Ultimo aggiornamento: 23.04.24

 

Gli store di Apple e Google abbondano di app per accordare: abbiamo selezionato quelle da noi ritenute più interessanti per portarle alla vostra attenzione

 

L’accordatura è un’operazione fondamentale quando si suona uno strumento; ancor di più se si appartiene a un gruppo poiché se tutti gli strumenti non fossero identicamente accordati, verrebbe fuori un suoni inascoltabile. L’accordatura si può ottenere in diversi modi. Molto diffuso è servirsi di una nota di riferimento, questa può essere ottenuta da un altro strumento, una tastiera ad esempio perché siamo certi che non sarà scordata. Un altro metodo è quello dei diapason. 

Per fortuna la tecnologia ha fatto dei passi da gigante e così da anni sul mercato sono disponibili ottimi accordatori di vario tipo: elettronici, a clip, portatili, polifonici, a pedale e così via. Insomma, i modi per accordare la vostra chitarra oppure il vostro ukulele ma, perché no anche il basso, non mancano. 

Anzi, a dire il vero abbiamo dimenticato qualcosa. Un attimo fa abbiamo detto di come la tecnologia sia stata di grande aiuto, ma chi avrebbe mai detto che un giorno sarebbe stato possibile accordare uno strumento con lo smartphone? Avete capito bene, ci sono delle buone applicazioni che permettono di accordare l’ukulele o quello che suonate, in un attimo. Certo, è difficile pretendere la precisione massima ma il risultato finale è più che buono, senza contare che spesso si tratta di app gratuite.

 

app per strumenti a corda, chitarra, banjo,

Ecco alcune delle app più usate per accordare ukulele e strumenti a corda

 

Guitartune

Guitartune è una delle applicazioni più apprezzate dagli utenti: consente di accordare oltre alla chitarra e all’ukulele anche basso, violino, violoncello e banjo. Non si limita all’accordatura standard ma anche quelle in drop D, accordature aperte, abbassata di un semitono, accordatura per chitarra a sette corde e persino a dodici corde. Il suo utilizzo è molto semplice e contiene alcuni strumenti interessanti come il metronomo che permette di impostare qualsiasi tempo dando la possibilità di cambiare la velocità manualmente. 

Un gruppo di sei giochi permette di imparare gli accordi. Non è da tutti poi , mettere a disposizione quattro basi musicali con tablature. Uno dei vantaggi più interessanti, oltre quelli già citati come nel caso delle tante accordature possibili è la funzione che elimina o quantomeno limita tantissimo l’interferenza dei rumori di fondo. Questa app, nella sua versione Pro, è disponibile in abbonamento mensile.

 

 

Fender Tune

Fender Tune è l’app realizzata dal famoso produttore di chitarre, ma va bene anche per accordare l’ukulele. Mette a disposizione 26 accordature alternative. L’interfaccia è semplice da usare e anche la versione gratuita non contiene pubblicità. La modalità di accordatura può essere manuale, automatica, cromatica e personalizzata. 

Grazie alla modalità Auto-Tune l’app rileva la nota e guida l’utente verso l’intonazione perfetta. Nel caso dell’accordatura manuale, invece, si seleziona uno strumento e si tocca una corda della paletta interattiva. La modalità cromatica permette di accordare qualsiasi nota sulla scala. Quanto alle 26 accordature preimpostate citiamo quella standard, la drop D, la drop C e la Open G.

 

N-track

N-track è una app davvero ben fatta secondo noi. È possibile accordare qualsiasi strumento a corda. Il suo utilizzo non presenta difficoltà: si accosta lo smartphone alla chitarra e si suona la corda che viene immediatamente rilevata. L’algoritmo di riconoscimento audio funziona egregiamente e ciò è riscontrabile nella sensibilità e precisione dell’applicazione. Con l’analizzatore di spettro si visualizzano le note in riproduzione; una freccia mette in evidenza la frequenza della nota suonata.  

Per i più tradizionalisti si può scegliere un accordatore vecchio stampo con la lancetta che rileva con grande precisione la frequenza. C’è persino il diapason per l’accordatura manuale, corda per corda, servendosi di una sola nota di riferimento. L’accordatore può essere calibrato per accordature non standard. Ottima la versione gratuita, chi non si accontenta può comprare quella Pro.

 

Tunerfor Ukulele

Tunerfor Ukulele si rivolge soprattutto a quanti hanno da poco iniziato a suonare questo strumento. L’app offre più di un tipo di accordatura oltre quella standard ed è disponibile sia in versione gratuita che Pro a pagamento. L’applicazione è molto semplice da usare con gli ukulele più venduti; non presenta difficoltà fin dalla prima volta che si scarica e la si prova. Graficamente è ben curata ed è abbastanza precisa.

Certo, probabilmente è poco versatile in quanto non offre la possibilità di accordare altri strumenti ma se l’unico che suonate è l’ukulele (controllare qui la lista delle migliori offerte), non è un problema che possa riguardarvi.

 

 

CoachTuner

Altra app disponibile anche in versione gratuita che ha raccolto parecchi consensi positivi da chi l’ha scaricata e usata. È un accordatore cromatico utile tanto per la chitarra quanto per altri strumenti come il basso o l’ukulele. La grafica è ben fatta e la precisione è buona.

Nella versione a pagamento si possono usare fino a 80 tipi di accordature. L’abbonamento può essere sottoscritto settimanalmente oppure mensilmente. Precisiamo che è abbastanza caro: un mese costa 40 dollari e chi si accontenterà della versione gratuita, oltre a una serie di funzioni non accessibili dovrà fare i conti con una pubblicità abbastanza invasiva.

 

 

Ultimo aggiornamento: 23.04.24

 

Chissà quanti di voi avranno iniziato a suonare la chitarra proprio con uno dei riff che abbiamo selezionato: si tratta di canzoni storiche, spesso semplici ma probabilmente è proprio questa la loro forza.

 

Ci sono riff di chitarra immediatamente riconoscibili, spesso sono più noti della stessa band o chitarrista che quei riff li ha composti; è bizzarro ma è così. Molti di questi riff sono i primi che il chitarrista in erba suona. Secondo alcune leggende metropolitane ci sarebbero addirittura dei negozi di strumenti musicali con le chitarre elettriche più vendute che espongono cartelli per vietare di suonare questa o quella canzone; molto spesso si tratterebbe di Smoke on the water oppure Stairway to heaven, ma su questi due pezzi ci torneremo a breve.

 Ebbene sì, vi abbiamo dato una piccola anticipazione, ma dopo tutto siamo certi che la maggior parte di voi aveva intuito che questi due brani storici avrebbero fatto parte della lista. Bene, allora cominciamo presentandovi proprio queste due note canzoni di Deep Purple e Led Zeppelin.

 

Deep Purple – Smoke on the water

Per molti chitarristi quello di Smoke on the water è stato il primo riff suonato, non solo perché famosissimo ma anche di facile esecuzione. La canzone fa parte dell’album Machine Head pubblicato nel 1972. Come molti sapranno il testo fu ispirato da un incendio che distrusse un casinò di Montreux, in Svizzera, dove la band si trovava per registrare il disco. Frank Zappa stava tenendo un concerto nel casinò quando uno dei presenti sparò un razzo segnaletico all’interno del locale e originò l’incendio.

 

 

Led Zeppelin – Stairway to heaven

Stairway to heaven, a nostro avviso (ma sappiamo di essere in tanti a pensarla così) è una delle canzoni più belle della storia del rock e si trova sul disco Led Zeppelin IV pubblicato l’8 novembre 1971. Il brano si sviluppa su più strati con lo scopo di coinvolgere diversi stati d’animo.

 

Led Zeppelin – Whole Lotta Love

Impossibile non citare il riff di Whole Lotta Love, altro pezzo famosissimo e inciso su Led Zeppelin II nel 1969. Il brano, tra l’altro, finì al centro di una disputa legale per accusa di plagio del testo che era molto simile a You Need Love di Muddy Waters, anche se scritta da Willie Dixon, il quale ottenne un risarcimento dopo la disputa legale.

 

Black Sabbath – Paranoid

Un altro riff di chitarra molto famoso e di facile esecuzione è quello di Paranoid, brano presente sull’omonimo album pubblicato dai Black Sabbath nel 1970. E dire che inizialmente la band non puntava molto su questo pezzo tanto è vero che fu registrato più che altro per raggiungere un minutaggio sufficiente del disco. Con evidente grande sorpresa, la canzone divenne un successo e più di altre rappresenta la band.

 

J.J. Cale/Eric Clapton – Cocaine

Cocaine è un altro dei classici primi riff suonati dagli aspiranti chitarristi. La cosa curiosa è che ad averlo portato alla ribalta sia stato Eric Clapton ma non tutti sanno che in realtà l’ex Cream propone una cover di J.J. Cale che la incise per l’album Troubadour nel 1976. L’anno seguente Clapton propose la sua versione su Slowhand. Nel 2006 i due musicisti unirono le loro forze per l’album The Road to Escondido.

 

Billy Roberts/Jimi Hendrix – Hey Joe

Probabilmente Jimi Hendrix avrebbe dovuto monopolizzare il nostro articolo vista l’incredibile mole di riff rimasti impressi nella memoria di tutti. Con lui si può pescare a caso ed essere certi di non sbagliare. Hey Joe è un brano di Billy Roberts ma, come nel caso di Clapton con Cocaine, è stato Hendrix a dare fama mondiale a un pezzo che lo meritava davvero.

 

AC/DC – Back In Black

Back In Black contiene uno dei riff più famosi degli AC/DC ed è ritenuto uno dei grandi classici del rock. Anche in questo caso parliamo di un riff semplice, come del resto da tradizione degli AC/DC, ma che resta impresso immediatamente nella mente degli ascoltatori. La canzone fu pubblicata nel 1980 sull’omonimo album.

 

Guns N’ Roses – Sweet child o’ mine

Chi non conosce il riff di Sweet child o’ mine? Siete in pochi, vero? La canzone è tra le più famose della band, presente sull’album Appetite for destruction del 1988 e ha contribuito a costruire le fortune di Axl e compagni.

 

 

(I can’t get no) Satisfaction – Rolling Stones

Riff di fama mondiale è anche quello di Satisfaction dei Rolling Stones, un brano composto dal sodalizio Mick Jagger e Keith Richards. La canzone è presente su Out of our hands del 1965 e portò per la prima volta la band sulla cima di Billboard Hot 100.

 

Smells like teen spirit – Nirvana

Qualcuno potrebbe storcere il naso leggendo il nome dei Nirvana ma è innegabile che il riff di Smells like teen spirit, canzone presente su Nevermind del 1991, sia tra i più noti di tutti gli anni ’90.

 

 

Ultimo aggiornamento: 23.04.24

 

Mettere le mani su questo strumento è difficile ma non impossibile; basta l’impegno ed essere motivati dalla passione per raggiungere livelli altissimi ma, ricordate, la prima regola è divertirsi.

 

La chitarra è uno strumento complicato, le sue potenzialità vanno ben oltre il classico giro di DO che tutti imparano. Il percorso per imparare a suonarla è lungo, tortuoso, non primo di difficoltà ma non stiamo parlando di un’impresa impossibile. Molto dipende, poi, dagli obiettivi che uno si pone perché la chitarra può essere suonata a più livelli dal più basso, che possiamo definire quello dello strimpellatore, al più alto che è quello dei virtuosi. 

Ma in tutto questo sapete qual è l’unica cosa davvero importante? È divertirsi. Se quello che fate vi fa star bene, allora è la cosa giusta. Se la vostra passione vi spinge a suonare seriamente lo strumento, magari andando al conservatorio, è la cosa giusta.

 

Chitarra classica a chi?

Avete deciso di voler imparare a suonare la chitarra, perfetto. Allora bisogna innanzitutto comprarne uno. Qui si pone il primo dilemma. L’amico di vostro padre, che nella vita fa tutto meno che suonare la chitarra, l’ha convinto che per forza di cose dovete comprarne una classica se volete imparare. Non dategli ascolto, la chitarra classica è solo una delle possibili opzioni, potete anche comprare una delle chitarre elettriche vendute online o perché no, una acustica o elettroacustica. 

Il tipo di chitarra va scelto tenendo conto dei vostri gusti musicali. Attenzione perché non stiamo mettendo in dubbio la validità di una formazione classica ma questa diventa un obbligo solo se volete studiare con estrema serietà e dedizione lo strumento indipendentemente dalle vostre preferenze musicali allo scopo di essere un chitarrista completo. È nostra opinione è che se ad esempio vi siete innamorati della chitarra elettrica è giusto che impariate a suonare quella anche perché se non sufficientemente motivati, iniziare con la classica potrebbe smorzare il vostro entusiasmo e annoiarvi con la conseguenza di abbandonare tutto. 

 

 

 

Individuato il tipo di chitarra, è probabile che ci sia un budget dentro il quale restare. Ma affrontiamo un attimo un caso particolare, quello del ragazzino che vuole la chitarra ma senza per questo volerla studiare, almeno non subito. In questo caso conviene stanziare un budget piccolo, diciamo 100 o 150 euro. A queste cifre si possono prendere chitarra e amplificatore se, se ne vuole una elettrica, chiaramente la qualità sarà piuttosto bassa, oppure una chitarra classica o acustica decente per lo scopo. 

Se invece il ragazzino vuole studiare la chitarra, allora l’investimento deve essere maggiore. Bisogna consegnare nelle sue mani una chitarra con buone meccaniche innanzitutto, un manico scorrevole e una buona action, tutte cose che aiutano a rendere meno complicato esercitarsi seriamente.

 

Trovate un buon maestro

Per imparare seriamente lo strumento l’aiuto di un maestro, possibilmente bravo, è fondamentale. Avere una persona che spieghi come eseguire gli esercizi e vi osservi mentre li fate eventualmente correggendo i vostri errori, è un grande aiuto. Inoltre un maestro può aiutarvi a comprendere meglio la teoria musicale. Non solo, un maestro può consigliarvi sullo strumento, anzi, su tutta la strumentazione e spronarvi a fare meglio.

 

Imparare da soli si può

Nel paragrafo precedente abbiamo sottolineato come sia importante essere seguiti da un maestro; tuttavia possono esserci una serie di ragioni che rendano la cosa impossibile, vuoi per i costi da sostenere, vuoi per la difficoltà a trovarne uno non troppo lontano da casa. Non avere un maestro non preclude la possibilità di imparare a suonare la chitarra. In commercio ci sono tantissimi metodi per autodidatti.

La scelta del metodo va fatta con un certo criterio. Per intenderci, il principiante deve scegliere un metodo appositamente pensato per la sua preparazione che è zero o quasi. Dunque gli esercizi, a difficoltà crescente, devono essere abbastanza semplici e in grado di accompagnare lo studente passo dopo passo. Tutto deve essere spiegato in modo chiaro ed è meglio avere un supporto audio, insomma, un bel DVD in allegato non guasta. Completato il metodo potete scegliere di fermarvi lì oppure proseguire, migliorando con corsi di chitarra avanzati che presentano esercizi più difficili.

 

Le tecniche chitarristiche

Quante tecniche dovrebbe conoscere un chitarrista? Beh, uno musicista se vuole essere completo dovrebbe conoscerne il più possibile ed essere in grado di metterle al servizio della sua musica. Tuttavia è possibile specializzarsi su quelle funzionali al genere musicale che si preferisce suonare. In questa fase potete servirvi di metodi di chitarra dedicati a specifici generi, pensiamo alla chitarra blues, heavy metal, jazz e così via.

 

 

 

Fate con calma

Molti aspiranti chitarristi hanno il brutto vizio di avere fretta; commettono l’errore di preoccuparsi di svolgere l’esercizio velocemente invece che di eseguirlo bene. È importante essere precisi prima che veloci e per essere precisi bisogna andare piano fin quando non si acquisisce l’abilità che permette di eseguire l’esercizio in modo pulito e velocemente.

Altra cosa fondamentale, seguite gli esercizi nel loro ordine e non passate mai al seguente fin quando il precedente non lo avete eseguito a opera d’arte. Avere dei modelli di riferimento è importante, chi suona la chitarra ha dei chitarristi preferiti: osservandoli e ascoltandoli attentamente potete imparare tanto.

 

 

Ultimo aggiornamento: 23.04.24

 

Molto più che semplici strumenti, alcune hanno persino un nome, e sono state suonate da abili musicisti legandosi alla loro storia.

 

Molte chitarre elettriche hanno raggiunto la fama grazie ai chitarristi che l’hanno suonata, altre invece sono entrate nella storia della musica per la loro qualità, per il produttore. Molto spesso si è trattato di un vero e proprio connubio tra strumento e musicista, alcuni matrimoni sono stati dettati dall’amore, altri invece combinati nel senso che alcuni chitarristi utilizzano la chitarra X per contratto, prestano la loro immagine in cambio di denaro: se preferite potete chiamarli influencer. Ma mettiamo da parte questi discorsi e andiamo alla scoperta delle 10 chitarre che sono diventate famose.

 

Lucille

È una nostra fissa, ci siamo sempre chiesti se la scelta degli sceneggiatori di Walking Dead di chiamare Lucille la mazza da baseball di Negan fosse una sorta di omaggio e BB King. La sua Gibson 355-TD, infatti, era stata ribattezzata dal bluesman proprio così: Lucille. È interessante raccontare la sua storia. Si dice che nel 1946 il chitarrista si gettò tra le fiamme per salvare la sua chitarra mentre due uomini erano impegnati in una scazzottata per una donna di nome Lucille. Il risultato fu che la chitarra si salvò mentre i due contendenti morirono. Da quel giorno tutte le chitarre che BB King ebbe, si chiamarono Lucille.

 

 

Blackie

Altra chitarra che non ha bisogno di presentazioni è Blackie; una chitarra costruita da Eric Clapton assemblando i pezzi di tre strumenti. Vale la pena raccontare la storia che c’è dietro la chitarra. Clapton compro per poche centinaia di dollari sei Fender Stratocaster degli anni ’50. Tre di queste furono regalate a Pete Townshend, George Harrison e Steve Winwood. Con le rimanenti costruì Blackie. Clapton suonò per la prima volta la sua creatura nel 1973 al Rainbow Concert. La chitarra prestò servizio fino al 1985. Successivamente venne venduta all’asta per 960.000 dollari.

 

Frankenstrat

Anche Eddie van Halen investì poco più di un centinaio di dollari per realizzare la sua famosa Frankenstrat. Comprò corpo e manico Boogie Bodies e li verniciò con vernice spray. Da una Stratocaster del ’58 rimediò un ponte vintage mentre il pick-up era il paf montato su una Gibson 335 del ’59. Per evitare feedback lo immerse nella cera; fu avvitato nel legno. Per il battipenna ritagliò un vinile di una band che evidentemente non apprezzava molto.

 

Red Special

Red Special è solo uno dei tre nomi con la quale è conosciuta la buona chitarra elettrica (ecco la lista dei migliori prodotti) di Brian May; gli altri due sono Old Lady e Fireplace. Il chitarrista, aiutato dal padre, impiegò circa due anni per completare la chitarra. Per il manicò lavorò la mensola di un vecchissimo camino, diciamo pure antico. Per la tastiera e il corpo scelse legno di quercia. Il binding fu ricavato dal bordo di una libreria. Curioso ciò che costituisce il ponte: la lama di un coltello e le molle originariamente di una moto. Come pick-up la scelta ricadde su dei Burns Trisonic.

 

Concorde

Randy Rhoads sentiva l’esigenza di avere una chitarra fatta su misura per lui. Si rivolse a Grover Jackson che all’epoca era il solo proprietario della Charvel Guitars e gli propose la sua idea: una versione differente della Flying V. Nelle idee del compianto chitarrista la chitarra doveva essere più leggera, ergonomica e avere il ponte mobile. Seguendo queste indicazione, nel 1980 nacque le Concorde che oggi è conosciuta come la Jackson Randy Rhoads.

 

La Gibson SG di Angus Young

Il chitarrista degli AC/DC Angus Young ha indissolubilmente legato la SG alla sua carriera; la utilizza praticamente da sempre e pare ne abbia una vasta collezione. Questo strumento fu progettato all’inizio degli anni ’60 ma non piacque a Les Paul il quale pretese che il suo nome non fosse associato allo strumento. Chissà se non se ne sarà pentito, visto il successo ottenuto.

 

La prima Gibson Les Paul

Non poteva mancare il gioiello nato grazie a Les Paul. Il chitarrista inizio lavorando sulla cassa di una Epiphone e giunse al primo prototipo che battezzò The Log. Propose il modello a Maurice H. Berlin che era il capo della MIC amministrata da Gibson. L’idea non piacque e Les Paul tornò a casa con un pugno di mosche. 

Nel 1959 alla guida di Gibson c’era Ted McCarty che spinse la compagnia verso la produzione dei modelli solid body. In azienda si ricordavano ancora del prototipo di Les Paul e lo richiamarono per lavorarci su e migliorarlo. Stava nascendo la prima solid body Gibson con caratteristiche ben precise: cassa in mogano, top in acero, bombata e con la cassa armonica che si ispirava a quella dei violini. Per pick-up furono scelti due single coil P-90. Nel prototipo il ponte fermacorde era un trapezio collegato al reggicinghia ma nel modello definitivo le corde erano fissate a un nuovo ponte inventato da Les Paul.

 

Steve Vai e la sua Ibanez Jam

La Jem si affaccia sul mercato con innovazioni strabilianti per l’epoca; pensate che fu presentata per la prima volta al NAMM del 1987. La chitarra aveva tre pick-up Di Marzio con split sulle posizioni due e quattro e il filtro passa alto. Lo scasso ricordava l’artiglio di un orso così da permettere una maggiore escursione al Floyd Rose. I tasti erano 24 e grazie al cut-away era possibile arrivare agevolmente alle note più alte. Caratteristica, poi, la maniglia monkey grip. I colori erano molto vivaci.

 

Esquire/Telecaster

Il giovane Bruce Springsteen restò folgorato da una chitarra vista in un negozio. C’era un problema: non aveva i 180 dollari necessari all’acquisto. Poi accadde che formò un contratto con la Columbia Records, intascò l’assegno e corse a comprare quella chitarra che aveva il manico Esquire e il corpo della Telecaster anni ‘50. Nel corso degli anni il Boss ha suonato tantissimo quella chitarra e sottoposta a una infinità di interventi fino al giorno della meritata pensione.

 

 

Carl

I Metallica hanno provato nel garage di una casa ubicata a Carlson Boulevard, California, dal 1983 al 1986. In quel luogo sono nati i pezzi di Ride of the lightning e Master of puppets. Il legno proveniente da quel garage è stato usato per costruire la nuova chitarra del frontman James Hetfield.

 

 

Ultimo aggiornamento: 23.04.24

 

Quando si parla di chitarre non si può prescindere da un marchio che ha portato nel settore una vera e propria rivoluzione con la Telecaster prima e la Stratocaster poi.

 

L’importanza avuta da Fender nel mondo delle chitarre è nota a tutti; il marchio se la gioca alla pari con Gibson nella battaglia della produzione di chitarre elettriche (i migliori modelli) storiche. Sono tanti i chitarristi famosi che non si sono separati mai dalla loro Stratocaster, chitarra che più di altre Fender è entrata nella leggenda. Certo, il marchio sta passando un periodo non esattamente idilliaco, anche se nulla a che vedere con la crisi che ha investito il principale competitor Gibson. 

La situazione non è rosea ma riguarda tutti i fabbricanti di chitarra poiché il mercato è in stagnazione, non c’è il ricambio generazionale auspicato. Ma questi sono altri discorsi perché siamo qui per parlarvi di grandi chitarre.

 

Leo Fender

Protagonista della vicenda è Clarence Leonidas Fender, Leo per gli amici. Leo, nato il 10 agosto del 1909 ad Anaheim sapeva fare molte cose ma suonare la chitarra non era tra queste. Non che non avesse confidenza con la musica, anzi, si dice fosse un discreto sassofonista. Era interessato all’elettronica, anche se agli studi di ingegneria preferì le scienze economiche. Il titolo di studi gli permise di lavorare come contabile allo State of California Highway Department. 

Ma Leo sapeva anche riparare le radio, poi si interessò agli impianti di amplificazione. Da lì ad aprire il Fender Radio Service nel 1938 il passo fu breve. L’attività andava a gonfie vele, vendeva prodotti di elettronica di consumo ma anche dischi e spartiti musicali. Ben presto il Fender Radio Service divenne un luogo d’incontro per gli appassionati di musica della zona, i chitarristi gli portavano le loro chitarre per delle riparazioni, Fender ascoltava le loro esigenze imparò cosa un chitarrista voleva dal suo strumento.

 

 

 

L’incontro con Clayton Orr Kauffman

La svolta arriva quando Fender incontra Clayton Orr Kauffman, musicista e inventore. Dal loro sodalizio nacque la K&F Company nel 1945 che si dedicò alla produzione di chitarre Lap Steel e amplificatori; si trattava di una produzione in piccola quantità. L’esperienza durò circa tre anni poi i due si separarono, anche se rimasero grandi amici fino all’ultimo.

 

Il lancio della Telecaster

L’esperienza con Kauffman aveva permesso a Fender di acquisire maggiore esperienza, imparare nuove cose ma anche di diventare una sorta di visionario. L’idea era di realizzare una solid body. Il primo passo fu di fondare una nuova compagnia, la Fender Musical Instruments. Nel 1950 arrivò sul mercato la Esquire. C’era un problema, quel nome era di proprietà della Gretsch che all’epoca era il maggior produttore del settore. 

Nell’attesa di trovare un altro nome, la chitarra fu ribattezzata Broadcaster come l’etichetta della paletta. In seguito la chitarra fu chiamata Telecaster. Ma cosa aveva di vincente la chitarra? Non era solo una questione di suono, l’estetica aveva giocato un ruolo fondamentale nel successo dello strumento e questo Fender lo aveva capito bene: le chitarre dovevano essere anche oggetto di design e colpire gli occhi oltre che le orecchie. 

La struttura della chitarra era semplice: manico e corpo erano uniti da viti, sistema che ha ridotto i costi di produzione; di conseguenza Fender, rispetto alla concorrenza poteva proporre buone chitarre ma a prezzi inferiori. La scelta del frassino per il corpo risolveva il problema del feedback quindi si poteva suonare a volumi più alti.

 

Fender Precision Bass

Nel 1951 Fender lancia il suo primo basso: il Precision Bass. Lo strumento si caratterizza per un timbro pieno e corposo e per la tastiera con 20 tasti Il basso, inoltre, rispetto al contrabbasso, era più leggero, meno ingombrante e dunque più maneggevole. Altra cosa importante, il basso di Fender era amplificabile. Nelle intenzioni di Fender, il basso poteva essere suonato anche dai chitarristi, ecco perché lo dotò dei tasti.

Ciò originò l’idea di chiamarlo Precision perché un manico del genere permetteva di prendere con precisione la nota anche da musicisti meno esperti. Da un punto di vista estetico, Fender si ispirò alla Telecaster. Il corpo era in frassino mentre manico e tastiera in acero. C’era un solo pick-up al centro. Nel 1957 Fender presentò una nuova versione del Precision ma questa volta il design era simile alla Stratocaster mentre il pick-up (single coil split) aveva due magneti separati che grazie alla polarità opposta generavano un suono ancor più corposo e caldo.

 

Stratocaster

Antagonista della Gibson Les Paul con la quale è in perenne lotta, è la Fender Stratocaster. Lo strumento è frutto della collaborazione di Leo Fender con Freddie Tavares, Rex Gallion e Bill Carson e fu completata nel 1954. Fender voleva una chitarra che introducesse novità sia tecniche sia di design. In particolare voleva una chitarra più ergonomica rispetto alla Telecaster. 

La forma era molto particolare: scavata sulla spalla e questo consentiva di raggiungere agevolmente le note più alte. Aveva la leva del vibrato integrata al corpo, il sustain era notevole e il ponte con stelette consentiva una regolazione accurata, i pick-up al manico e al centro erano perpendicolari alle corde mentre quello al ponte era angolato di 20° per enfatizzare i toni alti. L’unica vera modifica rispetto al primo modello ci fu nel 1977 quando il selettore a tre posizioni fu sostituito da uno a cinque grazie al quale si potevano utilizzare due pick-up in contemporanea.

 


 

Un calo qualitativo

Con il passaggio dell’azienda alla CBS nel gennaio del 1965 la qualità degli strumenti ebbe un calo: Molte modifiche furono apportate al solo scopo di velocizzare il processo di produzione. Anche i materiali non erano più gli stessi, in particolare il ponte era in metallo pressofuso di qualità inferiore rispetto al precedente e anche la scelta delle vernici in poliestere non aiutò.

 

 

Ultimo aggiornamento: 23.04.24

 

Vi stuzzica l’idea di imparare a suonare il violino? Vorreste che vostro figlio imparasse lo Strumento? Vi spieghiamo i primi passi da compiere verso la tortuosa e difficile strada del violinista.

 

Pur non avendo sui giovani lo stesso appeal che potrebbe avere la chitarra o la batteria, il violino è uno strumento che non manca di estimatori anche tra i più giovani, anzi, molti iniziano a suonarlo fin da piccolissimi. Chiaramente iniziare presto non basta, anche se è una buona cosa. 

Il violino è uno strumento complicato e dunque richiede impegno e disciplina. Comprendiamo che chiedere queste cose a un ragazzino, se non un bimbo, può essere troppo. È giusto pretendere tanto? No, dal piccolo non va preteso nulla, suonare deve essere un piacere non un obbligo ed è importante che i genitori lo comprendano.

 

Trovare il maestro giusto

La cosa più importante è trovare un buon maestro, non è facile ma lo è ancora meno per i giovani allievi. Perché lo diciamo? Perché insegnare ai bambini richiede un approccio diverso rispetto a quello per le persone adulte o comunque più mature. Con i bimbi bisogna avere pazienza da vendere ma anche sapere come prenderli, come rivolgersi loro e spiegare le cose. Ecco, nel caso di piccoli allievi il maestro dovrebbe essere abile a introdurre lo strumento sotto forma di gioco ma cose del genere non si imparano al conservatorio è più che altro una attitudine innata o un’abilità che si acquisisce dopo anni di esperienza.

La figura del maestro non è fondamentale solo per imparare la teoria e la tecnica, e correggere gli errori durante l’esecuzione degli esercizi o di una musica ma anche per dare consigli, ad esempio, per comprare il miglior violino per quel determinato allievo. Un maestro è in grado innanzitutto di dirci, “compra tal volino”, oppure esprimere un parere su uno strumento che interessa all’allievo o al genitore (nel caso l’allievo sia piccolo per comprarselo da solo). Non si può studiare al meglio su un pessimo studente e il rischio di comprare un cattivo violino è concreto quando si è inesperti.

 

 

Scegliere una scuola con programma musicale

Una buona alternativa al maestro privato, almeno come prima fase di apprendimento, può essere di scegliere per il figlio una scuola che abbia tra le attività extrascolastiche un programma di educazione musicale. Non sono poche le scuole che praticano il tempo prolungato e prevedono l’insegnamento di uno strumento. È certamente una ottima esperienza formativa anche perché ciò permette ai ragazzi di suonare insieme in una piccola orchestra e in molti casi partecipare anche a dei concorsi.

 

L’archetto

Quando comprate un violino l’archetto non è teso quindi tocca a voi questa operazione. La tensione dei crini non deve essere eccessiva ma neanche troppo blanda. Una volta tesi i crini dovete passare la colofonia. Non esagerate con la quantità altrimenti il suono del violino sarà stridulo.

Ma vediamo in che modo va tenuto l’archetto. Mettete l’indice sull’impugnatura che si trova tra la fascetta e il tallone. Tenete dolcemente l’archetto, assolutamente non va stretto e non bisogna schiacciare le corde. La parte piatta dei crini vanno appoggiate all’incirca alla metà tra il ponte e la tastiera. Il movimento dell’arco deve essere dritto

 

La posizione della mano

La mano va sinistra va messa attorno la base del manico, la punta del pollice deve restare visibile e le dita piegate e rilassate. Evitate che il polso e la parte finale del pollice tocchino il manico dello strumento.

 

L’accordatura

Lo strumento deve essere accordato. L’accordatura standard del violino è Sol, Re, La, Mi. Il metodo più semplice e consigliato per un principiante è servirsi di un accordatore.

 

Suonare seduti si può

Il violino è uno strumento che spesso si vede suonare in piedi ma ciò non toglie che lo si possa fare anche da seduti. È importante che la sedia favorisca la postura corretta, pertanto quelle morbide non vanno bene perché complicherebbero l’assunzione della suddetta postura in quanto la schiena tenderebbe a incurvarsi.

 

 

Suonate le corde a vuoto

Per cominciare a prendere confidenza con lo strumento, il primo esercizio prevede che si suonino le corde a vuoto. Tenete il manico tra il pollice e l’indice. Arco, polso, gomito, spalla e punto di contatto vanno tenuti sullo stesso piano. Il cambio della corda deve avvenire alzando e abbassando l’altezza del gomito. All’inizio è bene provare con movimenti brevi di 10 centimetri circa per poi ampliarli fino a sfruttare tutta la lunghezza dell’archetto. Questo primo esercizio è fondamentale e deve essere eseguito bene. Bisogna esercitarsi fin quando non si riesce a suonare una corda alla volta senza toccare le altre. Esercitarsi davanti a uno specchio aiuta molto poiché permette di osservarsi e notare più facilmente eventuali errori.

 

 

Ultimo aggiornamento: 23.04.24

 

Genio assoluto, violinista inarrivabile: su Paganini si è detto di tutto e di più, persino che avesse stretto un patto con il diavolo ma alla base della sua bravura potrebbe esserci una rara malattia.

 

Più di chiunque altri il violino si associa inevitabilmente a Niccolò Paganini, il più grande violinista di tutti i tempi. Il suo talento finì ben presto sulla bocca di tutti, i suoi Capricci sono celebri in tutto il mondo, divenne una sorta di rockstar che tutti volevano ascoltare suonare e sarebbe riuscito a tirare fuori della musica incredibile persino da un violino economico.

 

Un losco figuro

L’aspetto di Paganini, il suo stile, diciamo così, si avvicinava a quello del losco figuro. Il suo look non passava inosservato e probabilmente ha contribuito ad alimentare alcune dicerie sulle quali torneremo tra un attimo. Aveva i capelli lunghi, arruffati, qualche dente gli mancava e il naso era piuttosto pronunciato. Cupo, indossava solo abiti neri e portava sempre delle lenti blu che spiccavano sul magro viso pallido. Chissà se ci fosse un calcolo dietro il suo look, fatto sta che l’aurea di mistero che aveva intorno a sé contribuì ad accrescere la sua fama. 

Ma a differenza di tante presunte star moderne della musica, Paganini il talento ce l’aveva davvero. Era talmente bravo che sul suo conto iniziarono a circolare delle voci oltretutto avvalorate dal suo aspetto. La sua abilità era tale da spingersi oltre i limiti umani. Si diceva che il musicista avesse siglato un patto con Satana. Quando sopraggiunse la morte nel 1840, Il vescovo di Nizza vietò la sepoltura in terra consacrata, allora il corpo fu imbalsamato e sistemato nella cantina della casa, dove era deceduto. Solo nel 1853 ricevette degna sepoltura nel cimitero di Gaione prima e in quello della Villetta a Parma.

 

 

Una malattia rara il segreto di Paganini

Che Paganini non godesse di ottima salute è cosa nota aveva contratto la tubercolosi e la sifilide ma secondo le ricerche più recenti soffriva anche di una malattia che probabilmente fu il segreto della sua abilità tecnica. Secondo alcuni studiosi è molto probabile che Paganini soffrisse della sindrome di Marfan, una patologia autosomica dominante che interessa il tessuto cognitivo. 

Le manifestazioni della sindrome sono diverse ma tra quelle che riguardano i muscoli e lo scheletro, le persone colpite dalla sindrome denotano una maggiore altezza rispetto alla media, eccessivamente magri, dita lunghe e affusolate. Sembra essere l’identikit di Paganini che proprio grazie alle sue dita riusciva a correre velocemente sulla tastiera del suo violino, a compiere salti melodici di diverse ottave e alternare rapidamente note suonate con l’arco a pizzicate. Il grandioso violinista, dunque, era un disabile che seppe trarre un vantaggio dalla sua condizione, anche se pagato a caro, carissimo prezzo.

 

Paganini non ripete

“Io sono come Paganini, non concedo il bis”. “Paganini non ripete”. Quante volte avrete sentito dire queste frasi cult pensando che il violinista fosse un tipo altezzoso, snob, pieno di sé. Ma come spesso è accaduto con Paganini, si tratta di una diceria o quasi. In vero la famosa frase ebbe origine nel 1818. Era febbraio e in programma al Teatro Carignano di Torino c’era una esibizione di Paganini alla quale assistette Carlo Felice di Savoia. Il nobile mandò un suo emissario per chiedere al Maestro di ripetere un brano. La risposta del violinista fu netta: “Paganini non ripete”.  

Ci fu immediata ritorsione: a Paganini fu fatto divieto di suonare il terzo concerto in programma per l’affronto subito da Carlo Felice. Va detto che non si trattava di un affronto, semplicemente Paganini non era in grado di ripetere innanzitutto perché gran parte di ciò che suonava era frutto di improvvisazione, poi perché il suo modo frenetico, viscerale, di suonare gli causava lesioni ai polpastrelli.

 

Un uomo generoso

Probabilmente le sofferenze provate da Paganini hanno contribuito ad avvicinarlo alle persone meno agiate. A dispetto delle voci che giravano sul suo conto, in più occasioni ha sfoggiato la sua generosità (senza mai farne vanto, sia chiaro) aiutando i bisognosi e musicisti in difficoltà.

Non di rado i proventi dei suoi spettacoli venivano destinati ai poveri e agli ammalati delle città che ospitavano le sue esibizioni. Tutto ciò era in netto contrasto con un’altra diceria che circolava sul conto di Paganini, ossia, che era uno spilorcio.

 

 

L’importanza del figlio

Nella vita di ogni genitore i figli hanno una grande importanza ma Achille, così si chiamava il figlio del violinista diede un grande aiuto al genitore quando i suoi problemi di salute si aggravarono.

Quando perse l’uso della parola, il figlio fungeva da messaggero poiché era in grado di leggere dalle labbra del padre. Dopo la morte di Niccolò, Achille si attivò finché tutto il lavoro del padre non andasse perduto, riordinò le opere e tramandò ai nipoti l’affetto per il nonno.

 

 

Ultimo aggiornamento: 23.04.24

 

Ci sono strumenti che acquisiscono un valore stratosferico, vuoi perché realizzati da grandissimi maestri liutai del passato, voi perché appartenuti a musicisti famosi: scopriamo quali sono i più costosi.

 

Ci sono strumenti che hanno un valore non quantificabile per la loro importanza storica. Tuttavia la domanda è: si può dare un prezzo alla storia? Come avrete modo di notare dalla classifica degli strumenti più costosi al mondo, la risposta è affermativa. Non fraintendeteci, nella nostra Top Ten non troverete soltanto “pezzi da museo” ma anche strumenti musicali che hanno raggiunto cifre astronomiche per essere appartenute ad artisti dei nostri tempi, pensiamo, per esempio, alla Stratocaster di Eric Clapton. 

Ma come potrete facilmente immaginare, a dominare la nostra classifica è Stradivari; sono i suoi i violini più venduti. Il collezionismo di strumenti musicali è un mercato molto ampio e remunerativo e proprio la presenza di tanti facoltosi collezionisti, contribuisce a far salire vertiginosamente i costi. Durante le battute d’asta con oggetto strumenti rari, si assistono a veri e propri duelli a suon di milioni.

 

Viola Stradivari Macdonald

Stradivari è famoso nel mondo per i suoi violini ma l’abile liutaio costruiva anche strumenti come le viole. Se i primi sono rari, le seconde lo sono ancora di più. La Macdonald – chiamata così in onore di un suo precedente possessore – ha un valore stimato in 45 milioni. La stima si spiega per una serie di fattori. Innanzitutto il fatto di essere una delle dieci viole Stradivari di cui si conosce l’esistenza, poi il periodo nella quale è stata costruita dal maestro, nel 1719 che rientra nel cosiddetto periodo d’oro che va dal 1700 al 1720, poi l’ottimo stato di conservazione. 

La viola è stata parte della collezione di illustri personaggi. È appartenuta al Godfrey Bosville, terzo barone di Macdonald che la fece sua negli anni venti dell’800. Nel 1964 fu acquistata da Peter Schidlof del Quartetto Amadeus. I suoi eredi hanno messo all’asta lo strumento.

 

 

Violoncello Stradivari Duport

Il violoncello Stradivari Duport ha un valore di 20 milioni. La sua costruzione risale al 1711 e prende il nome da Jean-Pierre Duport che n’è stato il proprietario nei primi del 1800. E chissà se l’ammaccatura che si dice sia stata provocata da Napoleone Bonaparte abbia fatto diminuire o aumentare il suo valore. Si racconta, infatti, che Duport concesse all’imperatore di suonarlo ma questi fu piuttosto maldestro nel maneggiarlo e con gli stivali abbia provocato l’ammaccatura.

Nel 1943 lo strumento passò a Auguste-Joseph Franchomme per 22.000 franchi e fu anche preso a modello dal liutaio Jean Baptiste Vuillaume. Tutt’altro che maldestro è stato Mstislav Rostropovich che ha suonato il violoncello dal 1975 fino al 2007 quando morì.

 

Violino Stradivari Lady Blunt

Dobbiamo scorrere fino al terzo posto per trovare il primo violino Stradivari che comunque occupa tutto il podio, si aggiudica medaglia d’oro, argento e bronzo e più in generale monopolizza la classifica degli strumenti più costosi. Il suo valore è stimato intorno ai 16 milioni di dollari e deve il suo nome a Lady Anne Blunt quindicesima baronessa di Wentworth e figlia di Lord Bayron e fu costruito nel 1721.

 

Violino Stradivari Hammer

Costruito nel 1707 , il suo valore è stimato sui 3,5 milioni di dollari, prende il nome da Christian Hammer, un collezionista del diciannovesimo secolo.

 

Violino Stradivari Lady Tennant

La costruzione dello Stradivari Lady Tennant risale al 1699 e il suo valore è di 2 milioni di dollari. Nel 1900 entrò in possesso di un uomo di affari scozzese che lo comprò per omaggiare la sua signora; fu in quell’occasione che il violino venne battezzato Lady Tennant, in onore della donna che lo ricevette in dono.

 

Piano Steinway Z

Il pianoforte apparteneva a John Lennon che lo usò per comporre quello che probabilmente è il suo brano più famoso: Imagine. Lennon comprò il piano nel 1970. Nel 2000 il cantante George Michael si aggiudicò all’asta il piano spendendo la somma di 1,7 milioni di dollari. All’epoca l’ex Wham dichiarò che quel pianoforte valesse ogni centesimo speso.

 

Blackie Stratocaster

A un’asta di Christie’s, New York, la Blackie Stratocaster appartenuta a Eric Clapton fu venduta per 960.000 dollari. Lo strumento fu costruito dal chitarrista nel 1970 che scelse le parti migliori da tre chitarre. Ma forse la storia merita di essere raccontata nel dettaglio pur restando sintetici. Clapton comprò da Show-Bad sei chitarre Stratocaster degli anni ’50 spendendo poche centinaia di dollari.

Di queste sei, tre le regalò rispettivamente a Stevie Winwood, George Harrison e Pete Townshend. Delle restanti tre, seleziona le parti migliori per assemblarle in un unico strumento. La chitarra fa il suo esordio nel 1973 al Rainbow Concert e accompagna Clapton sul palco fino al 1985 poiché le sue condizioni non ne consentivano più un uso professionale.

 

Martin OM-45 De Luxe Authentic 1930

La CF Martin ha realizzato soltanto quindici esemplari di questa chitarra uno dei quali se lo aggiudicò il musicista country Roy Rogers, Il suo valore è di 555.000 dollari ma pensate, per una replica potreste arrivare a pagare fino a 100.000 dollari.

 

Viola Gasparo Bertolotti da Salò

Gasparo da Salò è uno dei più importanti liutai della storia. Cinquant’anni della sua vita (1540 – 1609) li ha dedicati alla costruzione di strumenti a corda. Nel 2004 la sua viola fu venduta alla ragguardevole somma di 543.000 dollari.

 

 

Violoncello Gennaro Gagliano

I Gagliano sono stati un’importante famiglia di liutai napoletani. Alessandro fu allievo di Stradivari. Il suo secondogenito Gennaro realizzò questo violoncello che nel 2009 fu ceduto all’asta per 362.500 dollari.

 

 

Ultimo aggiornamento: 23.04.24

 

Stradivari è il nome sulla bocca di tutti quando si parla di violini, ma la liuteria nostrana, e in particolare quella cremonese, ci ha regalato tanti altri maestri.

 

Ci sono liuterie e liutai entrate a far parte della storia e della cultura Italiana. Il nostro Paese, da secoli, vanta una tradizione senza uguali. I preziosi segreti sono stati tramandati di generazione in generazione, molto spesso da padre a figlio, anche se non sono mancati illustri allievi che come si suol dire, hanno imparato l’arte e l’hanno messa da parte per poi diventare essi stessi liutai di fama mondiale. In un tale contesto il centro del mondo non può che essere Cremona con la sua liuteria tradizionale, un’arte tipica dell’artigianato locale, riconosciuta anche dall’UNESCO, specializzata soprattutto nella costruzione di strumenti ad arco come violini, viole e violoncelli.

 

Andrea Amati e famiglia

Il mito della liuteria cremonese ha avuto inizio con Andrea Amati che iniziò a costruire violini nel 1520. Pur non essendoci precise fonti a riguardo, molti studiosi sono concordi nel ritenere che fosse lui l’inventore del violino. Tutto ciò che resta della sua opera si riduce a 16 strumenti musicali costruiti tra il 1564 e il 1574. Gli strumenti sono divisi tra il museo di Oxford (UK), il South Dakota Museum (USA), il comune di Cremona e due collezioni private. 

Andrea ha avuto due figli che hanno seguito le sue orme, Antonio nato nel 1540 e Girolamo nato nel 1550. Non è certo se i due fossero effettivamente fratelli oppure fratellastri poiché Andrea si era risposato. Anche sulla vita dei due fratelli si sa molto poco. Di certo c’è che il rapporto tra i due non fu sempre idilliaco tanto è vero che si separarono nel 1588 come testimoniano anche alcune etichette riportanti solo i nomi dell’uno e dell’altro. 

Morto Antonio nel 1607 Girolamo riprese a usare etichette con i nomi di entrambi, evidentemente fu una scelta di marketing. Dei dieci figli avuti da Girolamo, il terzogenito Nicolò seppe tenere in alto il nome degli Amati diventando uno dei liutai più famosi della storia. L’ultimo liutaio della famiglia Amati sarà Girolamo II, secondogenito nato dal matrimonio con Lucrezia Pagliari.

 

 

Guarneri

Un’altra famiglia celebre della liuteria cremonese è Guarneri. Di loro, in vero non si sa molto. Tra le poche cose note c’è che Andrea Guarneri si formò presso la bottega di Nicolò Amati dal 1641 fino al 1645 come apprendista ma è certo che collaborò con Amati fino al 1654. Imparò molto dal maestro ma non lo superò mai. Dei suoi due figli Pietro e Giuseppe, solo quest’ultimo seguì le orme del padre. Il ruolo di Giuseppe nella realizzazione del piccolo violoncello (costruito un decennio prima di quello di Stradivari), fu determinante. 

Un discorso analogo lo si può fare con la viola contralto e anche in questo caso giocò d’anticipo su Stradivari. Dopo la morte del padre, Giuseppe proseguì con l’attività perfezionando e modificando il suo stile. Ebbe tre figli, il terzultimo Bartolomeo Giuseppe, conosciuto anche come Guarneri del Gesù, che si prefisse di fondere lo stile Stradivari con quello della scuola bresciana. 

Lo strumento più noto di Guarneri del Gesù è il Cannone di Paganini che è custodito presso il Palazzo Municipale di Genova dal 4 luglio del 1851. Lo strumento fu donato alla Civica Amministrazione dal suo proprietario Achille Paganini, figlio del celebre Nicolò, dopo la sua morte come espresso nel testamento.

 

Antonio Stradivari

Quando si parla di violini (ecco la lista dei migliori prodotti) storici non si può evitare di parlare del maestro dei maestri Antonio Stradivari; naturalmente nato a Cremona, anno 1644. Apprese l’arte presso la bottega di Nicola Amati. Sposò Francesca Ferraboschi, rimasta vedova e incinta; una condizione cui bisognò far fronte con un matrimonio combinato. 

Paganini aprì la sua bottega a Piazza S. Domenico nel 1680 insieme ai figli Omobono e Francesco. Quattro anni dopo morì Nicola Amati così lo scettro di liutaio più importante di Cremona passò ad Antonio Stradivari. Nei primi del ‘700 stradivari costruì alcuni dei suoi strumenti più famosi come l’Hellier, il Toscano e la viola Medicea. Pur non essendoci la certezza assoluta, è plausibile ritenere che fi stradivari il primo a portare avanti gli studi sulla modifica dell’inclinazione del manico. 

 

 

Quando la musica cominciò a essere ascoltata nei teatri, dunque in ambienti più grandi rispetto a quelli sui si era abituati, si presentò la necessità di un suono più potente. Di qui l’idea di inclinare il manico all’indietro incastrando e incollando parte di esso all’interno dello zocchetto così da resistere alla tensione. Si presentò anche l’esigenza di allungare la catena e la tastiera così da accedere alle posizioni più alte. Per la tastiera, inoltre, fu usato l’ebano poiché più resistente. Fu così che nacque il violino moderno. 

L’attività di Stradivari è distinta in quattro periodo. Il primo va dal 1666 al 1680. Durante questa fase si nota l’influenza stilistica del maestro Nicolò Amati. I violini realizzati in quest’epoca hanno l’etichetta “Antonius Stradivarius Cremonensis alunnum Nicolò Amati”. I secondo periodo, detto “amatizzato” va dal 1680 al 1690. In questi anni i suoi violini rispecchiano tutte le caratteristiche degli strumenti creati dalla famiglia Amati, sono più rotondi e ampi rispetto a quelli del primo periodo. 

In questa fase Stradivari realizza i primi violoncelli in forma grande. Tale forma è detta “A”. Nel terzo periodo che va dal 1690 al 1700 è il decennio degli strumenti lunghi caratterizzati da un suono più cupo. Il primo ventennio del ‘700 è detto “periodo d’oro”. Gli strumenti realizzati durante questo periodo sono i più costosi e ricercati. Il quinto periodo la mano di Nicolò è quasi assente; è il figlio Francesco a fare il grosso del lavoro ma ciò coincide con un peggioramento qualitativo del livello di produzione.

 

 

Ultimo aggiornamento: 23.04.24

 

Vi proponiamo una selezioni di dieci opere scritte ed eseguite da grandissimi musicisti del passato. Attenzione, perché l’ordine dei brani è casuale, non si tratta di una classifica.

 

Dobbiamo dire che non c’è musica che non possa essere suonata con un violino. È altrettanto vero che ci sono musiche pensate principalmente per tale strumento. Molte sono conosciutissime, anche se magari si ignora il compositore. Le composizioni possono essere di difficile esecuzione ma tutti quelli che stanno cercando dei violini venduti online perché sognano di imparare a suonare, non disperino perché con l’impegno potranno imparare le musiche che vi introdurremo a breve.

 

Il volo del calabrone

Probabilmente non esiste persona al mondo che almeno una volta non abbia avuto modo di ascoltare – anche solo parzialmente – Il volo del calabrone. Si tratta del terzo episodio dell’Opera “La favola dello zar Saltan” composta da Nikolaj Andreevič Rimskij-Korsakov tra il 1899 e il 1900.  In vero il brano, che nella versione originale è accompagnato anche dal testo, non ha un titolo poiché è un interludio, ma è comunemente identificato, appunto, con Il volo del calabrone.

 

 

Le quattro stagioni

Le quattro stagioni è il titolo comunemente usato per indicare i quattro concerti solistici per violino; sono tratte da “Il cimento dell’armonia e dell’inventione”; l’autore è Antonio Vivaldi. I concerti delle quattro stagioni si dividono in tre movimenti: il primo e il terzo sono in tempo Allegro o Presto; il secondo ha un tempo adagio.

 

Ciaccona in Sol minore per violino e basso continuo

Si ritiene che la Ciaccona sia stata composta da Tommaso Antonio Vitali ed è la sua opera più nota. Una delle sue caratteristiche principali è che nelle sue modulazioni tocca il Si bemolle, una tonalità inusuale per il periodo barocco.

 

Concerto per violino

Sul finire degli anni ’20 del 1900 stava nascendo un nuovo astro del violino: Samuel Dushkin. Il suo nome giunse a Stravinskij per bocca di Willi Strecker, direttore delle Edizioni Schott che approfittando di un soggiorno del noto compositore a Wiesbaden, tappa di un suo tour, ebbe l’ardire di chiedergli di comporre un concerto per Dushkin. Alla richiesta, Stravinskij esitò per un attimo poiché non essendo un violinista e non avendo una conoscenza approfondita delle tecniche dello strumento, riteneva di non essere all’altezza del compito. Alla fine si convinse a patto che Dushkin si prestasse a fare da consulente.

 

violinisti famosi

10 brani per violino da conoscere assolutamente

 

Duo Concertante

Igor’ Fëdorovič Stravinskij è l’autore di Duo Concertante per violino e pianoforte. L’opera è diretta conseguenza della collaborazione tra Stravinskij e il violinista Samuel Dushkin che l’anno prima (1931) si era concretizzata nel Concerto per violino in re. La cosa interessante era che Stravinskij inizialmente non amava unire pianoforte e strumenti ad arco ma la collaborazione con Dushkin lo convinse del contrario.

 

Pregio
Difetto
Conclusione
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Concerto per violino e orchestra

Ludwig van Beethoven impiegò circa sei mesi per comporre il Concerto per violino e orchestra in re minore. L’opera è datata 1806 ed è in tre movimenti: Allegro ma non troppo, Larghetto e Rondò. Allegro. Non c’è interruzione tra il secondo e il terzo movimento. L’esordio dell’opera di al Theater an der Wien il 23 dicembre del 1806 da Franz Clement, violinista e direttore d’orchestra.

 

I 24 Capricci op. 1

Nella nostra selezione di certo non poteva mancare colui che è da più parti ritenuto essere il più grande violinista mai esistito al mondo. Ovviamente stiamo parlando del misterioso Nicolò Paganini. Nel 1820 il musicista pubblicò i 24 Capricci op. 1. Si tratta di composizioni dal carattere virtuosistico, chiaramente di difficile esecuzione vista la gran varietà di tecniche come ricochet, picchettati, pizzicati, decime e ottave.

 

Il trillo del diavolo

Il trillo del diavolo (titolo originale La Sonata per Violino in Sol Minore) è una sonata per violino e basso continuo. Autore è Giuseppe Tartini. L’esecuzione richiede un’ottima tecnica ed è davvero impegnativa. La struttura della composizione è di tre movimenti, vediamoli. Il primo è il larghetto affettuoso in 12/8. In questa fase l’esecuzione non presenta grosse difficoltà. Il secondo movimento, invece, è Allegro in 2/4. Qui la struttura si fa più complessa e il violino si rende protagonista di diversi passaggi virtuosistici. Il terzo e ultimo movimento è Andante Allegro Adagio con alternanza in 2/4 e 4/4.

 

Sonata n.1 per violino e pianoforte

Tra il 1878 e il 1879 Johannes Brahms compose l’opera di musica da camera Sonata n.1 per violino (ecco i migliori modelli) e pianoforte. La struttura prevede tre movimenti che sono vivace ma non troppo, Adagio in mi bemolle maggiore e Allegro molto moderato in sol maggiore. L’esordio dell’opera fu l’8 novembre del 1879 a Bonn e fu eseguita dal violinista Robert Heckmann e dalla pianista Marie Heckmann-Hertig.

 

 

Tema e variazioni

Si tratta di musica da camera per violino composta nel 1932 da Olivier Messiaen. L’esordio dell’opera davanti al pubblico fu il 22 novembre del 1932; ad eseguirla furono lo stesso Messiaen e la sua prima moglie Louise Justine Delbos. L’opera si divide in sei sezioni.

 

 

Liuterie e liutai famosi

 

Stradivari è il nome sulla bocca di tutti quando si parla di violini, ma la liuteria nostrana, e in particolare quella cremonese, ci ha regalato tanti altri maestri.

 

Ci sono liuterie e liutai entrate a far parte della storia e della cultura Italiana. Il nostro Paese, da secoli, vanta una tradizione senza uguali. I preziosi segreti sono stati tramandati di generazione in generazione, molto spesso da padre a figlio, anche se non sono mancati illustri allievi che come si suol dire, hanno imparato l’arte e l’hanno messa da parte per poi diventare essi stessi liutai di fama mondiale. In un tale contesto il centro del mondo non può che essere Cremona con la sua liuteria tradizionale, un’arte tipica dell’artigianato locale, riconosciuta anche dall’UNESCO, specializzata soprattutto nella costruzione di strumenti ad arco come violini, viole e violoncelli.

 

Andrea Amati e famiglia

Il mito della liuteria cremonese ha avuto inizio con Andrea Amati che iniziò a costruire violini nel 1520. Pur non essendoci precise fonti a riguardo, molti studiosi sono concordi nel ritenere che fosse lui l’inventore del violino. Tutto ciò che resta della sua opera si riduce a 16 strumenti musicali costruiti tra il 1564 e il 1574. Gli strumenti sono divisi tra il museo di Oxford (UK), il South Dakota Museum (USA), il comune di Cremona e due collezioni private. 

Andrea ha avuto due figli che hanno seguito le sue orme, Antonio nato nel 1540 e Girolamo nato nel 1550. Non è certo se i due fossero effettivamente fratelli oppure fratellastri poiché Andrea si era risposato. Anche sulla vita dei due fratelli si sa molto poco. Di certo c’è che il rapporto tra i due non fu sempre idilliaco tanto è vero che si separarono nel 1588 come testimoniano anche alcune etichette riportanti solo i nomi dell’uno e dell’altro. 

Morto Antonio nel 1607 Girolamo riprese a usare etichette con i nomi di entrambi, evidentemente fu una scelta di marketing. Dei dieci figli avuti da Girolamo, il terzogenito Nicolò seppe tenere in alto il nome degli Amati diventando uno dei liutai più famosi della storia. L’ultimo liutaio della famiglia Amati sarà Girolamo II, secondogenito nato dal matrimonio con Lucrezia Pagliari.

 

 

Guarneri

Un’altra famiglia celebre della liuteria cremonese è Guarneri. Di loro, in vero non si sa molto. Tra le poche cose note c’è che Andrea Guarneri si formò presso la bottega di Nicolò Amati dal 1641 fino al 1645 come apprendista ma è certo che collaborò con Amati fino al 1654. Imparò molto dal maestro ma non lo superò mai. Dei suoi due figli Pietro e Giuseppe, solo quest’ultimo seguì le orme del padre. Il ruolo di Giuseppe nella realizzazione del piccolo violoncello (costruito un decennio prima di quello di Stradivari), fu determinante. 

Un discorso analogo lo si può fare con la viola contralto e anche in questo caso giocò d’anticipo su Stradivari. Dopo la morte del padre, Giuseppe proseguì con l’attività perfezionando e modificando il suo stile. Ebbe tre figli, il terzultimo Bartolomeo Giuseppe, conosciuto anche come Guarneri del Gesù, che si prefisse di fondere lo stile Stradivari con quello della scuola bresciana. 

Lo strumento più noto di Guarneri del Gesù è il Cannone di Paganini che è custodito presso il Palazzo Municipale di Genova dal 4 luglio del 1851. Lo strumento fu donato alla Civica Amministrazione dal suo proprietario Achille Paganini, figlio del celebre Nicolò, dopo la sua morte come espresso nel testamento.

 

Antonio Stradivari

Quando si parla di violini storici non si può evitare di parlare del maestro dei maestri Antonio Stradivari; naturalmente nato a Cremona, anno 1644. Apprese l’arte presso la bottega di Nicola Amati. Sposò Francesca Ferraboschi, rimasta vedova e incinta; una condizione cui bisognò far fronte con un matrimonio combinato. 

Paganini aprì la sua bottega a Piazza S. Domenico nel 1680 insieme ai figli Omobono e Francesco. Quattro anni dopo morì Nicola Amati così lo scettro di liutaio più importante di Cremona passò ad Antonio Stradivari. Nei primi del ‘700 stradivari costruì alcuni dei suoi strumenti più famosi come l’Hellier, il Toscano e la viola Medicea. Pur non essendoci la certezza assoluta, è plausibile ritenere che fi stradivari il primo a portare avanti gli studi sulla modifica dell’inclinazione del manico. 

 

 

Quando la musica cominciò a essere ascoltata nei teatri, dunque in ambienti più grandi rispetto a quelli sui si era abituati, si presentò la necessità di un suono più potente. Di qui l’idea di inclinare il manico all’indietro incastrando e incollando parte di esso all’interno dello zocchetto così da resistere alla tensione. Si presentò anche l’esigenza di allungare la catena e la tastiera così da accedere alle posizioni più alte. Per la tastiera, inoltre, fu usato l’ebano poiché più resistente. Fu così che nacque il violino moderno. 

L’attività di Stradivari è distinta in quattro periodo. Il primo va dal 1666 al 1680. Durante questa fase si nota l’influenza stilistica del maestro Nicolò Amati. I violini realizzati in quest’epoca hanno l’etichetta “Antonius Stradivarius Cremonensis alunnum Nicolò Amati”. I secondo periodo, detto “amatizzato” va dal 1680 al 1690. In questi anni i suoi violini rispecchiano tutte le caratteristiche degli strumenti creati dalla famiglia Amati, sono più rotondi e ampi rispetto a quelli del primo periodo. 

In questa fase Stradivari realizza i primi violoncelli in forma grande. Tale forma è detta “A”. Nel terzo periodo che va dal 1690 al 1700 è il decennio degli strumenti lunghi caratterizzati da un suono più cupo. Il primo ventennio del ‘700 è detto “periodo d’oro”. Gli strumenti realizzati durante questo periodo sono i più costosi e ricercati. Il quinto periodo la mano di Nicolò è quasi assente; è il figlio Francesco a fare il grosso del lavoro ma ciò coincide con un peggioramento qualitativo del livello di produzione.