Ultimo aggiornamento: 26.04.24

 

Programmare basi musicali usando diversi software può rivelarsi più semplice del previsto, anche senza nozioni di musica.          

 

Il mondo della musica moderna è strettamente legato alla produzione di basi musicali. La maggior parte degli autori infatti canta su basi per canzoni preregistrate, dove spesso e volentieri vengono utilizzati degli strumenti campionati. Se fino a qualche anno fa i sample degli strumenti avevano un suono poco autentico, grazie alle moderne tecnologie è possibile campionare chitarra, batteria, basso e addirittura intere sezioni di archi in modo eccellente, per poi riutilizzarli nella produzione. 

Chiaro, non tutti i produttori o gli autori usano questo metodo, c’è ancora chi preferisce chiamare i cari vecchi ‘turnisti’ in studio e registrare dal vivo. Come potete immaginare però, usare dei campioni costa molto di meno che ingaggiare dei musicisti professionisti, inoltre permette anche ai produttori amatori di creare delle basi personalizzate interessanti. Bisogna comunque tenere conto che i campioni di alta qualità e i software per la produzione musicale professionali costano tantissimo, quindi per cominciare è necessario partire da qualche programma gratuito o dalle demo. 

 

Come creare una base musicale dal nulla?

Potreste pensare di dover necessariamente conoscere la teoria musicale o perlomeno suonare uno strumento, ma in realtà creare basi musicali non necessita di alcuna preparazione. Chiaramente, musicisti navigati saranno decisamente avvantaggiati e potranno comporre basi più complesse nel giro di pochi giorni. Dopo aver iniziato a produrre qualche base, se volete aumentare il livello qualitativo della vostra musica, potete considerare di studiare un minimo di teoria.

Ma ora pensiamo a cosa vi serve per iniziare. Prima di tutto, dovete sapere che il mondo della musica è decisamente costoso, quindi potreste pensare di dover spendere il proverbiale occhio della testa per comprare la giusta attrezzatura tecnica come casse, scheda sonora e controller di alta qualità. 

In realtà per i principianti non è consigliabile partire con strumenti costosi, perché per forza di cose non riuscirete a sfruttare a pieno il loro potenziale per creare basi musicali professionali. In secondo luogo, non è detto che la produzione delle basi vi appassioni al punto da voler investire molto tempo, di conseguenza è inutile spendere tantissimi soldi per comprare attrezzatura di qualità per poi abbandonarla dopo qualche mese di prove. Ad esempio, se vuoi cimentarti nel DJing, potrete tranquillamente comprare una console DJ economica per cominciare ad allenarti nel mixing senza spendere troppo, usando delle app per mixare musica

Oltre all’attrezzatura, un errore molto comune è quello di comprare costosi software per la programmazione musicale professionali, come ad esempio il Pro Tools. Questi programmi è meglio lasciarli a chi ha già una buona esperienza nella produzione. 

Per cominciare quindi basteranno le casse del PC o laptop, un programma o un’app per comporre musica, tanta creatività e un po’ di pazienza. Questi software sono conosciuti con i nomi di Sequencer e Daw, quindi potrete trovare questi termini durante la tua ricerca. Dato che sul mercato ci sono davvero tantissimi Sequencer, conviene sempre provare le versioni ‘lite’ o le ‘demo’.

Fondamentalmente la maggior parte degli sviluppatori di programmi e app per fare musica mettono a disposizione versioni gratuite o di prova dei loro programmi che dispongono di funzionalità limitate, ma comunque sufficienti per poter cominciare a produrre basi. Per questo potrete provarne diversi e trovare quello che vi piace di più a livello di interfaccia. Tenete conto che i produttori musicali solitamente usano uno o massimo due sequencer o Daw dei quali conoscono alla perfezione tutte le funzioni, per questo è consigliabile puntare su un solo programma e approfondirlo, proprio come se stesse studiando uno strumento musicale. 

I primi basilari passaggi 

Una volta scelto il programma, dovrai leggere le istruzioni base che vi serviranno per cominciare la produzione della tua prima base. Uno dei consigli principali per creare musica è quello di partire dal ritmo, usando il kit dei sample della batteria o di una drum machine. Impostate il programma sui 4/4, tempo base sul quale si basa la maggior parte della musica moderna. Un ritmo semplice è composto da cassa, rullante, charleston e magari un crash per dare l’accento alla fine di ogni battuta. 

Dopo il ritmo, passate alla melodia della base musicale. Non dev’essere necessariamente una melodia composta da molti strumenti, a volte bastano una linea di basso e magari qualche sample di chitarra o pianoforte per far funzionare il tutto. Una volta create le prime quattro battute, ascoltatele e magari provate a fare qualche modifica sulla batteria, aggiungendo o togliendo elementi per raggiungere il ‘groove’ che più vi convince. 

Ora, sebbene le prime battute suonino bene, non potete certo ripeterle all’infinito. La tentazione di copiare\incollare il tutto all’infinito sarà molta, ma ricordate sempre di adattare la vostra base al genere musicale. In generale potete creare un intro di due o quattro battute, con una strofa di quattro\otto (a seconda del genere), per poi passare ad un ritornello e poi tornare alla strofa. 

Ogni parte del brano dovrà avere qualche particolarità, magari potete creare un intro con una batteria diversa per poi cambiarla nella strofa, mantenendo però la stessa melodia. Nel ritornello invece conviene cambiare il tutto, tenendosi sulla stessa scala musicale o addirittura cambiandola. Nei generi musicali più complessi si usa anche passare da un tempo all’altro, variando ritmi, armonie e creando anche degli ‘outro’ per chiudere il brano. 

L’ascolto di altri artisti dei vostri generi preferiti è imperativo: nessuno nella musica nasce genio, c’è sempre qualche artista che ispira altri con il suo ‘linguaggio’, quindi aprite i vostri orizzonti. I produttori sono solitamente persone con una grande cultura musicale, non limitata al loro genere. 

 

 

Ultimo aggiornamento: 26.04.24

 

La morte dell’ormai leggendario cantante dei Doors è ancora motivo di discussione tra gli appassionati di musica rock. 

 

Se amate il rock, l’hard rock e l’heavy metal, probabilmente avete sentito parlare almeno una volta del Club 27. Questo particolare nome fu creato dai critici musicali per racchiudere tutti i rocker famosi deceduti all’età di 27 anni. Tra questi troviamo artisti più recenti come Amy Winehouse e Kurt Cobain, così come tre leggende del rock settantiano, ovvero Jimi Hendrix, Janis Joplin e James Douglas Morrison, in arte Jim Morrison

Jim Morrison e la sua morte sono stati oggetto di discussioni tra gli appassionati, ma prima di parlarne è bene conoscere qualcosa in più sul personaggio e sulla sua carriera nei The Doors. 

Il frontman del gruppo rock psichedelico The Doors è stato probabilmente la rappresentazione vivente di cosa ci si poteva aspettare (e forse ci si aspetta ancora, un po’ ingenuamente) da una rockstar. Amante della poesia (specialmente quella francese) e dell’arte in generale, oltre che ovviamente della musica, di bell’aspetto, amante dell’alcool e delle droghe, dalla voce profonda e dalla capacità di creare testi maledetti, Jim Morrison non si è mai tirato indietro dal provocare il sistema e anche le forze dell’ordine. Soprannominato lo ‘Sciamano’, Jim Morrison viveva le esibizioni dal vivo come dei veri e propri riti, trasformando gli eventi in una sorta di cerimonia. 

Probabilmente, anche se siete molto giovani, avrete ascoltato almeno una volta un brano dei The Doors, oppure lo avrete trovato sul vostro canzoniere per chitarra. I brani della band, caratterizzati dalla tastiera di Ray Manzarek, venivano quasi recitati da Jim Morrison con la sua voce profonda e graffiante. Le canzoni di Morrison affrontavano spesso temi poco allegri e anche quando cantava testi più rilassati, riusciva comunque a dare un tocco di malinconia al brano. 

Ciò che Morrison portava nella musica e sul palco era la sua intimità, si lasciava andare in tutto e per tutto, spesso facendo uso di droghe per cercare di rompere il ‘velo’ della realtà. Nel 1970, durante un Tour dei Doors che comprendeva tappe negli Stati Uniti, in Canada, a Londra e a Parigi, Jim Morrison cominciò a dare i primi segni di cedimento nei confronti della musica e della sua band. Il cantante era ormai esausto dalla sua vita da rockstar, al punto da prendersi una pausa per trasferirsi nella sua amata Parigi.

Secondo alcune fonti, Morrison Jim decise di vivere a Parigi per ritrovare se stesso, nel luogo dove avevano vissuto Baudelaire, Verlaine e Rimbaud, i suoi poeti preferiti. Non solo, ma Jim Morrison portò con sé anche diversi scritti e due pellicole dei suoi lavori da regista che avrebbe voluto completare con la nota regista Agnès Varda. 

A Parigi continuò la sua storia con la sua storica compagna Pamela Courson, con la quale alloggiò all’Hotel George V a pochi passi dagli Champs-Élysées. In seguito andarono a vivere a casa della modella Elizabeth Lariviere, in un elegante palazzo nel quartiere di Saint Paul-Le Marais. 

Qui i due trascorsero quasi un anno, durante il quale Jim Morrison iniziò ad accusare crisi d’asma e ad avere una forte tosse che ogni tanto lo portava ad espettorare sangue. Bisogna ovviamente tenere conto del fatto che Jim Morrison e Pamela Courson non avevano certo smesso di bere, di fumare e di drogarsi durante il loro soggiorno parigino. L’uomo era ingrassato e, a detta di alcuni critici musicali, girava per Parigi come se fosse l’ombra di se stesso, privo di qualsiasi tipo di energia e contento solo di fermarsi con Pamela nei vari bar per bere. La stessa Pamela si procurava l’eroina frequentando la nobiltà parigina, nello specifico Jean de Breteuil, pusher dell’alta società parigina conosciuto anche come il ‘’Conte’’.  

Il 3 luglio del 1971, dopo essersi coricato, Jim Morrison cominciò a vomitare e rantolare, poi dopo essersi ripreso decise di farsi un bagno caldo. Verso le 8 di mattina, Pamela si alzò per andare in bagno e trovò il corpo esanime di Jim Morrison nella vasca. Un pompiere arrivato dopo la chiamata di soccorso, provò a rianimare Morrison ma senza successo. Il medico legale arrivò solo verso le 11 e dopo un’analisi tutt’altro che meticolosa, dichiarò Jim Morrison morto per arresto cardiaco. 

Jim Morrison fu sepolto al cimitero di Père-Lachaise, dove la sua tomba è ancora oggetto di pellegrinaggio da parte di molti appassionati. 

Come per ogni rockstar, anche la morte di Jim Morrison ha visto una serie di teorie particolari ordite dai soliti complottisti. Un cantante rock morto genera sempre ogni tipo di speculazione, una sorta di morbosa ricerca della bugia nascosta, generata probabilmente dalla difficoltà di accettare la mortalità di esseri umani come noi che però vengono visti come degli dei. Alcuni vogliono che ci sia stata addirittura dietro la CIA, intenzionata ad eliminare artisti e musicisti potenzialmente pericolosi, in quanto in grado di inneggiare le masse contro il governo di Nixon e la guerra del Vietnam. 

Ancora più bizzarra è la classica teoria della morte inscenata. Morrison avrebbe più volte dichiarato di voler mettere in scena la sua morte per potersi ritirare ad una vita più pacifica. L’analisi frettolosa del medico e Pamela come unica testimone, hanno fatto immaginare agli appassionati che Morrison abbia ordito una meticolosa messa in scena, per poi ritirarsi alle Seychelles o in Africa.  

In realtà, considerata la vita assolutamente sregolata e di totale abbandono di Morrison, resta plausibile la morte per cause naturali, dovuta al mix di droga, alcool e fumo al quale lui e Pamela si sottoponevano giornalmente. Non è un caso che anche la donna morì qualche anno dopo di overdose, infelice senza il suo amato Jim, nonostante fosse la sua unica ereditiera. 

Nonostante quindi le varie teorie, Jim Morrison se n’è andato prematuramente, così come tanti altri artisti che avrebbero potuto dare ancora molto alla musica rock. 

 

 

Ultimo aggiornamento: 26.04.24

 

Scopriamo quali sono i giri armonici per chitarra più famosi e utilizzati nella musica pop e rock, per muovere i primi passi sullo strumento.

 

I mesi di apprendimento iniziali sulla chitarra sono decisamente dolorosi. I calli, lo stretching delle dita e delle mano e il temutissimo barrè spesso fanno desistere i principianti più della teoria e della tecnica. D’altronde la chitarra, sebbene sia uno strumento un filo più immediato di altri, si rivela di una profondità immensa in quanto permette di suonare tantissimi generi musicali. 

I principianti però sono soliti cominciare da alcuni esercizi base (spesso sulla scala cromatica), realizzati appositamente per prendere dimestichezza con lo strumento e iniziare a sciogliere un po’ le dita. Sebbene sia consigliabile impratichirsi un po’ prima di passare agli accordi, molti autodidatti preferiscono cominciare subito a imparare i giri armonici. 

I maestri più oltranzisti potrebbero giustamente rabbrividire e considerarla una vera e propria eresia, ma in realtà molti chitarristi famosi del calibro di Jimi Hendrix, Stevie Ray Vaughan e svariate generazioni di musicisti blues hanno cominciato proprio così.

I giri armonici sulla chitarra d’altronde sono un modo rapido per imparare gli accordi maggiori e minori, ovvero quelli più usati nel pop e nel rock. 

Ma cos’è un giro armonico? Fondamentalmente si tratta di una successione di accordi della stessa tonalità, costruiti sui quattro gradi della scala maggiore. Ad esempio il famosissimo giro di Do è composto dal primo, secondo, quinto e sesto grado della scala maggiore, ovvero Do, Re minore, Sol 7 e La, suonati però con questo ordine: Do, La minore, Re minore e Sol 7. Il quinto grado, ovvero il Sol, viene suonato in settima in quanto ha un valore risolutivo e chiude il giro, permettendo di ricominciare dal Do. 

Lo schema dei giri armonici si ripete per ogni tonalità, quindi per trovarli non dovrete fare altro che mettere in successione il primo grado, sesto grado, secondo grado e quinto grado. Il primo grado sarà maggiore, il sesto e il secondo minori, mentre il quinto sarà sempre una settima. 

Prendiamo un altro giro armonico, ovvero quello di Sol per chitarra. Questo si compone di Sol, Mi minore, La minore e Re 7, applicando la stessa regola teorica del giro di Do sulla chitarra.

Se siete un po’ confusi non preoccupatevi, la teoria musicale fa questo effetto un po’ a tutti, almeno le prime volte. Non dovrete comunque necessariamente impararla per suonare i giri armonici, in quanto potrete trovare quelli maggiori qui riportati:

 

Giro di Do maggiore: Do, La minore, Re minore, Sol 7

Giro di Sol maggiore: Sol, Mi minore, La minore, Re 7

Giro di Re maggiore: Re, Si minore, Mi minore, La 7

Giro di Mi maggiore: Mi, Do# minore, Fa# minore, Si 7

Giro di Fa maggiore: Fa, Re minore, Sol minore, Do 7

Giro di La maggiore: La, Fa# minore, Si minore, Mi 7

Giro di Si maggiore: Si, Sol# minore, Do# minore, Fa# 7

Ora, per gli accordi in diesis (il simbolo #) e per il Fa maggiore e minore solitamente si utilizza il barrè. Questa particolare tecnica consiste nell’usare il dito indice per premere più corde su un singolo tasto della tastiera. 

Per suonare bene il barrè occorre una combinazione di tecnica e forza, ma dato che non a tutti i chitarristi riesce (anche a quelli più bravi), molti preferiscono usare il capotasto oppure posizioni alternative di accordi che però vanno studiate quando si ha un minimo di dimestichezza con lo strumento. Il Si minore sulla chitarra ad esempio va suonato con il barrè, così come il Fa maggiore sulla chitarra è uno degli accordi per principianti più ostici. 

Il capotasto permette di bloccare i tasti, come se fosse una sorta di barrè artificiale, in modo da consentire al musicista di suonare in diverse tonalità senza dover usare il faticoso barrè. 

Ad ogni modo, se siete alle prime armi, vi consigliamo comunque di allenarvi con gli accordi in barrè per due motivi principali. Prima di tutto potrete sviluppare una buona tecnica nel passaggio dei vari accordi, cosa che vi tornerà utile in tutti i generi musicali. In secondo luogo, il barrè vi permette di sviluppare forza ed eseguire facilmente gli accordi in #. Ad esempio per eseguire il Fa # non dovrete fare altro che spostare di un tasto l’accordo di Fa. 

Tornando ai giri armonici maggiori, suonandoli noterete che la melodia è molto simile, questo perché anche cambiando tonalità la costruzione sarà sempre la stessa. Ad ogni modo, vi suggeriamo di imparare e praticare tutti i giri armonici sulla chitarra, in quanto vi torneranno utili nello studio delle canzoni pop e rock più famose e vi aiuteranno a imparare gli accordi di chitarra più conosciuti. 

Per ottenere risultati migliori, aiutatevi con un metronomo e partite lentamente. Cercate di effettuare tutti i passaggi con calma, in modo da poter lasciare il tempo alla mano di abituarsi. Per verificare il suono dell’accordo, toccate con il plettro (o con le dita) ogni singola nota.

Ricordate inoltre di fare delle pause di tanto in tanto, specialmente quando sentite qualche doloretto alle dita e alle mani. Dovete dare il tempo ai muscoli di abituarsi e ai calli di formarsi, quindi per cominciare basterà allenarsi venti minuti o mezz’ora al giorno, aumentando progressivamente in base alla vostra resistenza. 

Una volta fatta un po’ di pratica con il barrè e con le settime, potete provare qualche giro diverso, come quello tradizionale del blues minore in 12 barre. Ricordate che il Do 7, così come il La 7 sulla chitarra si possono suonare con il barrè o in posizioni aperte:

 

Do minore 7 – Fa minore 7, Do minore 7, Do 7

Fa minore 7 – Fa minore 7 – Do minore 7 – Do minore 7

La bemolle 7 – Sol 7 – Do minore 7 – Sol 7

 

 

Ultimo aggiornamento: 26.04.24

 

Anche i rapper hanno un cuore e spesso scrivono canzoni d’amore. Scopriamo quali sono le più belle e romantiche. 

 

Le canzoni rap e l’amore sentimentale sono uno strano connubio che il più delle volte non riesce proprio benissimo. Diciamo che intorno al genere è sempre girato un certo ‘machismo’, con le donne rappresentate come oggetti da conquistare e poi da buttare via, spesso denigrate nelle frasi delle canzoni rap. Fa tutto ovviamente parte dell’iconografia ‘dura’ che lentamente si è poi un po’ più sciolta nel corso degli anni, con la formazione dei vari sottogeneri. 

Nel gangsta rap l’amore è solo carnale, nel boom bap di New York non è neanche contemplato, in quanto ci si concentra al massimo sui problemi del ghetto, spesso sfociando nella politica. Con gli A Tribe Called Quest e in alcuni brani di 2pac si comincia a cambiare un po’ registro e a dare un filo di spazio in più all’amore. Nel periodo di esplosione del genere, tutti i rapper famosi avevano una traccia dedicata all’amore, spesso per volere dei produttori. 

In Italia, paese della canzone d’amore per eccellenza, i rapper si sono spesso destreggiati in brani più smielati, con risultati a volte buoni, a volte da dimenticare. Il rap italiano è infatti pieno di canzoni d’amore, ma in questa guida vi proporremo anche diversi brani composti da artisti statunitensi. In ogni caso, se la vostra dolce metà adora il rap, potete pensare di dedicare una bella canzone d’amore. Qui di seguito ve ne proponiamo alcune delle migliori delle quali potete imparare il testo e cantarlo con il vostro microfono karaoke

Common – The Light

Brano prodotto dal compianto J-Dilla, The Light di Common è una tipica produzione del DJ di Detroit, con quel vibe che cattura e trasporta. Sul beat, il sempre ottimo flow di Common che dedica la canzone alla sua anima gemella. 

 

Goodie Mob – Beautiful Skin

Impossibile resistere al ritmo e al ritornello di questo splendido brano dei Goodie Mob. Il ‘dirty south’ nella sua forma migliore insieme ai primi lavori degli Outkast, i Goodie Mob riescono a trasportare l’ascoltatore con le loro voci particolari, il loro flow unico e ovviamente le strepitose produzioni degli Organized Noize. 

 

Method Man – Break ups 2 Make ups

Non tutte le storie d’amore vanno a buon fine, lo racconta Method Man in questo splendido featuring con D’Angelo, presente sull’album Judgement Day. Caratterizzato da un’ironia tagliente e da una produzione con un campione di chitarra un po’ latino, questo brano parla della fine di una relazione. L’inconfondibile voce di D’Angelo sul ritornello accompagna Method Man nel suo ottimo storytelling. 

LL Cool J – I Need Love

Con un nickname come Ladies Love Cool James non si può sbagliare, specialmente se cercate canzoni rap d’amore. LL Cool J è un po’ il latin lover del rap, una superstar del suo tempo che spesso ha scritto canzoni d’amore. La qualità delle sue canzoni e dei suoi testi rap è discutibile, così come la sua personalità che lo ha portato a facili ‘dissing’ (storico quello con Canibus). Sotto il suo aspetto un po’ da ‘venduto’, LL Cool J è un rapper capace di scrivere anche brani più duri. Intanto noi vi proponiamo I Need Love che potrebbe vincere il premio come canzone rap più smielata di tutti i tempi. 

Neffa – Aspettando il sole

Brano leggendario di uno dei migliori cantanti rap italiani. Il disco I Messaggeri della Dopa lancia la carriera solista di Neffa dopo i Sangue Misto, colpendo dritto al cuore con questo singolo. Se siete cresciuti negli anni ‘90 probabilmente l’avete sentita almeno una volta. Il testo toccante parla di una relazione finita, ma c’è anche della speranza di ricominciare o magari di riprendere un rapporto ormai agli sgoccioli. Insomma, un brano che può bruciare qualsiasi canzone trap sul mercato. 

 

Speranza – IRIS

Probabilmente uno degli artisti rap italiani più autentici degli ultimi anni, con una voce che ricorda un po’ l’hardcore degli M.O.P. e la capacità di scrivere testi diretti, senza troppi fronzoli. Capace di cantare in italiano, napoletano e francese, Speranza ci regala una delle canzoni d’amore ‘da strada’ più crude e con un testo da incorniciare. 

Outkast – Slum Beautiful

Abbiamo parlato dei Goodie Mob, quindi ci sembra il caso di inserire anche i loro ‘cugini’ Outkast nella classifica. Stankonia è il disco della svolta mainstream della band che passa a lidi più ‘pop’, ma mai banali. Slum Beautiful mantiene il classico suono ispirato a George Clinton, con gli Organized Noize in gran spolvero. Un ottimo connubio tra il rap e la psichedelia, Slum Beautiful è un piccolo gioiello da ascoltare, tra l’altro con un featuring di Cee-Lo dei Goodie Mob ad impreziosire il tutto.

 

A Tribe Called Quest – Bonita Applebum

Il suono ‘vibe’ degli A Tribe Called Quest con le voci e il flow di Q-Tip e Phife Dawg sono una ricetta perfetta per il rap più ‘romantico’. Il gruppo però non si è mai lasciato andare alla banalità, scrivendo belle canzoni d’amore senza mai risultare troppo sdolcinate. Bonita Applebum è un esempio della loro bravura e intelligenza, un brano contenuto nell’album di esordio tra il jazz e il rap. 

 

La Famiglia – Femmena

La Famiglia è stato l’unico vero gruppo rap napoletano capace di creare il connubio perfetto tra tradizione e modernità. Quarantunesimo Parallelo è un capolavoro del rap italiano, troppo poco citato e spesso sottovalutato dai più, forse un po’ troppo concentrati sulle sgolate e l’extra beat degli artisti partenopei più moderni. Femmena è un connubio tra romanticismo e amarezza, con una base che ci fa fare un bel tuffo negli anni ‘90, l’era d’oro del rap. 

De La Soul – Eye Know

Nel mondo del rap dominato da tizi resi duri dalla vita nel ghetto, i De La Soul mostravano a tutti che anche dei normalissimi ragazzi potevano sfondare nel rap. Consapevoli, divertenti e con testi di un’intelligenza davvero sopraffina, i De La Soul sono stati una band leggendaria. Eye Know è una bellissima canzone d’amore, quello vero e maturo nel quale si cerca una persona con la quale costruire una vita insieme. Una canzone d’amore da dedicare a lui o a lei. 

 

 

Ultimo aggiornamento: 26.04.24

 

Il Re della musica pop ci ha lasciati nel 2009, dopo una vita di successo, ma anche di problemi legati alla sua infanzia decisamente difficile. Scopriamo i suoi brani più iconici.

 

Negli anni ‘80 e nei primi del ‘90 Michael Jackson dettava legge nel mondo della musica pop. Dopo l’esperienza maturata durante l’infanzia nei Jackson 5 gestiti dal padre-padrone Joe Jackson, Michael si lanciò nella carriera da solista, ottenendo un successo strabiliante. 

Merito della fusione tra il funk degli esordi, l’hard rock e la vena tipica del pop degli anni ‘80 che sfruttava synth e campionatori. La sua voce magnetica e unica, si univa agli altrettanto originali passi di danza che rendevano i concerti dal vivo e i suoi videoclip assolutamente esplosivi. 

In quegli anni il Re del Pop dominava la scena, andando anche fuori dai confini della musica e approdando sul grande schermo, nei videogame (chi si ricorda di Moonwalker per Sega Mega Drive?) e addirittura a Disneyland con il cortometraggio 3D esclusivo prodotto da George Lucas e diretto da Francis Ford Coppola, ovvero Captain EO. 

Sono ovviamente però le sue canzoni ad essere rimaste nella storia. Vediamo quali sono le più famose. 

 

Michael Jackson: canzoni più famose

Thriller

Se siete cresciuti negli anni 80, vi ricorderete sicuramente del videoclip di Thriller e della trasformazione di Michael Jackson in licantropo, curata tra l’altro da Rick Baker, e del ballo degli zombie che è rimasto nella storia della musica. Prodotto da Quincy Jones come molti altri singoli di successo di Michael Jackson, Thriller è un brano costruito su una linea di basso accattivante e una chitarra funk, interrotte nel bridge dalla voce narrante di un mito del cinema horror: Vincent Price. Il ritornello ovviamente si pianta in testa e non si toglie più. Il testo di thriller di Michael Jackson si lega a tutto un immaginario horror, al punto che il brano è stato definito da molti come ‘gothic rock’.

 

Bad

Con una linea di basso coinvolgente, uno ‘snare’ aggressivo e un crescendo per il ritornello costruito alla perfezione, Bad è uno dei brani di Michael Jackson più famosi che nel 1987 continua a dominare le classifiche con il singolo e l’omonimo album. Al successo del singolo contribuisce il videoclip girato da Martin Scorsese, ispirato ai Guerrieri della Notte di Walter Hill e che vede due gang rivali (una di queste capitanata da Michael Jackson) sfidarsi a colpi di danza in metropolitana. 

 

Beat it

Jackson e Quincy Jones non hanno mai avuto problemi a mischiare il pop con altri generi musicali, anche con l’hard rock e l’heavy metal. In Beat It infatti vediamo due featuring mastodontici: i riff di Steve Lukather dei Toto e l’assolo fiammeggiante del grandissimo Eddie Van Halen. Probabilmente troverete la partitura dell’assolo su qualche canzoniere per chitarra rock, con il tapping funambolico tipico di Van Halen. Il brano contenuto in Thriller fu un’altra hit per Michael Jackson e viene ancora ricordato come uno dei brani crossover tra il pop e il rock più belli di sempre.

Billie Jean 

Tra le canzoni di Michael Jackson presenti in Thriller, Billie Jean è entrato nella storia per la mitica linea di basso a cura ovviamente del genio Quincy Jones. Michael Jackson come sempre a suo agio, tira fuori una performance vocale di altissimo livello, su un testo che è stato ampiamente criticato. Billie Jean infatti parla di un uomo che non riconosce la paternità dei figli avuti con una donna. Michael Jackson dichiarò che il testo era basato su un avvenimento accaduto ad uno dei fratelli, durante la carriera con i Jackson 5 per difendersi dalle critiche. Solo dopo diversi anni si scoprì che in realtà si trattava di un testo autobiografico, dove Michael Jackson criticava le centinaia di groupie che ogni tanto si presentavano con dei neonati chiedendo al cantante la paternità.

Smooth Criminal

Tra i passi di danza di Michael Jackson, quelli più famosi sono il Moonwalk e il 45 degree lean, ovvero l’inclinazione di 45 gradi che sfida la forza di gravità. Entrambi sono presenti nel video di Smooth Criminal, singolo estratto dall’album Bad e usato anche nel film Moonwalker. Il brano non si discosta molto dal classico stile di Quincy Jones, con chitarra funk e linea di basso sempre memorabile. Come altri videoclip, anche Smooth Criminal è un vero e proprio cortometraggio, questa volta ispirato agli anni ‘30, a Frank Sinatra e al capolavoro di Carol Reed: Il Terzo Uomo. Il testo di Smooth Criminal è coerente con il video e con la musica: parla infatti di un omicidio. 

 

Black or White

Con l’album del 1991 intitolato Dangerous, Michael Jackson si separa dallo storico produttore Quincy Jones. Questo però non abbassa di certo la qualità delle sue canzoni e Black or White ne è un esempio. La vena funk degli esordi viene sostituita da un riff di chitarra hard rock, mordente e convincente con una breve strofa rap e un bridge aggressivo. La produzione risponde a standard più moderni, senza però snaturare lo stile tipico del Re del Pop. Il messaggio del testo di Black or White è sia una difesa di Michael Jackson dalle accuse di razzismo (dopo l’intervento per lo schiarimento della pelle) sia un bellissimo messaggio di uguaglianza, ripreso anche nel video. A tal proposito, il videoclip di Black or White di Michael Jackson vede la partecipazione di Macaulay Culkin, bambino prodigio di Hollywood degli anni ‘90 protagonista del mitico film Mamma ho perso l’aereo.

Don’t stop ‘til you get enough

Va bene, tutti ricordiamo Michael Jackson con la giacca rossa, vestito da investigatore privato e trasformato in un licantropo, ma nel 1979 il brano Don’t stop ‘til you get enough resta comunque una vera bomba funk. Tratto dal fantastico disco Off the wall, prodotto da Quincy Jones, Don’t stop ‘til you get enough è uno dei brani più famosi di Michael Jackson prima che diventasse famoso in tutto il mondo. Ovviamente la produzione è legata alla musica di quel periodo, quindi al ritmo catchy del funk e ad uno stile canoro più conforme al genere, con un breakdown da big band dove però si sente già il legame con il rock, grazie ad un assolo di chitarra. Il videoclip è quanto più classico possibile: Michael Jackson da giovane vestito elegante balla e canta su una scenografia fissa. 

 

 

Ultimo aggiornamento: 26.04.24

 

Cuffia da studio – Consigli d’acquisto, Classifica e Recensioni

 

Tra le migliori cuffie da studio utilizzate da musicisti e audiofili troviamo le OneOdio Over-Ear Professionali, dotate di altoparlanti da 50 mm con magneti al neodimio per restituire un suono perfettamente definito e bilanciato anche alle basse frequenze. A seguire, le AKG Closed Back K92, caratterizzate da un buon isolamento dai rumori esterni e un ottimo rapporto qualità/prezzo. Questi sono solo alcuni esempi di ciò che troverete nella nostra guida all’acquisto, quindi mettetevi pure comodi e lasciatevi ispirare dai nostri consigli per scegliere le migliori cuffie da studio per le vostre esigenze.

 

 

Tabella comparativa

 

Pregio
Difetto
Conclusione
Offerte

 

 

 

Le 8 migliori cuffie da studio – Classifica 2024

 

Scegliere le migliori cuffie da studio del 2024 non è stato semplice. Per farlo, abbiamo valutato e testato alcuni fattori fondamentali, tra cui la risposta in frequenza, la nitidezza del suono, l’impedenza e, non ultima, la comodità sia in termini di uso prolungato sia sul fronte del comfort acustico. Ecco quali sono i risultati della nostra comparazione.

 

Cuffie professionali da studio

 

1. OneOdio Cuffie Over Ear Professionali per Monitoraggio

 

Molti i pareri positivi su queste cuffie professionali da studio a marchio OneOdio, che conquistano la vetta della nostra classifica grazie al suono neutro e bilanciato in tutte le frequenze. I driver da 50 mm con magneti al neodimio restituiscono bassi corposi e potenti, che nella pratica appaiono ben collocati nello spettro sonoro, con un livello di volume perfettamente amalgamato tra la gamma bassa e quella alta.

I padiglioni auricolari girevoli a 90° e l’archetto regolabile offrono un’esperienza d’ascolto chiara e confortevole, potendo fare affidamento su un cavo lungo tre metri, in perfetto stile DJ, che garantisce la massima libertà di movimento per accedere comodamente alla propria attrezzatura per il monitoraggio del suono.

I connettori da 3,5 e 6,35 mm permettono di collegare amplificatori, console di missaggio e la maggior parte delle sorgenti audio, offrendo una gamma dinamica molto estesa a prescindere dal tipo di dispositivo associato.

 

Pro

Suono lineare: I driver da 50 mm al neodimio offrono una qualità audio di ottimo livello che permette di ascoltare le tracce musicali con grande precisione e un buon bilanciamento tra le frequenze.

Isolamento: Notevole anche il noise cancelling, che riduce i rumori di fondo indesiderati per un ascolto più chiaro e pulito.

Cavo: Abbastanza lungo, non obbliga a stare troppo vicini al dispositivo a cui vengono collegate, così da poterle usare comodamente.

 

Contro

Materiali: Cuffie molto confortevoli e leggere, ma costituite da materiali non particolarmente resistenti, soprattutto a livello dell’archetto e dei supporti snodabili.

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Cuffie chiuse da studio

 

2. AKG Cuffie da Monitoraggio Closed Back K92

 

Se vi siete già addentrati nel settore dell’audio recording, avrete sicuramente sentito parlare della marca AKG, produttrice di strumenti e dispositivi audio di buon livello.

Sebbene queste cuffie chiuse da studio non rientrino di certo tra quelle professionali, vanno più che bene per cominciare a muovere i primi passi nel mondo del Mixing e Mastering: la risposta in frequenza è piuttosto estesa, oscillando tra 16 Hz e 22 kHz, con un’impedenza di 32 Ohm e una sensibilità di 113 dB SPL/V.

Per quanto riguarda l’accuratezza del suono, gran parte del merito è da attribuire al design a fascia chiusa sul retro che assicura un eccellente isolamento dai rumori esterni, consegnando uno spettro sonoro molto ampio. I bassi, come da consuetudine nelle cuffie da studio entry level, non sono particolarmente predominanti, mentre i medi e gli alti risultano sorprendentemente nitidi e definiti.

 

Pro

Struttura: Il design è di quelli che fanno alzare lo sguardo: originale e ricercato, si affida a due ampi pad che coprono e circondano completamente l’orecchio per garantire un maggior isolamento acustico.

Praticità: Il fatto che siano notevolmente snodate, con la possibilità di ruotare i padiglioni auricolari in vari sensi, permette di riporle occupando pochissimo spazio.

Qualità audio: L’apporto in fase di mixing e mastering è notevole grazie a una qualità sonora molto elevata e una risposta in frequenza piuttosto ampia.

 

Contro

Bassi: Il suono reso da queste cuffie è di buon livello, ma tende a enfatizzare troppo le alte frequenze a discapito di quelle basse.

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Cuffie da studio economiche

 

3. Superlux Cuffie da Studio HD681 Evo

 

Le Superlux HD681 Evo non brillano sul fronte del design e non presentano alcuna caratteristica particolare, ma ciò di cui invece possono vantarsi è di essere senza dubbio le cuffie da studio economiche più vendute e popolari del momento.

Oltre a garantire una qualità sonora abbastanza soddisfacente, si fanno apprezzare per la particolare semplicità d’uso che va incontro alle esigenze degli utenti alle prime armi, assicurando una risposta molto neutra soprattutto alle frequenze medio-alte.

Un altro dettaglio da non trascurare è la comodità offerta dai morbidissimi pads con imbottitura ergonomica, che attutiscono la pressione delle cuffie sulle orecchie e permettono di indossarle a lungo senza avvertire fastidi, grazie anche all’archetto regolabile che consente di farle aderire perfettamente alla testa.

 

Pro

Comode e leggere: Il principale punto di forza delle Superlux HD681 Evo è l’ottimo rapporto tra leggerezza e flessibilità, che le rende molto comode da indossare.

Economiche: Il costo conveniente di queste cuffie è un buon incentivo all’acquisto, specialmente per i musicisti e gli audiofili alle prime armi che vogliono padroneggiare la tecnica prima di passare a modelli più costosi.

Un buon entry level: Probabilmente non avranno la qualità audio migliore che si possa ascoltare, ma assolvono il loro compito piuttosto bene.

 

Contro

Materiali: Non sono proprio di altissima qualità, ma considerato il prezzo economico la cosa non stupisce più di tanto.

Isolamento acustico: Per lo stesso motivo, l’isolamento sonoro non è assolutamente paragonabile a quello dei modelli più blasonati e performanti.

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Cuffie monitor da studio

 

4. Neewer Cuffie da Studio Monitor Con Driver “Loudhailer” NW 3000

 

Neewer ha realizzato un paio di cuffie monitor da studio molto versatili e di facile utilizzo. Grazie alla bassa impedenza e all’adattatore incluso nella dotazione si possono collegare anche a dispositivi di utilizzo quotidiano, come smartphone e tablet, rivelandosi ideali anche per il semplice ascolto di piacere della musica o per giocare ai videogame.

I padiglioni chiusi e l’imbottitura in schiuma memory, oltre a favorire l’allontanamento dei rumori esterni indesiderati, permettono di indossarle per parecchie ore consecutive all’insegna del comfort e dell’ergonomia. Inoltre, si possono ruotare fino a un angolo di 180° per ascoltare i suoni in entrata con un solo orecchio e lasciare l’altro libero per quelli in uscita dalle casse.

Per quanto riguarda la qualità del suono, adottano un driver magnetico NdFeb da 45 mm che offre una risposta abbastanza neutra e precisa, con una gamma dinamica più ampia alle frequenze medio-alte e bassi strutturati che, però, non sono particolarmente predominanti.

 

Pro

Qualità costruttiva: Nonostante il costo accessibile, i materiali si sono rivelati piuttosto resistenti e longevi.

Rumori: I padiglioni auricolari ben imbottiti e aderenti garantiscono un buon isolamento dai rumori esterni, restituendo suoni molto definiti soprattutto sulle frequenze medio-alte.

Versatili: Grazie alla bassa impedenza e all’adattatore incluso nel parco accessori si possono collegare alla maggior parte dei dispositivi audio, compresi quelli di uso quotidiano come smartphone e tablet.

 

Contro

Bilanciamento: L’enfasi poco pronunciata sui bassi tende a limitare l’esperienza d’ascolto su tracce di matrice l’hip-hop, musica elettronica e rock; tenetene conto se lavorate prevalentemente con questi generi musicali.

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Cuffie da studio Shure

 

5. Shure Cuffie Professionali Da Studio SRH440-BK-EFS

 

I nostri consigli d’acquisto proseguono con le cuffie da studio Shure SRH440, un modello semi-professionale da utilizzare per le registrazioni, il missaggio o semplicemente per ascoltare la musica e apprezzarne ogni minima sfumatura. Grazie alla scelta dell’azienda di optare per una coppia di driver da 40 mm che coprono una gamma di frequenza da 10 a 20.000 Hz, il suono risulta neutro, equilibrato e con bassi avvolgenti che non prendono mai il sopravvento rispetto alle frequenze medie e alte.

L’impedenza è di 44 Ohm, per cui è consigliabile – laddove possibile – di utilizzare un amplificatore per cuffie o una scheda audio dedicata per evitare fastidiose distorsioni del suono e migliorare, al contempo, la qualità finale di riproduzione.

L’archetto regolabile, in combinazione con l’imbottitura in gommapiuma rivestita in ecopelle, le rende molto comode da indossare anche per tutto il giorno, senza avvertire il minimo disagio.

 

Pro

Rapporto prezzo/prestazioni: I driver da 40 mm delle cuffie Shure SRH440 assicurano una qualità sonora all’avanguardia nonostante il prezzo contenuto a cui vengono proposte.

Solide: Risultano molto confortevoli grazie ai morbidi padiglioni imbottiti e alla qualità degli assemblaggi che trasmette una buona sensazione di robustezza e durata nel tempo.

Design: Trattandosi di un modello circumaurale, l’isolamento dall’ambiente esterno è notevole e questo le rende particolarmente indicate per la registrazione e il missaggio in contesti particolarmente rumorosi.

 

Contro

Compatibilità: Per abbinarle a dispositivi con alta impedenza, come un impianto Hi-Fi o una console da Dj, è necessario utilizzare un amplificatore per cuffie in modo da gestire al meglio il segnale audio in ingresso e in uscita.

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Cuffie da studio AKG

 

6. AKG Cuffie da Studio Pieghevoli con Retro Chiuso Mod. K361BT

 

Il design over-ear a fascia chiusa di queste cuffie da studio AKG offre un maggior isolamento dai rumori esterni e una migliore risposta ai bassi, restituendo suoni più fluidi e precisi grazie ai due driver magnetici da 50 mm. A differenza dei modelli precedenti, permette sia l’ascolto cablato tramite i cavi da 1,2 e 3 metri forniti in dotazione, sia la connettività Bluetooth 5.0 con una durata della batteria che supera tranquillamente le 24 ore.

Con un’impedenza di 32 Ohm e una risposta in frequenza da 15 Hz a 28 kHz, non modificano in alcun modo il suono ricevuto in ingresso sia a livello di bassi sia sul fronte delle frequenze medio-alte.

Nonostante l’assenza di imbottitura sull’headband, risultano molto comode da indossare e anche da riporre, grazie alla possibilità di poter ruotare e ripiegare completamente i padiglioni delle cuffie per agevolarne il trasporto.

 

Pro

Frequenze: La risposta in frequenza delle AKG K361 è molto ampia e soddisfacente, con un range che va da 15 a 28.000 Hz.

Bluetooth: Si tratta di cuffie wireless, per cui si possono collegare ai dispositivi sia tramite cavo sia con Bluetooth, a tutto vantaggio della comodità nei movimenti.

Flessibilità: I padiglioni auricolari sono ergonomici e flessibili, adattandosi perfettamente a ogni tipo di orecchio.

 

Contro

Stabilità: A causa dell’archetto molto rigido e della particolare leggerezza della struttura, le cuffie tendono a sbilanciarsi verso sinistra quando si utilizza il cavo.

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Cuffie da studio di registrazione

 

7. Audio Technica Cuffie Professionali da Studio di Registrazione M20X

 

Le Audio Technica M20X sono cuffie da studio di registrazione ideali sia per i professionisti del missaggio sia per chi ama ascoltare le infinite sonorità di un brano musicale. In entrambe i casi, assicurano un buon isolamento acustico e un’ottima riproduzione dei bassi grazie ai driver da 40 mm con bobina in alluminio ricoperta di rame, in grado di esprimere una qualità audio di ottimo livello che permette di ascoltare le tracce musicali con grande precisione e un buon bilanciamento tra le frequenze.

Il modello si presenta sul mercato con un prezzo abbastanza elevato, che però trova giustificazione nella qualità costruttiva davvero eccellente e nella comodità di trasporto dovuta al design pieghevole che permette di inclinare i padiglioni a 90 gradi in modo da riporre le cuffie senza occupare troppo spazio.

 

Pro

Professionali: Apprezzate anche dai professionisti del settore, queste cuffie si contraddistinguono per la resa sonora di altissima qualità, con frequenze ben bilanciate e precise.

Comfort: La loro forza sta nella leggerezza della struttura e nei padiglioni imbottiti che non danno fastidio alle orecchie e al collo, nemmeno dopo diverse ore di utilizzo.

Noise Cancelling: L’isolamento dei rumori esterni è di ottimo livello e permette di eseguire registrazioni e mix precisi delle tracce anche quando ci si trova in ambienti molto rumorosi e affollati.

 

Contro

Medi: L’unica nota dolente è il dip nella frequenza tra 3.000 e 6.000 Hz che le rende poco adatte per i generi musicali che necessitano maggiore impatto su queste lunghezze d’onda.

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Cuffie aperte da studio

 

8. Sennheiser Cuffia Aperta Reference-Grade HD 560S

 

L’ultimo modello che vi proponiamo sono le cuffie aperte da studio Sennheiser HD 560S, caratterizzate da prestazioni fluide e gratificanti dei bassi, che si uniscono a un’acustica lineare su misura per sessioni di ascolto estese.

Progettate per gli appassionati dell’audio analitico, presentano un design aperto sul retro che permette all’aria di passare tra il padiglione auricolare e lo speaker, in modo da ottenere un suono più naturale, senza riscontrare i fastidiosi artefatti di uno spazio ristretto.

Questo grazie anche all’allineamento angolato del driver EAR (Ergonomic Acoustic Refinement), che ricrea le stesse condizioni di ascolto degli studi di registrazione professionali, senza la necessità di un trattamento acustico dell’ambiente per ascoltare la versione “neutra” delle tracce musicali.

Concludiamo la nostra recensione parlando del prezzo: ovviamente la tecnologia si paga e per portare a casa le Sennheiser HD 560S bisogna spendere una cifra non indifferente, che potrebbe far storcere il naso a molti. Tuttavia, bisogna anche dire che il costo elevato è ampiamente giustificato dalla resa sonora veramente ottima e dalla qualità costruttiva tra le top del mercato.

 

Pro

Qualità audio: Queste cuffie con design aperto sono progettate per gli appassionati dell’audio analitico e promettono un suono di riferimento naturale e accurato.

Comode: Il comfort è un dettaglio di grande importanza quando si tratta di dispositivi da tenere in testa per molte ore di seguito. Da questo punto di vista le Sennheiser HD 560S non deludono.

Performanti: I trasduttori angolati da 120 Ohm puntano a ricreare una posizione di ascolto ottimale, mentre i padiglioni aperti sul retro agevolano la naturale espansione delle onde sonore.

 

Contro

Costose: L’unico difetto riscontrato riguarda il prezzo decisamente alto, ma come già ampiamente scritto siamo di fronte a una cuffia da studio che vanta una qualità sonora e costruttiva di alto livello.

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Come scegliere una buona cuffia da studio

 

Anche se non lavorate nei settori della musica o della tecnologia del suono, sicuramente conoscerete la differenza tra cuffie valide e cuffie di scarsa qualità. A maggior ragione se siete dei musicisti, saprete anche che ci sono diverse tecnologie dietro i dispositivi di ascolto professionali che vengono utilizzati nelle sale di registrazione e potreste, pertanto, aver bisogno di qualche suggerimento su come scegliere una buona cuffia da studio. Precisiamo, inoltre, che la seguente guida all’acquisto è da intendersi come puramente divulgativa, nel senso che è stata concepita dal nostro team di esperti per essere accessibile alla maggior parte dei lettori e, quindi, volutamente esente da tecnicismi, formule matematiche e paroloni difficili. Buona lettura!

Le cuffie da studio vs i modelli consumer

Quando si acquista un paio di cuffie da studio la prima cosa da tenere a mente è che “costoso” non sempre significa qualità perfetta. Tuttavia, rispetto ai modelli progettati per il semplice ascolto di piacere della musica, questi dispositivi offrono:

– maggiore comfort, in modo da poterli indossare per diverse ore al giorno senza avvertire alcun fastidio;

– robustezza, per limitare l’usura causata da un utilizzo frequente;

– risposta in frequenza flat, per rendere il suono il più fedele possibile all’originale;

– massima definizione di tutte le frequenze udibili, sia nei bassi profondi sia nei toni alti.

 

Ovviamente, è abbastanza difficile che i modelli disponibili in commercio rispondano a tutti questi requisiti in modo ottimale, ma quanto più vi si avvicinano, tanto più la loro qualità sarà alta.

Inoltre, non bisogna dimenticare che la progettazione delle cuffie “standard” è spesso dettata dalle esigenze del consumatore medio, che non sempre coincidono con quelle dei musicisti e dei tecnici del suono.

Sebbene i modelli di largo consumo offrano, in genere, una resa sonora abbastanza soddisfacente, tendono comunque a modificare il suono in modo da renderlo più piacevole per le nostre orecchie, per esempio enfatizzando i bassi.

In studio e durante le registrazioni, invece, è importante che determinate frequenze non vengano amplificate o evidenziate innaturalmente, in modo da ottenere un suono perfettamente bilanciato e il più “veritiero” possibile.

 

I parametri tecnici da considerare

Ciò premesso, passiamo ora a definire i principali parametri tecnici da prendere in considerazione al momento dell’acquisto di un buon paio di cuffie da studio.

 

1. Risposta in frequenza

La risposta in frequenza è il modo con cui un dispositivo audio risponde a un determinato impulso in ingresso. Nel caso delle cuffie, questo valore indica il range entro il quale il suono ricevuto in input viene “modificato” durante la riproduzione.

Dal punto di vista tecnico, la risposta in frequenza viene riportata su un grafico (il cosiddetto grafico di risposta in fase), che mostra il dominio delle frequenze lungo l’asse delle ascisse e l’ampiezza della risposta sull’asse delle ordinate.

In genere, i modelli da studio più venduti e meglio recensiti online sono capaci di riprodurre la maggior parte delle frequenze udibili dall’orecchio umano, nell’intervallo che va da 20 ai 20.000 Hz.

Inoltre, per rendere la riproduzione il più fedele possibile, la risposta in frequenza delle cuffie dovrebbe essere lineare (flat) e ottimizzata (tailored), in modo che non vadano a modificare o alterare il suono ricevuto in ingresso, cosa che dal punto di vista grafico si traduce in una linea orizzontale perfettamente dritta.

 

2. Sensibilità

Quando parliamo di “sensibilità” in riferimento alle cuffie da studio ci riferiamo all’efficacia con cui il dispositivo converte un impulso elettrico in un segnale acustico, valore che viene tipicamente misurato in Sound Pressure Level per milliwatt (abbreviato in SPL/mW).

Per esempio, se un modello ha una sensibilità di 100 dB SPL/mW, vuol dire che per ogni milliwatt di potenza in ingresso è in grado di generare una pressione sonora di 100 decibel. Pertanto, più la sensibilità di una cuffia è elevata, più i suoni restituiti saranno potenti, valore che in linea di massima dovrebbe oscillare tra 80 e 125 dB SPL/mW.

3. Impedenza

L’impedenza è una grandezza fisica che indica la capacità di un circuito a opporsi al passaggio di una corrente elettrica alternata e si misura in ohm (Ω). Nelle cuffie da studio questo valore è generalmente compreso in un range che va da 8 a 600 Ω, ma in linea di massima conviene sempre scegliere un modello avente un’impedenza che si avvicini il più possibile a quella del dispositivo a cui verrà collegato, in modo da massimizzare la potenza trasferibile e, quindi, il livello di intensità del suono.

 

4. Formato

A differenza dei precedenti, questo parametro si riferisce al design delle cuffie, che può essere on-ear, over-ear e in-ear. I modelli intrauricolari (in-ear) si inseriscono all’interno dell’orecchio e garantiscono un buon isolamento acustico, mentre le versioni sovraurali (on-ear) si appoggiano sopra il padiglione auricolare, offrendo una migliore estensione in frequenza rispetto alle in-ear, a fronte però di un minor isolamento dai rumori esterni.

Infine, abbiamo le cuffie circumaurali (over-ear) che circondano completamente il padiglione auricolare e il condotto uditivo esterno, mettendo a disposizione un maggiore isolamento acustico e risultando, al contempo, più confortevoli ma anche più ingombranti. Nonostante in commercio siano disponibili cuffie da studio in-ear dalle ottime prestazioni, in ambito professionale è meglio optare per modelli on-ear e over-ear.

 

 

 

Come utilizzare una cuffia da studio

 

Una volta stabilito quale cuffia da studio comprare tra i numerosi modelli venduti online, è importante sfruttare al meglio tutte le potenzialità del nostro nuovo dispositivo in modo da ottenere i migliori risultati sia nel mixing sia nel mastering. Se non avete la più pallida idea di come farlo funzionare, qui di seguito vi diamo qualche utile dritta sul corretto utilizzo di questi device, così potrete andare in sala di registrazione preparati o creare le vostre tracce musicali a casa senza troppi patemi d’animo.

Differenza tra cuffie chiuse e aperte

A seconda del tipo di utilizzo a cui le cuffie sono destinate, ci sono alcuni fattori che possono influenzare la scelta più di altri. Se, per esempio, l’obiettivo è quello di registrare brani e tracce, la priorità dovrebbe essere l’isolamento acustico, mentre chi ha in programma lunghe sessioni di mixing ed editing, dovrà puntare sul comfort, specialmente se le cuffie verranno indossate per molte ore al giorno.

A tal proposito, è possibile scegliere tra due diversi tipi di prodotti: le cuffie chiuse sul retro e quelle aperte. Le prime sono le migliori per la registrazione perché capaci di isolare i suoni e i rumori esterni, impedendo che si “infiltrino” nel microfono, mescolandosi alle tracce.

Le cuffie aperte, invece, sono perfette per il missaggio perché, oltre a minimizzare le frequenze dei bassi, restituiscono un suono più preciso e “reale”, dando un’idea generale di come la musica creata suonerebbe se venisse riprodotta in una stanza aperta o in un ambiente particolarmente ampio (come discoteche, teatri e stadi).

Tuttavia, dal momento che entrambe le tipologie hanno i loro pro e contro, la maggior parte dei musicisti preferisce acquistare ambedue i modelli per usarli in circostanze e contesti diversi.

L’importante è ricordarsi che le cuffie aperte si comportano essenzialmente in maniera opposta a quelle chiuse, in quanto offrono una migliore qualità sonora a spese, però, di un minor isolamento acustico.

 

Il genere musicale fa la differenza!

Sempre al fine di utilizzare le cuffie da studio in modo corretto, è importante chiedersi se i brani che ascolteremo attraverso gli altoparlanti del dispositivo hanno un sound predominante.

I generi musicali che richiedono maggiore accentazione dei toni bassi, come la musica elettronica e l’hip-hop, necessitano infatti di cuffie dotate di una buona risposta alle basse frequenze, mentre i modelli con risposta più precisa e bilanciata nelle frequenze medio-alte si prestano bene all’ascolto, per esempio, della musica classica o jazz.

Se, invece, vogliamo ascoltare e mixare un po’ di tutto, conviene optare per delle cuffie dal suono più neutro possibile o, se abbiamo un budget abbastanza alto, acquistare due modelli complementari.

A quale dispositivo verranno collegate?

L’ultima domanda da porsi riguarda il dispositivo a cui le cuffie da studio verranno collegate. Se, per esempio, si tratta di un device a bassa impedenza, come il laptop o lo smartphone, allora conviene utilizzare delle cuffie in grado di reggere bassi valori di tensione (sui 16 o 32 Ω), per ottenere un livello di intensità del suono soddisfacente.

In alternativa, si può anche usare un buon amplificatore per abbinare un modello di cuffie ad alta impedenza (da 300 o 600 Ω) a un dispositivo a bassa impedenza, mentre l’inverso è sempre sconsigliato perché, in questo caso, le cuffie tenderanno a distorcere il suono.

 

 

 

Domande Frequenti

 

Cosa sono le cuffie da studio?

Le cuffie da studio sono dispositivi indicati, non solo per il semplice ascolto di piacere, ma anche per creare, mixare, registrare e fare il mastering di tracce musicali. In altre parole, si tratta di cuffie che vengono utilizzate nel contesto di uno studio di registrazione perché permettono un “ascolto critico” della musica prodotta, con una risposta trasparente e bilanciata delle frequenze che – tradotto in termini tecnici – non “colora” il sound artificialmente, specialmente nella riproduzione dei suoni alti e bassi.

Che differenze ci sono tra le cuffie da studio e quelle standard?

Le cuffie “consumer” (come le Beats e quelle degli iPhone) sono progettate con un obiettivo preciso: alterare la risposta in frequenza per fare in modo che tutto quello che ascoltiamo attraverso gli altoparlanti suoni “meglio” alle nostre orecchie.

In ambito professionale, invece, la qualità principale che dobbiamo ricercare nella migliore cuffia da studio è l’onestà. In parole povere, le frequenze non devono risultare amplificate o evidenziate in maniera innaturale.

Questo perché se la nostra musica suona bene attraverso un dispositivo di ascolto trasparente e bilanciato, allora suonerà bene su qualsiasi altro device venga riprodotta (lo stereo dell’auto, gli speaker di un computer e così via), restituendo un suono più nitido, fedele e definito.

 

Si possono utilizzare le cuffie da DJ per lo studio?

Sebbene alcuni modelli da studio possano essere utilizzati come cuffie da DJ, l’inverso è solitamente sconsigliato, anche se potenzialmente possibile. Questo perché i dispositivi per il Djing devono necessariamente spingere sulle frequenze medio-basse per aiutare il disc jockey a percepire meglio il colpo del kick ritmico, mentre quelli usati in studio per registrare e produrre musica riproducono il suono in modo più accurato, risultando anche meno sensibili al rumore e alla distorsione.

 

Quanto costano le cuffie da studio?

Non è detto che la scelta di chi confronta i prezzi dei prodotti prima di acquistarli debba per forza ricadere sul modello più economico del mercato, perché non sempre il risparmio è sinonimo di convenienza.

D’altro canto, però, è anche vero che le cuffie da studio della migliore marca, come Sennheiser, Shure e Bose, hanno spesso costi proibitivi che non le rendono accessibili a tutti. In genere, si va dai prezzi bassi dei dispositivi entry level, con un investimento compreso tra 40 e 80 euro, alle cifre considerevole dei modelli top di gamma, che possono arrivare a costare anche oltre i 200 euro.

 

Dove comprare le cuffie da studio?

Il luogo più indicato dove acquistare delle buone cuffie da studio sono i negozi di strumenti musicali dotati di un reparto dedicato ai dispositivi audio. Qui, infatti, troverete una vasta scelta in termini di marche e modelli, nonché un personale qualificato che conosce bene le caratteristiche tecniche di ogni apparecchio e sarà quindi in grado di guidarvi nella scelta.

A ogni modo, l’ampia diffusione di questi device in ambito domestico e amatoriale ha fatto sì che le cuffie da studio possano essere acquistate anche su internet e nei negozi online specializzati in accessori per produrre e ascoltare musica.

Tuttavia, l’acquisto su questi siti non specializzati è consigliato solo se si hanno le conoscenze adatte per poter valutare in autonomia la qualità e le caratteristiche dei vari modelli disponibili sul mercato, nel qual caso sarà possibile risparmiare qualcosina rispetto ai negozi fisici approfittando di numerose offerte e promozioni.

 

 

 

Ultimo aggiornamento: 26.04.24

 

Capotasto per chitarra – Consigli d’acquisto, Classifica e Recensioni

 

Se volete cambiare la chiave di una canzone, dare alla vostra chitarra un suono più acuto o semplicemente suonare in modo più semplice gli accordi in diesis e bemolle, avete bisogno di un capotasto mobile. Se ne state cercando uno per la vostra chitarra classica, il Wingo Professional dispone di una clip in gomma più lunga per adattarsi perfettamente al manico di questo strumento. Per una chitarra acustica consigliamo invece l’Asmuse Universale che, come il nome stesso suggerisce, può essere montato anche su altri strumenti a corda, come banjo, ukulele, basso e mandolino.

 

 

Tabella comparativa

 

Pregio
Difetto
Conclusione
Offerte

 

 

Gli 8 migliori capotasti per chitarra – Classifica 2024

 

Nello stilare la nostra classifica dei migliori capotasti per chitarra del 2024 abbiamo tenuto conto di una serie di fattori, come i materiali di costruzione, la praticità di utilizzo e il rapporto qualità/prezzo, per fornirvi una panoramica completa sui vantaggi e le eventuali problematiche dei modelli da noi selezionati.

 

Capotasto chitarra classica

 

1. Wingo Capotasto Professional per Chitarra Classica con 5 Plettri

 

Wingo propone un capotasto a pinza in palissandro e lega di zinco, ideale per le chitarre classiche perché dotato di una clip in gomma più lunga che si adatta perfettamente al manico largo e piatto di questo strumento.

Il design semplice e funzionale permette veloci cambiamenti di chiave mantenendo la stessa tensione delle corde durante tutta la performance musicale, senza generare ronzii o fastidiose vibrazioni sui tasti.

Grazie al pratico morsetto a molla e all’impugnatura ergonomica, questo capotasto per chitarra classica risulta facile da posizionare e spostare lungo il manico dello strumento anche con una sola mano, fornendo la pressione necessaria affinché la tensione sia omogenea su tutte le corde.

Disponibile in cinque differenti colorazioni per adattarsi allo stile e ai gusti di tutti i chitarristi, viene fornito con cinque plettri in nylon dalla superficie lucida e liscia che offrono un ottimo feeling negli arpeggi e nello strumming degli accordi.

 

Pro

Stabile: Con il capotasto in palissandro e lega di zinco proposto da Wingo le stringhe saranno sempre in sintonia perché riesce a mantenere in modo stabile la posizione sul manico della chitarra.

Pratico: Si sposta facilmente lungo la tastiera grazie al morsetto a molla e all’impugnatura ergonomica.

Protezioni: Gli inserti in gomma esercitano la giusta pressione sulle corde, senza graffiare o danneggiare lo strumento.

 

Contro

Compatibilità: Essendo progettato appositamente per le chitarre classiche, ci pare ovvio che non possa fare al caso di chi suona altri strumenti a corda.

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Capotasto chitarra acustica

 

2. Asmuse Professional Capotasto Universale High Quality Zinc Alloy

 

A differenza di quello visto in precedenza, il capotasto per chitarra acustica proposto da Asmuse è un modello universale che può essere montato anche su altri strumenti a corda, come ukulele, mandolino, basso, banjo e chitarre folk.

Realizzato in lega di alluminio Premium, ha soddisfatto la maggior parte degli acquirenti sia dal punto di vista qualitativo sia sotto il profilo prestazionale, garantendo la giusta pressione sulle corde senza causare fastidiose vibrazioni durante l’esecuzione degli arpeggi.

La molla in acciaio è molto flessibile e mantiene l’elasticità anche in caso di utilizzi intensivi, mentre il cuscinetto interno in silicone morbido si adatta perfettamente alla tastiera dello strumento, assicurando un’elevata precisione nei cambi di tonalità.

Leggero e maneggevole, permette di suonare gli accordi aperti con inversioni più alte, donando alla chitarra un suono piacevolmente acuto e brillante, simile a quello del mandolino.

Il meccanismo a pinza è molto semplice da utilizzare e fornisce una tensione uniforme su tutto il manico, senza influire sull’accordatura dello strumento.

 

Pro

Robusto: La qualità dei materiali ha soddisfatto la maggior parte degli acquirenti, che lo definiscono un capotasto molto solido e ben progettato.

Praticità: Il meccanismo di apertura a molla lo rende pratico da usare e anche abbastanza semplice da spostare lungo le corde.

Universale: Realizzato in lega di alluminio Premium, è un dispositivo leggero e versatile che si può applicare su diversi strumenti a corda, fino a un massimo di otto stringhe.

 

Contro

Graffi: Nella parte posteriore ci sono degli spigoli privi di rivestimento gommato che potrebbero graffiare il manico dello strumento.

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Capotasto chitarra elettrica

 

3. Donner Capotasto per Chitarra Acustica ed Elettrica DC-2

 

Rispetto ai modelli precedenti il capotasto per chitarra elettrica e acustica Donner DC-2 viene proposto a un prezzo più vantaggioso, ma questo non significa che mancherà di stupirvi.

Presenta, infatti, un design moderno e ben rifinito, con tanto di molla in acciaio che permette di tenere in modo stabile la posizione delle corde, applicando la pressione necessaria sui tasti senza provocare ronzii o scordare lo strumento.

I morbidi cuscinetti in gomma, oltre ad assicurare una presa più salda sulla tastiera, proteggono la chitarra dai graffi e dall’usura. Il riposizionamento sul manico avviene in maniera semplice e veloce poiché basta una leggera pressione sulla leva per aprire la morsa e spostarla.

Pur essendo proposto a prezzi bassi vanta una buona qualità costruttiva e si rivela molto utile soprattutto per chi non è ancora pratico con gli arpeggi che hanno bisogno del barrè e vuole ottenere un suono simile a quello degli accordi aperti senza dover cambiare la diteggiatura.

 

Pro

Pratico da usare: Il Donner DC-2 è una delle scelte migliori per chi sta cercando un capotasto per chitarra elettrica o acustica facile da agganciare e spostare lungo la tastiera.

Accordatura: È in grado di modificare l’intonazione delle corde in maniera uniforme, senza influire sull’accordatura dello strumento né generare fastidiosi ronzii.

Rapporto qualità/prezzo: Nonostante il costo accessibile, i materiali si sono rivelati molto resistenti e longevi.

 

Contro

Non adatto ai professionisti: Un modello entry level ideale per i principianti che vogliono suonare in modo più semplice gli accordi in diesis e bemolle, ma sicuramente poco adatto per i chitarristi più esperti.

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Capotasto mobile chitarra

 

4. LH TechToy Capotasto Mobile Universale per Chitarra 4-6 Corde

 

Un altro capotasto mobile per chitarra che merita di essere preso in considerazione da chi è alla ricerca di un dispositivo affidabile, pratico da usare e di buona qualità è sicuramente quello proposto da LH TechToy.

La realizzazione in lega di zinco esalta i toni medi e dona brillantezza al suono, permettendo a chi suona di riposizionare velocemente il capo da un punto all’altro della tastiera grazie al meccanismo a molla molto pratico e scorrevole.

I pad in silicone morbido assicurano una presa più aderente sulle corde, adattandosi perfettamente al manico della chitarra senza rischiare di rovinarlo o graffiarlo durante gli spostamenti.

Trattandosi di un modello entry level non è adatto ai chitarristi di livello medio-alto, ma rimane comunque un ottimo capotasto per i principianti che vogliono trasportare la musica in una tonalità diversa mantenendo la diteggiatura degli accordi originali.

 

Pro

Funzionale: Realizzato in lega di zinco, il capotasto mobile per chitarra di LH TechToy è molto leggero e dotato di inserti in gomma in punti strategici per evitare di danneggiare lo strumento.

Tensione: Il meccanismo a pinza consente di applicare la stessa pressione su tutta la tastiera della chitarra, facilitando l’esecuzione degli accordi che non prevedono il barrè.

Praticità: Facendo leva sul manico si potrà aprire la pinza e posizionarla lungo il manico dello strumento, senza dover accordare di nuovo le corde dopo l’installazione.

 

Contro

Per principianti: Va benissimo per i dilettanti ma non per chi ha una strumentazione di un certo livello, anche perché i materiali con cui è costruito si sono rivelati poco robusti e tutt’altro che destinati a una lunga durata.

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Capotasto chitarra e testine

 

5. Auphy Capotasto Per Chitarra e 3 Testine Sostituibili

 

Se suonate diverse tipologie di strumenti a corda vi consigliamo di dare un’occhiata al modello proposto da Auphy, che si compone di un capotasto per chitarra e tre testine sostituibili che permettono di utilizzarlo su chitarre classiche, folk ed elettriche.

La parte a contatto con le corde è rivestita in silicone di elevata qualità per non danneggiare o graffiare lo strumento, esercitando la giusta pressione sulla tastiera per produrre un suono simile a quello degli accordi aperti in tutte le tonalità.

Pur risultando leggermente più ingombrante rispetto ai modelli precedenti, mantiene l’intonazione e l’accordatura della chitarra grazie alle tacche presenti nella parte posteriore della barra che mantengono le corde perfettamente tese e riducono al minimo il ronzio dei tasti.

Apprezzato anche dai professionisti del settore, vanta una qualità costruttiva tra le top del mercato nonostante il prezzo molto conveniente.

 

Pro

Testine: Esercitano una pressione uniforme su tutti i tasti per mantenere l’intonazione e l’accordatura della chitarra durante la performance musicale.

Filettatura: Le tacche predisposte per la tensione garantiscono la giusta pressione sulle corde in modo da ottenere un suono più acuto senza cambiare la posizione degli accordi.

Sgancio rapido: Grazie a questo sistema si può spostare sul manico della chitarra rapidamente permettendo di cambiare la timbrica in un istante.

 

Contro

Tensione non modificabile: Il principale problema riscontrato da molti musicisti è l’impossibilità di regolare la pressione in base alle esigenze e allo stile musicale.

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Capotasto chitarra in zinco

 

6. Gudotra Capotasto Chitarra in Lega di Zinco con 12 Plettri

 

Quello proposto da Gudotra è un capotasto per chitarra in zinco ultra-leggero, caratterizzato da un design sottile e senza spigoli vivi che potrebbero graffiare o danneggiare lo strumento.

Si posiziona facilmente con una sola mano grazie al pratico morsetto a molla che mantiene le corde in perfetta tensione sul manico, distribuendo uniformemente la pressione su ogni punto della tastiera.

Con un peso di soli 140 grammi, quasi non ci si accorge della sua presenza e, una volta applicato, aderisce perfettamente alle corde senza generare ronzii o fastidiose perdite di intonazione.

È pensato per le chitarre classiche, acustiche ed elettriche da quattro a dodici stringhe, ma si può utilizzare anche su altri strumenti a corda dotati di manici fino a 51 mm di larghezza.

Disponibile in quattro colorazioni differenti, offre un buon compromesso tra praticità e funzionalità, oltre a un ottimo rapporto qualità/prezzo.

 

Pro

Facile da posizionare: Interamente realizzato in lega di zinco, il capotasto a pinza di Gudotra si posiziona in modo semplice e veloce grazie al meccanismo a molla che mantiene in modo stabile la posizione delle corde.

Conveniente: Il prezzo a cui viene proposto è a dir poco irrisorio, ma nonostante questo la qualità e la resa costruttiva sono più che dignitose.

Leggero e resistente: Pur essendo molto leggero ha dimostrato una buona resistenza all’usura e agli utilizzi intensivi.

 

Contro

Spessore manico: Sugli strumenti a dodici corde con il manico più spesso si riesce a usarlo solo fino al quarto tasto.

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Capotasto chitarra Fender

 

7. Fender Dragon Capotasto Chitarra

 

Dopo una sfilza di modelli a pinza, passiamo ora ad analizzare le caratteristiche e i vantaggi del capotasto per chitarra Fender Dragon, progettato per risolvere molti dei problemi più comuni delle tradizionali versioni a molla.

Si tratta, infatti, di un capo mobile ad avvitamento che attraverso l’utilizzo di una vite zigrinata permette di regolare la pressione sulle corde per ottenere la tensione ideale a prescindere dalle dimensioni del manico e dalla posizione dei tasti.

È inoltre dotato di un meccanismo di rilascio intelligente che permette di spostarlo su e giù lungo il manico per ottenere timbriche diverse, a fronte di un grande risultato in termini di colore e qualità del suono.

L’unico svantaggio è che risulta più difficile e laborioso cambiare posizione perché sono necessarie due mani per rimuovere e riposizionare il dispositivo.

 

Pro

Tensione regolabile: Il principale vantaggio del capotasto Fender Dragon è che permette di regolare la pressione esercitata sulle corde per ottenere la migliore tensione possibile.

Inserti: Realizzato in solido alluminio pressofuso, è dotato di cuscinetti protettivi in gomma morbida per non danneggiare le finiture del manico.

Funzionale: Ideale per chi vuole dare una sonorità particolare alla propria chitarra, garantisce prestazioni ottimali su ogni stringa.

 

Contro

Posizionamento: Per spostarlo sul manico va allentato e poi nuovamente stretto, risultando quindi poco pratico da usare in sede live.

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Capotasto chitarra D’Addario

 

8. D’Addario Capotasto Planet Waves NS Lite PW-CP-07

 

L’ultimo prodotto che vi proponiamo è il capotasto per chitarra D’Addario Planet Waves NS Lite, che non delude le aspettative create dal celebre marchio che lo produce.

Progettato in collaborazione con il famoso designer di strumenti musicali statunitense Ned Steinberger, si tratta di un capo mobile per chitarre elettriche e acustiche a 6 o 12 corde, ma disponibile anche nella versione per chitarra classica.

Molto leggero e maneggevole grazie alle dimensioni ridotte e al peso di soli 32 grammi, fa affidamento su un meccanismo ad avvitamento che consente di posizionarlo facilmente mediante la vite zigrinata che regola con precisione la pressione sulle corde, garantendo suoni intonati e privi di vibrazioni su ogni tasto.

Secondo i pareri degli esperti può fare al caso anche dei professionisti perché aderisce bene al manico e offre al contempo una zona di pressione più ampia sui tasti che riduce al minimo i problemi di accordatura.

 

Pro

Materiali: Realizzato in alluminio e ABS ultraleggero, distribuisce uniformemente la pressione sulle corde e non appesantisce la chitarra mentre si suona.

Stabile: Il rivestimento interno in gomma assicura una perfetta aderenza al manico, proteggendo lo strumento dai graffi e dall’usura.

Efficiente: Grazie alla regolazione micrometrica della tensione riduce la pressione laterale sulle corde e la necessità di riaccordare la chitarra durante l’uso.

 

Contro

Design curvo: Si tratta di un capotasto curvo per chitarra acustica ed elettrica, quindi non va bene per i manici dritti e piatti delle chitarre classiche.

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Come scegliere un buon capotasto per chitarra

 

In questa breve guida all’acquisto vi forniamo una serie di informazioni utili a capire come scegliere un buon capotasto per chitarra. Ovviamente si tratta di indicazioni a carattere generale, quindi a voi resta la piena libertà di scelta. Vi invitiamo, pertanto, a fare una comparazione tra i modelli che vi abbiamo appena proposto e altre eventuali offerte disponibili sul mercato, ma non prendete in considerazione solo quelle della migliore marca perché l’esperienza ci insegna che anche le aziende meno conosciute e blasonate possono proporre prodotti di buon livello, ma a un prezzo decisamente più economico.

Le tipologie

Come già accennato, il capotasto è un dispositivo mobile che va posizionato sul manico della chitarra per alzarne la tonalità e ottenere un suono simile a quello dei cosiddetti accordi aperti.

La stragrande maggioranza dei modelli reperibili in commercio è progettata esclusivamente per l’utilizzo sulle chitarre (classiche, acustiche o elettriche), ma esistono anche modelli universali che si possono montare su altri strumenti a corda come il banjo, l’ukulele e il mandolino.

Oltre a questo, le principali tipologie disponibili in commercio si differenziano anche in base al sistema di montaggio, che può essere a pinza, ad avvitamento, a rullo e con laccio.

 

1. Capotasto a pinza

Il capotasto a pinza è sicuramente la versione più popolare e pratica da usare perché costituita da una morsa collegata a una molla che mantiene le corde in tensione sul manico, permettendo a chi suona di riposizionare velocemente il dispositivo su un altro punto della tastiera con una mano sola.

Il principale svantaggio di questi modelli è che non permettono di regolare la pressione sulle corde, cosa che invece avviene con i capotasti ad avvitamento, la cui struttura si fissa tramite una vite o una rotellina posta sul retro.

 

2. Capotasto ad avvitamento

Rispetto ai precedenti risultano più macchinosi da spostare e riposizionare poiché vanno prima allentati e poi avvitati nuovamente.

Ciononostante, questa tipologia è la preferita di molti chitarristi perché permette di ottenere la tensione ideale a prescindere dalle dimensioni del manico, dall’action delle corde e dalla posizione dei tasti.

 

3. Capotasto a rullo

In alternativa ci sono i capotasti a rullo, meno diffusi rispetto ai modelli a pinza e ad avvitamento, ma ancora ampiamente utilizzati da molti musicisti affezionati.

Per spostarlo sul manico e liberare le corde basta farlo scorrere lungo la tastiera, offrendo al contempo una zona di pressione più ampia sui tasti che riduce al minimo i problemi di accordatura.

Di contro, però, la tensione non può essere regolata a piacimento e le sue dimensioni non sono compatibili con tutti i tipi di manici, per cui potrebbe non essere adatto alle chitarre classiche e agli strumenti con 12 corde.

 

4. Capotasto a laccio

Infine, un altro modello molto comune è il capotasto a laccio, che mantiene le corde in tensione tramite una stringa regolabile, permettendo di regolare la pressione esercitata sul manico in base alle esigenze.

Nonostante questi numerosi aspetti positivi, si tratta però una tipologia molto problematica perché col tempo il laccio può allentarsi e non mantenere la stessa tensione delle corde durante le performance musicali.

 

5. Capotasto Parziale

La maggior parte dei chitarristi non lo userà mai, ma c’è comunque una piccola nicchia di musicisti sperimentali che di tanto in tanto utilizza un capotasto parziale per ottenere sound più particolari con la chitarra classica.

Adatto soprattutto agli appassionati delle accordature aperte, permette di creare nuovi accordi, dando vita a combinazioni differenti.

 

Altri aspetti da considerare

Al di là della tipologia, un capotasto va scelto tenendo conto anche del raggio di curvatura della tastiera del proprio strumento.

A seconda del suo design si potrà optare per un modello piatto oppure curvo, prestando attenzione anche al tipo di impugnatura, che deve risultare abbastanza ergonomica e maneggevole per facilitare lo spostamento del capo mobile sul manico.

Infine, un occhio di riguardo va riservato anche ai materiali: in linea di massima, i capotasti migliori sono quelli realizzati in zinco, acciaio o bronzo, con la parte che entra in contatto con le corde rivestita in silicone morbido per proteggere lo strumento dai graffi e dall’usura.

 

 

 

Come utilizzare un capotasto per chitarra

 

Una volta stabilito quale capotasto per chitarra comprare tra i numerosi modelli venduti online, è importante sapere come utilizzarlo al meglio per alzare o abbassare le tonalità a piacimento, senza dover cambiare la diteggiatura quando si suona. Se siete chitarristi alle prime armi, qui di seguito vi diamo qualche utile consiglio sul corretto utilizzo di questi dispositivi.

Perché e quando utilizzare un capotasto

Quando si posiziona un capo mobile sulla chitarra si viene a creare una sorta di capotasto fisso, al di sopra del quale le corde produrranno note di un semitono più alto per ogni tasto.

Pertanto, l’uso di questo accessorio si rivela utile sia quando il brano prevede l’utilizzo delle cosiddette “corde a vuoto” sia per dare alla chitarra un suono più acuto e brillante, simile a quello del mandolino o dell’ukulele.

Inoltre, viene spesso utilizzato anche per suonare lo stesso pezzo con un altro chitarrista ottenendo due timbriche diverse: mentre uno suona gli accordi normalmente, per esempio in chiave di Do, l’altro può posizionare il capotasto sul quinto tasto per suonare gli stessi accordi in chiave di Sol, creando così un effetto simile alle doppie voci dei cori.

Oltre ad adattare la tonalità di una canzone alla voce di chi canta, l’uso di un capotasto facilita anche l’esecuzione degli accordi a chi è alle prime armi.

Man mano che si sposta il capo verso il ponte i tasti diventano più piccoli e questo rende il lavoro delle dita più fluido e meno faticoso, permettendo così di aumentare le ore di pratica.

Pertanto, se si suona per diverse settimane con il capotasto mobile posizionato sul quarto tasto, quando si torna a suonare al primo si noteranno dei notevoli miglioramenti.

 

Accordare lo strumento

Prima di posizionare il capotasto sul manico della chitarra, è importante accordarla con precisione per evitare che il dispositivo eserciti una pressione eccessiva sulle corde, producendo note leggermente più crescenti.

 

Posizionare il capotasto

Una volta accordato lo strumento, bisogna posizionare il capotasto a un millimetro di distanza dalla barretta metallica del tasto della chitarra scelto e non sopra, altrimenti si otterrà un effetto completamente diverso da quello desiderato.

Per ridurre al minimo i problemi di accordatura, ricordate che il capotasto deve trovarsi quanto più vicino possibile al tasto ma senza toccarlo. In altre parole, più si avvicina il capo mobile alla tastiera, minore sarà lo spazio per stonare la corda, permettendo al contempo anche un maggior comfort di esecuzione perché ci sarà più spazio di manovra per le dita.

Spostare il capotasto sulla tastiera

Ogni tasto della chitarra corrisponde a un semitono, quindi spostando il capotasto mobile lungo il manico si otterranno tonalità diverse. Posizionandolo, per esempio, sul secondo tasto si produrrà un suono di due semitoni più alto, senza cambiare il tipo di accordi o fare altre modifiche al modo di suonare.

Infine, è importante sottolineare che sebbene il capotasto permetta di trasportare la musica in una tonalità diversa mantenendo la diteggiatura degli accordi originali, in nessun caso deve essere utilizzato come sostituto del barrè.

 

 

 

Domande Frequenti

 

A cosa serve il capotasto per la chitarra?

Il capotasto è un dispositivo a tensione regolabile che serve a premere tutte le corde contemporaneamente su un determinato tasto, in modo da accorciare la pozione vibrante di quelle libere e aumentare l’altezza delle note prodotte.

Grazie a questo accessorio si potrà, quindi, trasportare la musica in una tonalità differente da quella originale per dare allo strumento (chitarra, mandolino, banjo o altro strumento a corde) un suono più acuto, facilitare l’esecuzione degli accordi che non prevedono il barrè e adattare il brano alla voce di canta.

Altra funzione del capotasto è quella di ricreare la sonorità tipica delle corde a vuoto in qualsiasi posizione del manico, permettendo così di suonare, per esempio, un Mi bemolle maggiore in terza posizione con la stessa timbrica di un Do in prima posizione.

Su quali strumenti si può usare il capotasto?

In genere, il capotasto viene posizionato sulla tastiera delle chitarre elettriche o acustiche a sei corde per cambiarne la tonalità a seconda delle esigenze del chitarrista, ma sul mercato ci sono numerosi modelli adatti anche ad altri strumenti a corda, come ukulele, banjo, basso e mandolino.

È bene, però, tenere presente che spesso, specie negli strumenti musicali di minor pregio, il posizionamento del dispositivo può comportare alcuni inconvenienti in termini di accordatura, dovuti perlopiù al fatto che le corde tendono a piegarsi leggermente quando il capotasto viene inserito e lo si fa scorrere sulla tastiera.

 

Dove si posiziona il capotasto mobile?

Il capotasto mobile va fissato al manico dello strumento tramite il sistema di aggancio previsto dal modello. Si può infatti scegliere tra le tradizionali versioni a pinza, che si possono spostare facilmente da un punto all’altro della tastiera, e i modelli a staffa che invece vanno regolati tramite una vite posta sul retro.

In entrambi i casi il capotasto va posizionato a un millimetro di distanza dalla barretta metallica e può essere spostato su qualunque tasto del manico per cambiare la chiave di una canzone e ottenere un suono di un semitono più alto.

 

Come costruire un capotasto per chitarra?

Innanzitutto procuratevi un pennarello (o una matita) e un elastico in gomma oppure a fascia. Avvolgete un’estremità dell’elastico intorno al pennarello e appoggiatelo sul tasto desiderato, bloccandolo con la seconda estremità dell’elastico facendolo passare sotto al manico della chitarra per legarlo all’altro capo.

Se il nuovo suono ottenuto non dovesse soddisfare le vostre aspettative, potete rivestire il pennarello con un sottile strato di gomma, ricordando che per ottenere un buon risultato il capotasto “fai da te” dovrà essere posizionato a un millimetro di distanza dalla barretta metallica del tasto scelto.

 

Dove acquistare un capotasto per chitarra?

I capotasti per chitarra si possono reperire sia nei negozi di strumenti musicali sia online. In genere, l’acquisto presso i punti vendita fisici è più vantaggioso, non solo perché permette di provare e toccare con mano il prodotto prima di acquistarlo, ma anche per la possibilità di poter chiedere informazioni e consigli d’acquisto agli addetti alle vendite, che sapranno sicuramente consigliarci il miglior capotasto per chitarra in base alle nostre esigenze.

Tuttavia, anche rivolgersi ai canali di e-commerce ha i suoi vantaggi, primo fra tutti quello di poter confrontare i prezzi e le caratteristiche dei modelli più venduti con un semplice click.

 

 

 

Ultimo aggiornamento: 26.04.24

 

Quando si tratta di scegliere i dispositivi per l’ascolto di musica, sono sempre numerosi i dubbi da parte di un utente, soprattutto a proposito della scelta possibile tra auricolari e cuffie; si tratta di due sistemi di ascolto completamente differenti l’uno dall’altro, non soltanto per la qualità del suono ma anche per le specifiche caratteristiche che possono essere oggetto di valutazione. Tutto dipende, naturalmente, dalle esigenze che si hanno e dal tipo di ascolto che si vuole effettuare, tra professionale e ricreativo.

Come per numerosi dubbi, viene in soccorso dell’utente l’online, che permette di rispondere a diversi interrogativi: ad esempio, qualora il proprio obiettivo sia quello di divertirsi e di giocare su piattaforme sicure, si può optare per una lista di siti su cui giocare senza pericolo. Tra questi, Snai casino è uno dei migliori siti di gioco online in Italia. A questo punto, ecco tutto ciò che c’è da sapere a proposito di come scegliere tra auricolari e cuffie, soprattutto valutando la tipologia di strumento di cui servirsi per il proprio ascolto.

 

Auricolari vs cuffie: quale garantisce la qualità del suono più alta?

Il primo interrogativo utile da prendere sicuramente in considerazione riguarda la qualità del suono che vuole essere percepita quando si ascolta una canzone o si guarda un film servendosi di cuffie o auricolari. È importante, infatti, sottolineare che la qualità del suono può dipendere anche e soprattutto dallo strumento che si utilizza

È ovvio, dunque, che le cuffie possano garantire una qualità del suono più alta, soprattutto in relazione al potenziamento dei bassi e alla cancellazione del rumore, rispetto agli auricolari che, per loro natura e composizione strutturale, non riescono a raggiungere gli stessi livelli di un paio di cuffie, soprattutto considerando i modelli più avanzati dal punto di vista tecnologico. 

Tuttavia, non c’è da effettuare un binomio tra qualità del suono e scelta dello strumento, dal momento che anche un paio di auricolari può garantire una qualità del suono elevatissima, rispetto alle proprie esigenze, tanto che numerosi batteristi in concerto si servono proprio di auricolari. 

In ogni caso, ciò che risulta essere fondamentale, in termini di scelta, ha a che fare con la frequenza sonora, i decibel e il potenziamento di alcune componenti musicali o cinematografiche, che vogliono essere oggetto di valutazione da parte di un utente. Guardando a tutte le possibili caratteristiche specifiche tecniche, dunque, sarà possibile scegliere con maggiore lucidità.

Il problema delle cuffie in estate

Per tantissime persone, per quanto possa essere considerato un problema secondario, le cuffie rappresentano sicuramente un problema in estate, a causa del calore visto che questi dispositivi molto spesso sono rivestiti con un materiale che fa surriscaldare il capo e le orecchie. Per evitare questo problema, sarà possibile acquistare un paio di auricolari o, comunque, riferirsi a cuffie che siano qualitativamente importanti e strutturate con materiali in grado di non diventare invasivi quando la stagione è più calda.

 

Le altre specifiche tecniche da considerare

Un’ultima caratteristica che potrà essere oggetto di considerazione, qualora non si riesca a ottenere una risposta al dubbio che c’è tra auricolari e cuffie riguarda, ovviamente, le specifiche tecniche che potranno essere oggetto di valutazione da parte di un utente, al di là della qualità del suono percepita. 

Tra queste, si devono considerare: la connettività Bluetooth delle cuffie o degli auricolari che si acquistano, la presenza di un microfono integrato o da associare esternamente, il potenziamento dei bassi, la capacità di percepire alcune tipologie di frequenza, le modalità di ascolto possibili, oltre che la funzionalità che porta a passare alla canzone successiva o che consente di rispondere al telefono con un solo tocco.