni, parti soliste e tanto altro. La pedaliera si rivela ideale sia per i live e la sala prove, sia per esercitarsi in casa su ritmi o melodie particolari. 

Pedali

A differenza di altre loop station create per il DJing o le DAW, questo modello si presenta con pedali divisi per ogni traccia. Il pedale rec\play vi permette di registrare e riprodurre i loop immediatamente, mentre potrete fermarli schiacciando lo stop. Potrete quindi riprodurre più di un loop simultaneamente, in modo da creare armonizzazioni, modulazioni oppure realizzare una ritmica di chitarra sulla quale suonare un assolo. 

Una buona soluzione se nella vostra band siete gli unici chitarristi e dal vivo dovete coprire determinate parti. Nella parte superiore del layout troverete anche un pedale per gestire tutti i loop insieme, così non dovrete premere quelli delle tracce separate uno per uno. In questo modo sarà possibile creare un muro di suono con dei riff granitici. 

 

Funzioni

Oltre ai pedali adibiti alla creazione dei loop, troverete anche un pedale per l’espressione. Con questo potrete gestire il volume dello strumento, cosa molto utile se nei brani eseguiti ci sono stacchi, così come per evitare qualsiasi rumore causato dal feedback delle casse. Il pedale si potrà usare anche con diversi effetti come il wah-wah, in modo da personalizzare i vostri assoli e le ritmiche, specialmente se suonate funk o rock. 

I sdici effetti della loop station saranno facilmente selezionabili attraverso l’interfaccia e visibili sul display LCD. Allo stesso modo potrete registrare loop fino a tre ore complessive, salvandoli su ben 99 slot di memoria interna. In questo modo potrete avere tutti i loop necessari per coprire un’intera scaletta dal vivo, suddividendoli in base al brano che dovrete suonare. Oltre a quelli per il collegamento agli strumenti musicali, non mancano gli ingressi specifici per XLR e ovviamente per collegare la pedaliera all’amplificatore.  

 

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Ultimo aggiornamento: 26.04.24

 

Principale vantaggio

Boss è una delle marche leader nel settore per la produzione di pedali e loop station, specialmente per chitarra e basso. Questo particolare modello si rivela la soluzione ideale per i principianti o per chi semplicemente cerca looper pratico da aggiungere alla propria pedaliera. Dispone di una singola traccia, quindi è ideale per riprodurre giri di chitarra sui quali provare armonizzazioni e improvvisare. Potrete anche usarla per trovare soluzioni compositive a casa o in sala prove, inoltre tornerà molto utile se siete l’unico chitarrista della band e volete doppiare la traccia di chitarra.

 

Principale svantaggio

Trattandosi di un ‘entry level’, il modello si presenta con funzioni molto limitate, infatti non avrete molto a disposizione oltre alla possibilità di aggiustare il livello del volume e avviare la registrazione o la riproduzione di un loop. Il difetto più evidente però non sta nel prodotto, bensì nella mancanza dell’alimentatore che Boss non ha incluso nel prezzo e che andrà acquistato separatamente. In caso contrario dovrete alimentare il looper con una batteria che dovrà essere sostituita ogni quattro ore di utilizzo effettivo. 

 

Verdetto: 9.6/10

Se cercate un looper semplice e intuitivo da usare per esercitarvi in casa o per aggiungerlo alla vostra pedaliera per i live, allora potrete rimanere davvero soddisfatti da questo modello Boss.
I componenti interni sono di alta qualità e permettono un passaggio del segnale preciso e privo di qualsiasi ritardo, inoltre i materiali resistenti vi consentono di usarlo per molto tempo senza danneggiarlo. Il prezzo è abbastanza alto per un pedale singolo, ma si sa che le loop station prodotte da Boss non sono proprio tra le più economiche sulla piazza. Sebbene non le abbiamo assegnato il massimo dei punti, il nostro verdetto è comunque molto positivo.

 

 

 

 

DESCRIZIONE CARATTERISTICHE PRINCIPALI 

 

Intuitivo

Quando si parla di pedali e pedaliere, i chitarristi sono divisi per genere. Ci sono quelli dove è assolutamente necessario avere la giusta effettistica per le ritmiche e gli assoli, mentre in altri si tratta di aggiunte superflue. In ogni caso un pedale looper può tornare comodo a tutti, in quanto permette di registrare e riprodurre riff o assoli, in modo da provare soluzioni armoniche diverse, comporre brani o magari semplicemente per riascoltare le proprie improvvisazioni. 

Dispone di una singola traccia, quindi si può adattare alle vostre esigenze specialmente se siete alle prime armi o se avete semplicemente bisogno di ‘creare’ una chitarra ritmica per le vostre parti soliste. L’utilizzo è estremamente intuitivo, infatti per avviare la registrazione, fermarla e riprodurla basterà semplicemente schiacciare il pedale, non dovrete fare altro. Sarà anche possibile cancellare il loop registrato tenendo schiacciato il pedale. 

Qualità

Quando si parla di materiali e componenti per le loop station, Boss non ha davvero nulla da farsi rimproverare, in quanto cerca sempre di produrre dispositivi di altissimo livello. Il pedale RC-1 si rivela estremamente resistente, quindi potrete ‘pestarlo’ con decisione senza il rischio di danneggiarlo. Il modello non teme l’usura ne i viaggi, quindi sarà possibile portarlo in tutta sicurezza in sala prove o nei locali dove suonate. 

Le misure sono compatte e sarà possibile tenere il dispositivo in una tasca della custodia della chitarra o montarlo sulla tavola dei pedali con il minimo ingombro. I materiali interni si combinano con i componenti interni di alta qualità che consentono un passaggio del segnale chitarra-pedale-amplificatore preciso e stabile, senza alcuna distorsione o ritardo. Il pedale dispone di ingressi input e output sia stereo sia mono, quindi potrete collegarlo ad un amplificatore attivo o ad un preamplificatore. 

 

Funzioni

Per quanto riguarda le funzioni, il pedale Boss non presenta niente di particolarmente innovativo, come tutti i looper singoli infatti permette semplicemente di registrare una sola traccia e riprodurla. L’unica aggiunta utile è il loop indicator che vi permette di controllare la durata del giro registrato tramite un pratico indicatore LED. 

Questo torna molto utile per tenere traccia del loop quando suonate dal vivo o in sala prove. Il LED rende l’indicatore visibile anche al buio, ideale durante i live su palcoscenici poco illuminati. Non manca la manopola per regolare i livelli del volume in modo indipendente da quelli dell’amplificatore o del pre, ideale per trovare il giusto missaggio tra il suono in uscita del looper e quello della chitarra. Il prodotto si può alimentare con una batteria 9v alcalina o con un alimentatore,non incluso nel prezzo. 

 

 

 

 

 

Ultimo aggiornamento: 26.04.24

 

Principale vantaggio

Il suono dell’Arturia è davvero sorprendente, con quel tocco anni ‘80 che potrà darvi grandi soddisfazioni se siete amanti di queste particolari sonorità. Il sequencer vi permette di realizzare pattern da 64 step, con 8 note di polifonia e modulazioni e arpeggi a velocità variabile, così come controllare gli accordi con un solo dito. Le possibilità di questo piccolo dispositivo sono davvero infinite, ideale per le produzioni musicali techno e soprattutto synthwave. Una soluzione ottima sia se siete alle prime armi, sia se avete già esperienza e cercate un modello compatto da tenere in studio.

 

Principale svantaggio

Se per la composizione e la produzione l’Arturia si comporta egregiamente, lo stesso non si può dire delle sue performance di registrazione dal vivo. Fondamentalmente la funzione Rec del prodotto vi consente di registrare una sequenza e riprodurla, ma non di sovrapporre due registrazioni. Infatti, una volta premuto il tasto Rec, la nuova registrazione sovrascriverà quella precedente, eliminandola dalla memoria. Meglio quindi usare l’Arturia in sede di studio o per l’home recording. 

 

Verdetto: 9.7/10

Il miglior sequencer per rapporto qualità-prezzo tra i vari modelli adatti per la synthwave e la techno. L’Arturia dispone di tantissime funzioni che vi permettono di creare una pioggia di note e atmosfere di grande impatto. Colpiscono le varie modalità di arpeggio che vi consentono di sbizzarrirvi sia a livello ritmico sia melodico, impostando le sequenze di note a diverse velocità. Preciso anche nei controlli del ritmo, si rivela ideale per composizioni e produzioni musicali, specialmente se collegato ad una DAW con altri strumenti. Il nostro verdetto è molto positivo, sebbene non possiamo dare il punteggio massimo a causa della poca affidabilità del prodotto in termini di registrazione dal vivo. 

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DESCRIZIONE CARATTERISTICHE PRINCIPALI

 

Suono 

Il sequencer Arturia si presenta con dimensioni davvero compatte, ma questo non vuol dire che il suono abbia qualcosa da invidiare ai modelli più grandi. Il dispositivo è in grado di esprimere un sound soddisfacente che richiama lo stile delle produzioni anni ‘80, con un tocco di modernità tipico della nuova scena synthwave. Se amate le colonne sonore dei film e la musica elettronica di quel periodo potrete rimanere davvero soddisfatti dall’Arturia che vi permetterà di comporre brani di grande energia, così come atmosfere sinistre in puro stile John Carpenter. 

Il suo meglio ovviamente lo dà quando utilizzato insieme a un sintetizzatore e con un buon software per la programmazione musicale. Quello dedicato non è particolarmente esaltante dal punto di vista delle funzioni, inoltre risulta molto macchinoso. 

Funzioni

Questo sequencer colpisce per la notevole quantità di funzioni che vi permettono di sbizzarrirvi, creando spettacolari sequenze di note e arricchendole con diversi effetti. La tastiera a 8 sequenze polifoniche vi permette di unire accordi e scale, armonizzazioni e modulazioni in modo intuitivo, utilizzando direttamente i comandi presenti sul layout. Le sequenze potranno essere unite con un legato di diversi valori o separate da pause. 

Il ritmo e il tempo delle note si possono facilmente controllare con i vari pulsanti e manopole. Per quanto riguarda gli arpeggi, il sequencer si comporta molto bene, grazie ad una serie di modalità molto utili per creare variazioni di note utilizzando la scala musicale, sia in battere sia in levare. Con Arturia avrete davvero tutto ciò che vi serve in un dispositivo ‘entry level’, ideale per cominciare a praticare, come anche per arricchire la vostra DAW di un nuovo strumento. 

 

Pratico e resistente

Le dimensioni compatte del prodotto vi consentono di portarlo ovunque andiate, mettendolo comodamente nello zaino o nella borsa. Allo stesso modo, potrete tenerlo sulla scrivania o sulla vostra postazione in studio con il minimo ingombro. Nonostante le misure ridotte e il prezzo conveniente, questo sequencer colpisce per la sua robustezza che gli permette di resistere all’usura come anche a urti o cadute. 

Sul retro troverete tutti gli ingressi per collegare il dispositivo alla vostra DAW. L’Arturia predilige un utilizzo in studio di registrazione o in casa, in quanto la funzione per le registrazioni live si rivela abbastanza limitata. Non sarà infatti possibile registrare due tracce sovrapposte direttamente sul sequencer, a meno che non utilizzate un software adatto. Un punto a favore anche per i tasti che nonostante siano simili a quelli di una tastiera digitale, restituiscono un buon feedback al tocco. 

 

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Ultimo aggiornamento: 26.04.24

 

Principale vantaggio

Novation ha creato un sequencer davvero pratico che unisce i suoni synth ad un pratico drumkit, il tutto in una forma compatta che favorisce il trasporto e non occupa spazio. La griglia 4×8 vi consente di dare sfogo alla vostra fantasia, potrete infatti sfruttare fino a 128 passaggi di synth e batteria per combinazioni pressoché infinite. Se volete avvicinarvi alla produzione musicale synthwave e techno, allora questo prodotto può davvero fare al caso vostro, in quanto vi mette tutto ciò di cui avete bisogno a portata di mano. 

 

Principale svantaggio

Il Novation è un ‘entry level’, quindi chiaramente non dispone di alcune funzioni avanzate come la possibilità di creare poliritmie di batteria, cosa che potrete fare comunque usando un buon software. In realtà troviamo che l’unico svantaggio effettivo del prodotto sia il suo costo molto elevato che non lo rende uno dei più convenienti sul mercato. Diciamo che se volete risparmiare potete trovare dei sequencer meno costosi, sebbene magari non abbiano la doppia funzione synth + drumkit del Novation. 

 

Verdetto: 9.8/10

Prodotto di ottima qualità che amplia le possibilità di composizione e di improvvisazione con i synth. Ve lo possiamo consigliare sia se siete alle prime armi e volete impratichirvi con loop, synth e drumkit, sia se avete già maturato una buona esperienza con i sequencer e state cercando un prodotto pratico da usare con la vostra DAW o magari per le serate da DJ nei locali. In ogni caso rimarrete molto soddisfatti dal suono espresso dal prodotto, così come dalle sue varie funzioni che vi permetteranno di sfruttarlo al meglio. Il nostro giudizio quindi è molto positivo, sebbene non possiamo trascurare che, pur trattandosi di un prodotto ‘entry level’, si presenta comunque con un prezzo abbastanza alto. 

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DESCRIZIONE DELLE CARATTERISTICHE PRINCIPALI

 

Suono

Una delle caratteristiche principali da cercare in un sequencer (ecco la nostra lista dei migliori modelli) è il suono. A seconda dei vostri gusti musicali potreste preferire determinate sonorità, ma se amate il classico sound dei synth anni ‘70 e ‘80, allora potete andare sul sicuro. Il Novation esprime dei suoni synth ampi e precisi che vi permettono di produrre musica synthwave o techno di ottimo livello. 

Per quanto riguarda la parte del drumkit, troviamo i suoni ‘vintage’ del rullante, della cassa e dei piatti che vi consentono di creare loop di batteria in stile rap, funk, dance, techno e anche world music. Potrete davvero sbizzarrirvi nel creare sequenze e loop per le vostre produzioni musicali, o semplicemente per divertirvi un po’ nell’improvvisazione. 

Pratico

Nonostante il connubio tra suoni synth e drumkit, il Novation si rivela molto semplice da usare. Il pratico layout con pad 4×8 vi consente di creare dei loop semplicemente premendo i vari pad e combinandoli tra loro per un totale di ben 128 passaggi tra synth e pattern di batteria. Potrete inoltre salvare fino a 32 sessioni con 8 modelli per traccia, in modo da poterle mettere in memoria e riprodurle quando vorrete. 

Sin dai primi utilizzi, il Novation vi permetterà di trovare soluzioni sempre fresche e innovative, ideale quindi anche se siete già abbastanza navigati nella produzione musicale e state cercando un sequencer in grado di darvi qualche possibilità in più a livello compositivo. Le dimensioni compatte del prodotto inoltre vi consentono di portarlo ovunque andiate e di tenerlo sulla scrivania o sul piano di lavoro senza ingombrare troppo spazio. 

 

Versatile 

Molti sequencer per funzionare vanno collegati ad una DAW, possibilmente utilizzando un PC o laptop e un buon software musicale. Il Novation si rivela molto versatile, in quanto oltre al collegamento PC dispone anche di una funzione che vi consente di usarlo semplicemente connettendolo ad altri hardware, come sintetizzatori o altri sequencer. 

Gli altoparlanti integrati permettono di creare loop e di suonare senza dover necessariamente collegare il prodotto a degli speaker esterni, una soluzione molto pratica che vi consente di usare il Novation praticamente ovunque. Nel caso però vogliate usarlo con il PC, potrete sfruttare il software Novation per poter ampliare ulteriormente le funzioni del prodotto, aggiungendo effetti, ritardi e riverberi. Trattandosi di un modello ‘entry level’, non permette di creare poliritmie o ritmi complessi con il drumkit, cosa che però potrete fare in fase di programmazione. 

 

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Ultimo aggiornamento: 26.04.24

 

Principale vantaggio

Il Volca Sample va ad arricchire la già nutrita linea di sintetizzatori Korg, presentandosi con un suono di buon livello e un layout intuitivo, ideale se siete alle prime armi. Potrete selezionare diversi campioni base e alterarne il suono a piacimento grazie ai controlli dell’interfaccia, in modo da trovare il sound adatto per ogni loop e composizione. Proprio questa sua immediatezza lo rende un sequencer particolarmente indicato per le esibizioni dal vivo, in quanto potrete subito cambiare i campioni e i suoni, creando nuovi loop al volo per sorprendere il pubblico. 

 

Principale svantaggio

È possibile alimentare il Korg tramite connessione alla rete elettrica oppure usando la batteria. L’alimentatore però non è incluso nel prezzo e dovrete comprarlo separatamente, un acquisto quasi obbligato visto che l’autonomia della batteria non è sufficiente per un utilizzo prolungato. La mancanza dell’alimentatore fa storcere il naso, ma è un difetto accomunabile a molti sequencer delle migliori marche. 

 

Verdetto: 9.7/10

Un sequencer di alto livello venduto a un prezzo molto interessante, specialmente se comparato alla qualità del suono e dei componenti. È un prodotto che può andare bene se siete alle prime armi, così come se avete una buona esperienza nell’utilizzo di sequencer e sintetizzatori. Il suono preciso, l’interfaccia intuitiva e la rapidità d’uso rendono il Korg un acquisto caldamente consigliato specialmente se amate suonare dal vivo. Il nostro verdetto è molto positivo, sebbene non possiamo dare al prodotto il massimo del punteggio, in quanto la mancanza dell’alimentatore (da comprare separatamente) e l’autonomia ridotta della batteria sono difetti che pesano non poco sul giudizio finale. 

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DESCRIZIONE CARATTERISTICHE PRINCIPALI 

 

Suono 

Quando si sceglie un sequencer è importante tenere conto di diversi fattori, uno dei più importanti è il suono. Il Korg Volca Sample è un modello particolarmente indicato per suonare dal vivo, quindi è importante che i campioni risultino precisi, con un suono il quanto più fedele possibile. In questo caso possiamo ritenerci soddisfatti, in quanto il campionatore a da 31.25khz/16 bit vi permette di esprimervi con la massima chiarezza. 

La polifonia a otto voci consente di controllare più campioni contemporaneamente, in modo da creare loop di diverso tipo e personalizzare le vostre esibizioni. L’equalizzatore analogico si comporta molto bene, permettendovi di aggiustare i bassi e gli alti con una buona dinamica. Una soluzione ideale se volete abbinare il sequencer alla vostra postazione da DJ, o magari usarlo con altri sintetizzatori Korg grazie ai quali creare la configurazione perfetta. 

Interfaccia 

Uno dei punti di forza del Korg è la sua interfaccia che può accontentare sia gli utenti più esigenti in cerca di un sequencer completo, sia i principianti che devono impratichirsi con le varie funzioni del sequencer. Il layout è composto da sedici step che attiveranno il suono campionato, mentre nella matrice superiore ci saranno tutti i comandi per le varie alterazioni. Grazie alla pratica manopola ‘sample’ potrete modulare il suono, scegliendo tra moltissimi effetti per ogni campione diverso. 

Tutti i controlli sono disposti in modo chiaro e ordinato sul sequencer, così potrete trovare quello che vi serve quando suonate dal vivo, ideale se vi piace improvvisare. Non mancano le varie entrate midi, per le cuffie e per la connessione di altri sintetizzatori grazie alle quali potrete allestire la vostra stazione sonora o magari collegare il sequencer al PC per la produzione musicale. 

 

Funzioni

Per quanto riguarda le funzioni, il sequencer Korg vi permette di sbizzarrirvi nella creazione di loop e campioni diversi. Avrete a disposizione diversi effetti come il riverbero e il cambio di intonazione che vi potranno tornare molto utili per differenziare i vari loop e suoni, dando personalità alle vostre esibizioni dal vivo o alle produzioni in studio. Grazie al Motion Sequencer il Korg è in grado di registrare i movimenti delle manopole per modificare il suono in modo dinamico, inoltre potrete usare diversi parametri per concatenare fino a sedici sequenze. 

Non manca la possibilità di registrare i loop e di resettare i campioni, in modo da poter ricominciare la programmazione da zero. Il Korg è alimentabile con sei pile di tipo AA, sebbene la durata effettiva in questo caso potrebbe risultare poco soddisfacente. In alternativa potrete usare l’alimentatore da collegare all’apposito ingresso, ma dato che non lo troverete incluso nella confezione sarete costretti ad acquistarlo separatamente. 

 

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