Ultimo aggiornamento: 19.04.24

 

La musica è la migliore messaggera d’amore, basta solo conoscere le canzoni adatte per fare colpo sulla vostra dolce metà. 

 

Non c’è modo più bello di comunicare i propri sentimenti di una bella canzone d’amore. La musica carica di emozioni può avvolgere il cuore, specialmente quando si ascoltano le canzoni romantiche realizzate dagli artisti più bravi. 

Le canzoni d’amore italiane sono state e sono ancora il cavallo di battaglia di molti artisti nostrani, basta pensare alle varie edizioni del Festival di Sanremo dove una buona percentuale dei brani inediti sono dedicati a questo sentimento. Anche nei dischi dei migliori artisti pop e rock c’è sempre una ‘ballad’ o una ‘power ballad’ che spesso poi diventa il singolo, come anche in alcuni dischi rap o trap. 

Insomma le canzoni romantiche sono proprio uno dei nostri marchi di fabbrica, proprio per questo però bisogna sapere scegliere quale dedicare alla vostra anima gemella. Pianoforte e chitarra si mescolano con strumenti popolari come il tamburello, senza però disdegnare la grandezza delle orchestrazioni raffinate, con sezioni d’archi evocative. Queste sono le caratteristiche delle canzoni d’amore, vediamo quali sono le più belle tra quelle italiane e quelle straniere. 

 

Almeno tu nell’universo – Mia Martini

Tra le più belle canzoni d’amore è impossibile non citare questo brano. Una vera e propria esplosione di emozioni che culmina nel ritornello. Mia Martini canta l’amore vero e sincero, aggiungendo toni melanconici e disperati, come se fosse la sua ultima possibilità di provare questo sentimento con la persona giusta. Impossibile non venire scossi dalla bravura della cantante e dalla composizione magistrale del brano, semplice ma allo stesso tempo d’impatto. Non può davvero mancare tra le canzoni da dedicare a lui. Qui trovate i principali album di Mia Martini.

Il cielo in una stanza – Gino Paoli

Un capolavoro senza tempo e probabilmente il brano più famoso del cantautore italiano. Brano di grande sensibilità che viaggia su una melodia soave, capace di trasportare l’ascoltatore in un mondo onirico dove vivere preziosi attimi di intimità con l’anima gemella. Gino Paoli descrive perfettamente quei momenti dove il tempo si ferma e con il proprio amore si fissa il soffitto. 

 

La donna cannone – Francesco De Gregori

Testo particolare che distingue il brano di De Gregori dalle altre canzoni romantiche italiane, La Donna Cannone descrive una storia d’amore ambientata nel mondo del circo, spesso visto dagli artisti come un universo malinconico dove convergono tantissime emozioni diverse. Il ritornello del brano è di grande impatto, capace di comunicare l’amore assoluto che trascende l’aspetto fisico. 

 

Romeo and Juliet – Dire Straits

Una delle canzoni d’amore straniere più conosciute e che ha accompagnato diverse generazioni, Romeo and Juliet degli inglesi Dire Straits è una ballad di alto livello. Il testo rimaneggia la classica storia d’amore tra i giovani, mentre la chitarra di Mark Knopfler ci accompagna attraverso il brano. Una canzone da dedicare alla propria amata, ma che in qualche modo va bene anche per i ‘cuori infranti’ in cerca di un brano capace di descrivere quel particolare ‘dolore’ che si prova per un amore impossibile. 

November Rain – Guns n’ Roses

Tra il glam rock e l’heavy metal, i Guns n’ Roses hanno diviso la loro discografia tra brani di pura energia ed altri decisamente più romantici. I cantanti del glam rock come Axl Roses o Sebastian Bach degli Skid Row d’altronde sono stati per anni i perfetto esempio di ‘belli e ribelli’ di quel particolare sottogenere. November Rain è un brano di grande sensibilità che mostra la capacità compositiva della band di Los Angeles, dove melodie e coretti si alternano alla chitarra graffiante di Slash. 

 

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Nothing Else Matters – Metallica 

Una canzone d’amore composta da un gruppo metal? Ebbene sì, anche nella musica ‘estrema’ le ‘power ballad’ sono sempre andate forti, sebbene spesso il sentimento viene espresso con una certa potenza e non sempre in maniera del tutto positiva, basta ascoltare brani come This Love o a Cemetary Gates dei Pantera per farsi un’idea. I Metallica con questo brano passano da gruppo del filone thrash (distruggere) a un qualcosa di più fruibile. Nothing Else Matters, caratterizzata da note arpeggiate accompagnate da una potente sezione ritmica, è una di quelle canzoni da dedicare alla dolce metà, ma anche ai propri amici o familiari.

 

Love of my Life – Queen

I Queen sono una band leggendaria che ha scritto dei brani entrati ormai nella storia del rock e del pop. Capaci di spaziare tra vari generi, nella loro discografia non sono certo mancate le canzoni d’amore da dedicare ai propri cari, come Love of My Life. Qui troviamo un Freddie Mercury ispiratissimo che canta un bellissimo brano dedicato alla sua compagna di vita Mary Austin, rimasta sua grande amica fino alla fine. L’accompagnamento di solo pianoforte lascia spazio alla magnetica voce di Mercury che come sempre riesce a catturare l’ascoltatore. 

La cura – Franco Battiato

Artista di altissimo livello, Franco Battiato ci regala un brano che non ha nulla da invidiare alle canzoni d’amore straniere per composizione ed esecuzione. Caratterizzato dal suo particolare stile vocale e da un perfetto connubio tra archi e chitarra, questo brano si eleva al di sopra della classica canzone romantica. Il testo di grande intelligenza non fa distinzione tra età o sesso, cosa che rende il brano perfetto per una dedica a tutti i propri cari per i quali vogliamo sempre esserci. 

 

Massive Attack – Teardrop 

I Massive Attack hanno realizzato dei brani davvero stupendi, tra i quali Teardrop che fu accompagnato da un video assolutamente spettacolare. Il beat segue il battito cardiaco fetale, non a caso nel video è proprio un feto che canta grazie alla superlativa regia e all’animazione innovativa. Non proprio una canzone d’amore, ma comunque capace di creare un’atmosfera romantica nei momenti di intimità. 

Albachiara – Vasco Rossi

L’album Non siamo mica gli americani! è considerato da molti come il migliore della discografia del rocker emiliano. Tra le tracce più memorabili troviamo la famosissima Albachiara, brano intramontabile che accompagna serate romantiche da generazioni. La carica del Vasco si fa sentire anche qui, specialmente nel ritornello cantato a squarciagola. 

 

 

Ultimo aggiornamento: 19.04.24

 

Quando si parla di musica spagnola si pensa subito al flamenco, scopriamo di più sul folklore e sulla sua tradizione.

 

Se dovessimo distinguere i vari paesi del mondo per la musica, allora la Spagna si distinguerebbe subito per la cosiddetta ‘chitarra flamenca’ e per la tipica danza spagnola

Nonostante il flamenco sia diffuso in tutta la Spagna e in alcuni paesi dell’america latina, in realtà questa forma di danza e musica si è originata in Andalusia, una comunità autonoma al sud della penisola Iberica che ancora oggi porta avanti le tradizioni e il folklore della Spagna autentica. 

Le splendide città di Granada, Siviglia e Cordoba sorprendono per il connubio tra l’architettura medio-orientale, testimone del lungo dominio dei Mori che hanno contribuito a creare la cultura spagnola e a forgiare la lingua del paese così come la conosciamo. Nelle stradine di questa città capita di vedere esibirsi chitarristi abilissimi accompagnati da ballerine di flamenco, così come nei locali dove è possibile assistere a degli spettacoli mentre si provano varie marche di Rum e vino. 

 

Le origini del Flamenco

Il nome ‘flamenco’ si traduce dallo spagnolo con ‘fenicottero’. Le origini del nome sono state tema di grandi dibattiti tra gli storici e gli appassionati: alcuni lo fanno risalire alla lingua araba dall’unione dei termini felag (contadino) e mengu (errante), altri invece definiscono il ‘flamenco’ come un termine usato per definire ciò che veniva dalle Fiandre. 

Cosa ha a che fare il Belgio con la Spagna? Ebbene i due paesi sono stati protagonisti di una lunga guerra, al termine della quale ovviamente la popolazione belga veniva vista di cattivo occhio dagli spagnoli. Si può quindi pensare che ‘flamenco’ sia quasi un termine spregiativo per definire gente poco raccomandabile, un termine che probabilmente veniva utilizzato anche per definire i gitani. 

A differenza di ‘flamenco’ il termine gitano non ha un significato spregiativo, infatti veniva semplicemente usato per indicare le popolazioni di lingua ‘romanì’ insediate in Andalusia da moltissimo tempo. E furono proprio i gitani a contribuire alla creazione della forma di musica, ballo e cantato che oggi conosciamo come Flamenco. Andando più nel profondo si possono anche fare delle distinzioni, il flamenco di Granada sarà diverso dal flamenco di Siviglia per temi e interpretazione, entrambi influenzati dagli artisti che hanno fatto parte della scena del luogo.

 

Tra i gitani e gli arabi

Nel XVIII secolo il flamenco cominciò ad assumere una sua forma e ad apparire nella letteratura dell’epoca. Essendo la Spagna una vera e propria centrifuga di culture, non è un caso che il flamenco si sia sviluppato con caratteristiche tipiche della musica araba e cristiana, arricchito però dalla cultura gitana nel canto e nella danza. Arte di gusto squisitamente popolare, ma allo stesso tempo raffinata nell’esecuzione, il Flamenco si sposta lentamente dalla strada ai locali, specialmente all’inizio del XIX secolo con il romanticismo. 

La classe borghese sempre più attratta dal folklore inizia a riunirsi nei cosiddetti cafés de cantes, dove il flamenco comincia a farsi apprezzare grazie a spettacoli dove vengono messe in mostra le abilità degli artisti nel cante, nel baile e nel toque. Dal 1950, con la nascita della discografia moderna, il flamenco diventa un fenomeno internazionale anche grazie ad artisti di altissimo livello come il chitarrista Francisco Sanchez Gomez, conosciuto con lo pseudonimo di Paco De Lucia. 

 

Il toque

Se nella musica folkloristica di molti paesi la chitarra si costruisce di giri di accordi o arpeggi per accompagnare la voce, nel flamenco assume il ruolo di assoluta protagonista. La musica spagnola tradizionale vanta infatti la chitarra flamenca che tutt’oggi considerata una delle più complicate a livello tecnico, sia per le parti ritmiche sia per l’esecuzione delle scale. Virtuosismo, passione e ritmo sono i tre principi fondamentali della chitarra flamenca che stupisce proprio per il suo ‘calore’ e i suoi funambolici assoli di grande feeling. 

Al pari dello stile ‘classico’, la chitarra flamenca si suona con le dita (appunto il toque) e nella maggior parte dei casi si sviluppa sulla tipica cadenza andalusa del IV, III e I grado della scala musicale che in gergo tecnico viene definito ‘frigio flamenco’ o ‘frigio dominante’. L’abilità del musicista consiste nel suonare le parti ritmiche e quelle soliste contemporaneamente, colpendo la parte della cassa per enfatizzare il ritmo. Molte tecniche del flamenco sono state poi riprese in altri generi musicali, come ad esempio il ‘tremolo’ e gli ‘arpeggi’ usati rispettivamente nelle ritmiche e negli assoli metal e hard rock. 

 

Il baile

Il ballo flamenco rappresenta la musica in movimento. La tipica danza andalusa è caratterizzato da elementi coreografici come il famoso ‘zapateado’, ovvero il calpestare ritmicamente il terreno. La ballerina e il ballerino flamenco possono suonare anche le nacchere o il tamburello per accompagnare la ritmica della chitarra, alternandola con il zapateado. 

Questo stile di danza viene definito ‘baile grande’ o ‘baile chico’, mentre quelli più lenti si definiscono ‘baile intermedio’. Curiosamente le ‘castanuelas’, ovvero le nacchere spagnole hanno avuto origine a Creta dove si soleva suonare due conchiglie unite. Le castanuelas vengono prevalentemente suonate dagli uomini, mentre una ballerina di flamenco unirà le coreografie con lo zapateado e lo jaleo, ovvero il battito di mani. 

Il cante

Come molte canzoni popolari, anche la tradizione dei gitani ha portato lo sviluppo del canto nel flamenco, con temi ovviamente legati al folklore e alla vita popolare. Il cantato nel flamenco spesso si contrappone all’energia delle chitarre e del ballo, con uno stile lento e profondo che ispira una certa malinconia. Il cantante flamenco spesso si esibisce da solo, senza alcun accompagnamento, in uno stile definito ‘a palo seco’. Dell’arte flamenca il cantato è probabilmente la parte meno accessibile, sebbene sia molto amato dagli appassionati in quanto estremamente evocativo. 

 

 

Ultimo aggiornamento: 19.04.24

 

La musica spagnola e latinoamericana ha avuto un grande successo a livello mondiale grazie ai suoi energici interpreti, alla lingua affascinante e a un misto tra musica pop e tradizionale.

 

Quando si pensa alla musica spagnola, la prima cosa che viene in mente è il flamenco suonato con chitarra e nacchere. In realtà interpreti come Paco De Lucia, nonostante il successo, sono sempre stati ritenuti un po’ di ‘nicchia’, vista la complessità tecnica della chitarra flamenca. Non si può ridurre ridurre tutta la canzone spagnola e latina al flamenco, infatti a livello popolare sono stati ben altri generi a sfondare, raggiungendo la vetta delle classifiche. I classici ‘tormentoni’ che ogni anno spesso siamo costretti ad ascoltare in spiaggia, molto spesso provengono dai paesi dell’America Latina, oppure sono brani prodotti in Italia con chiare influenze latinoamericane. 

Le canzoni pop spagnole piacciono per il ritmo e perché si basano sui ritmi di balli tradizionali come la salsa, il merengue e in alcuni casi la samba. A differenza del pop italiano incentrato sulle classiche ‘ballad’, in Spagna e in America Latina quando si fa musica la si fa principalmente per scaldare gli animi e ballare. La lingua iberica inoltre ha sempre suscitato un grande fascino, inoltre per noi italiani è facilmente comprensibile in quanto le due lingue provengono dallo stesso ceppo linguistico. 

Vediamo qui di seguito quali sono le canzoni latine e le canzoni spagnole più famose. 

Marìa – Ricky Martin

Uno dei cantanti più famosi al mondo, il portoricano Ricky Martin ha fatto ballare le folle per un decennio e passa. Un ballerino provetto con una voce potente in grado di intrattenere il pubblico con grandi spettacoli dal vivo, Ricky Martin ha il merito (insieme a Marc Anthony) di aver fatto conoscere la musica portoricana a tutto il mondo grazie alle sue canzoni di grande energia. Il brano Marìa con il suo famoso un, dos, tres lo ha portato alla cima delle classifiche pop mondiali, avviando così la carriera di grande successo del cantautore. Cantanti spagnoli e latini si sono spesso ispirati a Ricky Martin per scrivere brani pop di successo. 

 

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Depende – Jarabe De Palo

Non tutte le canzoni spagnole famose sono tormentoni estivi. Depende degli Jarabe De Palo è un brano pop che nasconde una velata anima rock, caratterizzato da un arrangiamento ben studiato. Orecchiabile e piacevole grazie alla voce del cantante Pau Donés (autore anche di molte canzoni spagnole d’amore), Depende racchiude quella spensieratezza tipica spagnola che per anni ha catturato l’attenzione di tantissimi giovani. Quando uscì nel 1998 il singolo ebbe un grande successo, al punto da raggiungere la vetta delle top 10 europee e sudamericane in pochissimo tempo. 

Macarena – Los De Rio

Nonostante lo stile tipicamente latino, il duo compositore proviene dalla provincia di Siviglia, in Spagna. I Los de Rio sono autori di uno dei brani più ballati nella storia moderna: Macarena. La generazione degli anni ‘80 e ‘90 lo ricorda molto bene, così come i vari passi che alle feste, nei disco pub e nelle sale da ballo venivano eseguiti a ripetizione. Ritmo coinvolgente e voce accattivante sono i punti di forza del singolo, sebbene con il passare del tempo sia stato sostituito da altri brani, la Macarena rimane nei cuori delle vecchie generazioni per la sua allegria. 

 

Bamboleo – Gipsy King

Il flamenco è stato portato in Spagna dalle popolazioni gitane, quindi non sorprende che una delle canzoni spagnole più conosciute sia stata composta da un gruppo di origine tipicamente ‘gipsy’, chiamato proprio Gipsy Kings. Il brano uscito alla fine degli anni ottanta fu uno dei più ascoltati per tutti i novanta. Caratterizzato da un ritmo incalzante creato dalle chitarre con ‘strumming’ tipico del flamenco unito ad un cantato energico, Bamboleo è un brano intramontabile di grande passione, impossibile non cantare a squarciagola il ritornello. Una curiosità: i membri della band sono gitani cresciuti in Francia, di origine andalusa. 

Aserejé – Las Ketchup

Le prime estati del ventunesimo secolo sono state accompagnate da una delle canzoni in spagnolo più conosciute, il tormentone Aserejé delle tre sorelle Las Ketchup. Una moderna macarena più movimentato con un ritornello che sfiora il plagio del brano Rapper’s Delight degli Sugar Hill Gang, il primo brano rap di successo della storia, a sua volta campionato dal brano Good Times degli Chic. Pochi comunque se ne sono accorti, visto che Rapper’s Delight uscì nel 1979 e Aserejé nel 2002. 

 

Ska-P – El Vals del Obrero

Lo Ska prende il classico ritmo in levare del reggae giamaicano, velocizzandolo per renderlo più energico e movimentato. Nei primi anni del ventunesimo secolo questo genere musicale ha avuto un grandissimo successo, specialmente tra i giovani. Il punk rock caratterizzato da sezioni di fiati e da testi basati sulla libertà e la rivoluzione sono le due caratteristiche principali della musica degli spagnoli Ska-P. Con El Vals del Obrero e Cannabis diventarono delle vere stelle della musica underground, specialmente nei vari locali universitari e disco pub alternativi. Musica energica che nel corso degli anni è stata sostituita dalle nuove mode, ma che i vecchi appassionati ricordano con nostalgia. 

Despacito – Luis Fonsi

Uno degli ultimi tormentoni estivi prima che il mondo fosse scosso dal Covid-19. Brano tipicamente portoricano basato sulle ritmiche del reggaeton, Despacito ha portato Luis Fonsi al successo planetario. Come tutti i tormentoni viene odiato da molti, mentre altri (specialmente gli appassionati di ballo) lo amano alla follia. Musicalmente il brano non ha molto da offrire, anche a livello lirico si riduce al classico testo d’amore un po’ macho, tipico di alcune canzoni latinoamericane. Ciò non toglie che Despacito è stato probabilmente il brano più passato in radio e ascoltato di tutta l’estate 2017 e del 2018. 

 

 

 

Ultimo aggiornamento: 19.04.24

 

La musica spagnola ha sempre suscitato un grande fascino a livello europeo, sia nelle sue forme folkloristiche sia in quelle più moderne. 

 

La canzone spagnola viene spesso associata alla musica folkloristica del paese, ovvero il flamenco. Nacchere e chitarre sono gli strumenti che portano immediatamente alla mente la penisola Iberica, sebbene nel corso degli anni in Spagna si siano sviluppati tantissimi generi musicali. Alcuni gruppi spagnoli sono riusciti a ottenere fama a livello europeo e sono approdati con grande successo anche qui in Italia. 

D’altronde la Spagna ha per anni suscitato un grande fascino, specialmente nei più giovani attirati dalla lingua e dallo stile di vita che univa ritmi più lenti al divertimento notturno. C’è anche da pensare che nei primi anni del ventunesimo secolo, la Spagna viveva finalmente il suo periodo roseo con il governo ‘illuminato’ di Zapatero, un momento purtroppo finito molto presto a causa della crisi economica globale. 

Proprio per questo la musica spagnola ha vissuto anni di splendore, grazie anche ad artisti molto validi che sono riusciti a infondere l’anima iberica in brani pop-rock molto piacevoli. A questi si aggiungono i grandi del flamenco e anche le classiche canzoni più orecchiabili che hanno dato vita ai tormentoni estivi. Vediamo qui di seguito quali le canzoni spagnole più famose.

 

Jarabe de Palo – Depende

Probabilmente uno dei gruppi rock più famosi provenienti dalla Spagna, gli Jarabe de Palo sono stati per anni un utile compendio per tutti gli studenti di spagnolo, sia alle superiori sia all’università. A parte l’utilità linguistica, Depende è una delle canzoni spagnole più amate, proprio per la sua semplicità e melodia. Una chitarra acustica e un basso, accompagnate da un ritmo leggero di batteria passano da un introduzione rilassata a un groove più deciso nella seconda parte. Il tutto è accompagnato dalla rilassata voce di Pau Donés, il carismatico e compianto frontman della band. Tra i brani più belli ricordiamo anche Agua, una composizione piacevole con una strofa divisa tra cantato e lick di chitarra che la rendono una sorta di blues latino ottimamente strutturato.  

Las Ketchup – Aserejé

Come tutte gli artisti ‘meteora’ che hanno sfornato dei gran tormentoni e poi sono spariti, anche le Las Ketchup sono state amate\odiate dal pubblico. Il loro Aserejé è una sorta di viaggio indietro nel tempo, precisamente negli anni ‘70, quando la Sugar Hill Gang scuoteva le classifiche con il rap di Rapper’s Delight, che a sua volta campionava il brano Good Times degli Chic. E così le Las Ketchup creano un brano divertente sia da ascoltare sia da ballare, proprio grazie al balletto delle tre sorelle autrici. Magari non verrà ricordato per la sua ‘finezza’ compositiva, ma di sicuro Aserejé è stata una delle canzoni da ballare più ascoltata nell’estate del 2002. 

 

Los del Rio – Macarena

Ben prima del boom della musica spagnola, i Los del Rio scalarono le classifiche con la loro Macarena, probabilmente il ballo di gruppo più conosciuto al mondo insieme a YMCA dei Village People. Nonostante il ritmo sia tipicamente latinoamericano, in realtà i Los del Rio sono un duo proveniente dalla provincia di Siviglia nella regione andalusa. Chi è cresciuto negli anni ‘90, volente o nolente, ha imparato i passi di questa divertente canzone. 

Ska-P – El Vals del Obrero

Le canzoni in spagnolo in stile ska fecero breccia nel cuore di studenti universitari. Il gruppo madrileno Ska-P faceva ballare e pogare nelle sale da ballo e nei disco pub delle città italiane, grazie ad un movimentato ska-punk e a testi decisamente contro il sistema. Un inno al proletariato e alla classe operaia, El Vals del Obrero racchiude tutto lo stile degli Ska-P, tra parti di musica popolare e accelerazioni folli tipiche del genere ska. 

 

Enrique Iglesias – Bailando 

Figlio d’arte famoso per le sue canzoni spagnole d’amore e per le sue capacità di cantante sia in studio sia sul palcoscenico, Enrique Iglesias è probabilmente uno dei cantanti spagnoli più celebri al mondo. La sua Bailando è un brano con il ritmo tipico del reggaeton al limite del ‘tormentone’ che ha dominato le classifiche estive, così come le playlist dei DJ delle spiagge e delle discoteche nelle località di mare. Musicalmente parliamo di un brano abbastanza semplice nella ritmica, dove la voce suadente di Iglesias è assoluta protagonista. 

Paco De Lucia – Entre Dos Aguas

Non proprio una canzone, in quanto si tratta di un brano flamenco strumentale, ma quando si parla di musica spagnola è impossibile non citare il grande Paco De Lucia. Chitarrista straordinario e uno degli ultimi grandi esponenti del flamenco spagnolo, De Lucia ha influenzato generazioni di chitarristi e musicisti, anche nella musica moderna. Entre Dos Aguas è il suo brano più famoso, dove mette in mostra le sue grandi doti tecniche. Se amate la chitarra, vi consigliamo di cercare le sue esibizioni con il leggendario John McLaughlin e il bravissimo Al Di Meola. 

 

Alvaro Soler – Sofia

Uno dei cantanti spagnoli di nuova generazione, Alvaro Soler ha ottenuto il successo grazie al suo stile rock-pop, modernizzato con un tocco indie, sempre mantenendo però il ritmo coinvolgente delle tipiche produzioni spagnole e latinoamericane. Soler ha esordito nel mondo della musica grazie al talent Tu sì que vales, con un gruppo composto di tre membri, tra i quali anche i l fratello. Cantante molto apprezzato anche in Italia, dove ha partecipato a X-Factor come giudice alla decima edizione del talent show. Sofia è un brano allegro e movimentato, dove tra l’altro Soler mostra le sue buone doti vocali, con una voce squillante che cattura specialmente nel ritornello. 

 

 

Ultimo aggiornamento: 19.04.24

 

Il testo della famosa canzone Zombie, scritta ed eseguita dal gruppo irlandese The Cranberries e varie curiosità sul tema del brano e sulla band. 

 

Another head hangs lowly

Child is slowly taken

And the violence caused such silence

Who are we mistaken?

But you see, it’s not me, it’s not my family

In your head, in your head they are fighting

With their tanks, and their bombs, and their bombs, and their guns

In your head, in your head they are crying

In your head, in your head

Zombie, zombie, zombie-ie-ie

What’s in your head? In your head?

Zombie, zombie, zombie-ie-ie-ie, oh

Another mother’s breaking

Heart is taking over

When the violence causes silence

We must be mistaken

It’s the same old theme, since nineteen-sixteen

In your head, in your head they’re still fighting

With their tanks, and their bombs, and their bombs, and their guns

In your head, in your head they are dying

In your head, in your head

Zombie, zombie, zombie-ie-ie

What’s in your head? In your head?

Zombie, zombie, zombie-ie-ie-ie, oh

Oh-oh-oh-oh-oh-oh-oh, eh-eh-oh, ra-ra

In un tempo durante il quale il rock aveva ancora qualcosa da dire, le band del genere non si facevano troppi problemi a scrivere testi di denuncia, così come le varie etichette a pubblicare dischi che probabilmente al giorno d’oggi risulterebbero alquanto scomodi. Nel 1994 Zombie dei The Cranberries scuoteva le classifiche della musica mondiale, scagliandosi contro gli attentati dell’IRA armato di un giro di chitarra elettrico granitico e allo stesso tempo melodico. La voce della compianta Dolores O’Riordan narra di come il conflitto nordirlandese abbia causato delle vittime anche tra i bambini, causando la sofferenza delle madri. 

Chiunque sia cresciuto in quel periodo si ricorderà della triste situazione dell’Irlanda del Nord, flagellata da conflitti interni e da alcuni episodi violenti causati anche dall’Esercito Inglese come il famoso Bloody Sunday dove i paracadutisti britannici aprirono il fuoco su una manifestazione pacifica, uccidendo tredici irlandesi. Sull’episodio un’altra band irlandese, gli U2, scrissero il brano Sunday Bloody Sunday. 

Tornando al testo di Zombie, Dolores O’Riordan affermò di averlo scritto in soli venti minuti, pensando alle giovani vittime degli attentati. Nello specifico Zombie dei Cranberries fu collegato all’attentato avvenuto nella cittadina inglese di Warrington, dove persero la vita due ragazzi. In realtà la cantante dichiarò di aver realizzato le lyrics di Zombie pensando alle vite innocenti spezzate dalla violenza, senza volersi esplicitamente riferire ad un episodio particolare. Anche sulla sua posizione politica, la O’Riordan non si sbilanciò, affermando semplicemente di voler condannare la brutalità di tutti quegli spiacevoli episodi. 

Ma perché il titolo Zombie? La parola usata per descrivere un ‘morto vivente’ nell’immaginario comune, indica le persone al di fuori del conflitto che rimangono totalmente indifferenti di fronte alla violenza. Con Zombie i The Cranberries realizzano uno dei loro brani più memorabili, sia per la pesantezza delle chitarre distorte e del ritmo della batteria acustica, sia per i contenuti decisamente poco felici. Il video che al tempo girava su MTV è ancora oggi ritenuto uno dei più belli, sebbene la band godeva già di una buona fama nell’ambito della musica rock. 

La band fu fondata dai fratelli Hogan (Mike e Noel) che diedero questo nome particolare ispirandosi alla salsa di cranberry. La traduzione di cranberry in italiano è ‘mirtillo’, ma ovviamente la band preferì optare per il plurale. Tra gli altri brani famosi della band ricordiamo Animal Instinct dall’album Bury The Hatchet e la toccante Ode to My Family dallo stesso disco sulla quale troviamo Zombie, ovvero No Need To Argue, ritenuto ancora oggi il loro capolavoro. La band naviga l’onda del successo fino al 2003, anno nel quale la cantante O’Riordan decide di provare la carriera da solista. Nel 2018, Dolores O’Riordan perde improvvisamente la vita in un incidente domestico dovuto al consumo elevato di alcolici, con grande dispiacere dei fan della band e degli amanti della buona musica in generale.

 

 

Ultimo aggiornamento: 19.04.24

 

Pino Daniele è stato uno dei più grandi musicisti del panorama musicale italiano e internazionale, scopriamo quali sono le sue canzoni d’amore più belle e ascoltate.

 

Quanno chiove 

L’album ‘Nero a metà’ uscito nel 1980 è ritenuto un vero e proprio capolavoro della discografia di Pino Daniele. In questo disco l’autore mostra le sue doti da musicista, fondendo perfettamente generi moderni (per l’Italia all’epoca) come il blues e il rock con la musica tradizionale napoletana. Il risultato è un caleidoscopio musicale dove le emozioni si intrecciano e catturano l’ascoltatore dalla prima all’ultima traccia. Tra queste troviamo la famosa Quanno Chiove, un lento dove l’arpeggio di chitarra di Pino Daniele e il cantato in napoletano narrano la storia di una prostituta che con la tristezza nel cuore deve andare a lavorare in strada. Il protagonista della canzone (forse innamorato di lei) la sente scendere le scale del palazzo, aprire il portone e uscire con la pioggia. Un brano toccante che in seguito ha ricevuto diversi omaggi da altri cantanti italiani e stranieri. 

 

Napule è 

Prima di esordire da solista, Pino Daniele ha militato in diverse band della scena napoletana, come ad esempio i Napoli Centrale capitanati dal sassofonista James Senese, dove Pino Daniele ricopriva il ruolo di bassista. Il suo primo brano da solista è un inno dedicato a Napoli che scioglie il cuore di qualsiasi partenopeo e non. Una vera e propria dedica d’amore alla sua città, descrivendone anche le difficoltà e i problemi che probabilmente contribuiscono ad aumentare il fascino variegato della città. Il testo di Napule è rimane uno dei più belli scritti dal cantante. 

A me mi piace ‘o blues 

Sempre dall’album di Pino Daniele ‘Nero a metà’, ecco uno dei brani più rimati del disco. Nonostante la progressione di accordi non sia quella del blues, ma più legata alla fusion e al funk, la canzone è dedicata ad un genere molto amato da Pino Daniele: il blues. Nel testo Pino Daniele trova rifugio nella musica, anche quando la vita di tutti i giorni si rivela difficile. Da questo brano è tratta anche una delle più famose frasi di Pino Daniele: e sona mò. 

 

Quando

Probabilmente uno dei brani più famosi di Pino Daniele, usato nella colonna sonora del film di Troisi ‘Pensavo fosse amore… invece era un calesse’. Alcune parti del testo sono state suggerite proprio dall’attore, mentre il brano è stato poi pubblicato nel disco Sotto ‘o Sole, uscito nel 1991. Come molti brani di Pino Daniele, anche questo ha ricevuto molte cover da parte di artisti come Anna Oxa, Mango, Marco Mengoni e Arisa. La canzone scritta nello stile unico di Pino Daniele che alterna fraseggi di chitarra in stile mediterraneo con progressioni soul e jazz. 

Sara

Come molti cantanti, anche Pino Daniele ha scritto una canzone per sua figlia, in questo caso Sara Daniele. Presente nel disco Medina uscito nel 2001, il brano si rivela molto diretto, ma presenta comunque qualche classica genialata ‘alla Pino Daniele’, come per esempio dei passaggi quasi orientaleggianti su un ritmo pop rock. 

 

Che male c’è 

Che Male C’è di Pino Daniele viene pubblicato nel 1997, presenta una produzione tra il funk e il soul, con un ritmo R&B, interpretata come sempre in modo eccezionale. Il testo di Che male c’è di Pino Daniele narra proprio di un amore diretto e passionale, dedicato alle coppie di qualsiasi età.

 

Amore senza fine

Tra le canzoni di Pino Daniele, il singolo del disco ‘Yes I know my way’ è un brano d’amore che si avvicina molto al genere World Music. Bellissimo il ritornello dal ritmo rock della batteria che accompagna il classico sound della chitarra di Pino Daniele. La parte cantata in inglese si delinea in uno splendido botta e risposta con dei fraseggi di chitarra che ricordano la fusion latina di Pat Metheny. 

Puozze passà nu guaio

Un blues tutto napoletano sia nella progressione degli accordi sia nel fraseggio della chitarra. E come ogni blues, anche Puozze passà nu guaio narra di un amore andato male che fa soffrire l’artista. Non manca un po’ di ironia nel brano, con il cantato in napoletano che si adatta perfettamente al ritmo blues. Non tutte le canzoni d’amore di Pino Daniele narrano di amore e passione, d’altronde il blues è ritmo e dolore. 

 

Resta quel che resta

Canzone pubblicata postuma, dopo tre anni dalla scomparsa del cantante. Il brano fu scritto nel 2009 da Pino Daniele, ma pubblicato solo nel 2018. La canzone parla di quel che rimane dopo una relazione finita e quanto può mancare la persona amata. Molto bello il video girato nelle strade di Napoli, dove la voce di Pino Daniele viaggia tra diversi protagonisti. 

 

Anima

Altro bellissimo brano d’amore di Pino Daniele tratto dall’album ‘Non calpestare i fiori nel deserto’ pubblicato nel 1995. Una bellissima canzone dove pianoforte e chitarra creano melodie tra la tradizione italiana e il jazz. 

Pino Daniele è stato uno dei più grandi musicisti italiani e probabilmente del mondo. Un vero e proprio genio della musica, capace di unire più generi per creare un suo stile unico ed inconfondibile. Musicista di grande talento e chitarrista di grande abilità, in grado di suonare molto bene anche il basso. Nei suoi brani inseriva un po’ di tutto, tra gli strumenti più convenzionali a quelli della world music come il kalimba e i bonghi.  

La sua carriera musicale parla da sola e colpisce il fatto che fosse autodidatta. La sua gioventù passata nella scena musicale napoletana tra gli anni ‘60 e i ‘70, ha contribuito a farlo avvicinare a delle sonorità blues, jazz e funk, senza disdegnare il progressive italiano che poteva benissimo fare concorrenza a quello dei ben più conosciuti colleghi britannici. Il passaggio nella band Napoli Centrale e l’amicizia con James Senese, danno quella spinta in più a Pino Daniele per cominciare a comporre i suoi primi brani da solista, esordendo nel 1977. Pino Daniele e le sue canzoni sincere, mai banali è uno o più gradini sopra la classica canzone pop italiana e straniera ed è diventato una vera istituzione per gli amanti della musica. 

 

 

Ultimo aggiornamento: 19.04.24

 

Bongo – Consigli d’acquisto, Classifica e Recensioni

 

Il mondo delle percussioni è davvero affascinante, specialmente perché composto da tantissimi strumenti musicali dai suoni diversi. Tra i più famosi troviamo i bonghi che per molti anni sono stati assoluti protagonisti delle notti nelle piazze di tutta Italia. In realtà vengono largamente utilizzati anche al di fuori della musica etnica, quindi sono presenti nella fusion, nel jazz e nella musica pop. Se volete acquistare dei bonghi, ma avete bisogno di un aiuto a scegliere quelli più adatti a voi, allora potrete trovare molto utile questo articolo. Qui troverete utili consigli d’acquisto e le recensioni dei modelli più apprezzati per il loro rapporto qualità-prezzo. Tra questi segnaliamo il Rockjam 7’’ e 8’’, un set composto da due bonghi in legno e in pelle di mucca, venduti a un prezzo davvero conveniente. In alternativa, potete puntare su Easter EBO-1 6’’ + 7’’, un filo più costosi ma di ottimo livello.

 

 

Tabella comparativa

 

Pregio
Difetto
Conclusione
Offerte

 

 

Gli 8 migliori bonghi – Classifica 2024

 

Qui di seguito troverete i nostri pareri su otto bonghi diversi. Leggendole potrete farvi un’idea sui vari modelli più venduti e scegliere quello adatto alle vostre esigenze. 

 

1. Rockjam 7’’ e 8’’, Bongo Set 

 

Tra i migliori bonghi del 2024 troviamo il set di Rockjam che si presenta come soluzione ideale per musicisti di tutte le età, specialmente per i bambini. Il corpo è stato realizzato in legno, mentre le percussioni sono coperte con pelle di mucca che assicura un buon tocco e un feedback preciso. Considerando che si tratta di bonghi ‘entry level’, il suono si attesta su livelli discreti, senza risultare troppo piatto e quindi permettendo di esprimersi al meglio. 

Grazie alla chiave di accordatura potrete sistemare il suono dei due strumenti, in modo da adattarlo al meglio alle vostre esigenze. Le dimensioni compatte rendono lo strumento adatto anche ai bambini che potranno divertirsi un mondo a ‘picchiare’ i bonghi, avvicinandosi così al mondo della musica. Nel prezzo è inclusa anche una pratica custodia, utile per trasportare i bonghi e per tenerli a riparo dalla polvere. 

 

Pro

Pratici: Due bonghi di dimensioni ridotte adatti anche per le manine dei bambini che potranno divertirsi e avvicinarsi al mondo della musica. 

Custodia: Inclusa nel prezzo, consente di trasportare i bonghi senza rovinarli e tenerli protetti dalla polvere quando non li utilizzate. 

Accordatura: Grazie alla chiavetta potrete regolare il suono a seconda dei vostri gusti e tirare le pelli per ottenere quello più corretto.

 

Contro

Materiali: Non sono molto resistenti, infatti se usati con troppa foga le pelli e il corpo potrebbero rovinarsi. Bisogna comunque contare che si tratta di bonghi ‘entry level’ venduti a prezzi bassi.

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2. Easter EBO-1 6’’ + 7’’, Bongo Drum 

 

Gli Easter si distinguono dagli altri modelli della stessa fascia di prezzo per i materiali di alta qualità. Questi bonghi venduti online colpiscono proprio per la loro elevata resistenza e longevità che vi permette di usarli a lungo senza rovinare le pelli o il corpo. Proprio la loro solidità li rende particolarmente indicati anche per i bambini, in quanto potranno picchiare i bonghi e appassionarsi alla musica, senza distruggerli nel giro di pochi giorni. 

La forma ad arco liscio inoltre si rivela molto sicura e impedirà ai bambini di graffiarsi le manine. Il risvolto della medaglia sta nel suono dei bonghi che risulta estremamente piatto e quindi poco adatto se volete studiare la tecnica sullo strumento ed eseguire suoni con diverse tonalità. Tra gli altri pregi troviamo anche la custodia inclusa nel prezzo, molto utile per il trasporto e la protezione dello strumento.

 

Pro

Materiali: Nonostante il costo ridotto, si presentano con materiali resistenti e durevoli nel tempo. 

Sicuri: La forma ad arco liscio del corpo dei bonghi consente di suonare senza graffiarsi le mani, una soluzione ideale per la sicurezza dei bambini. 

Custodia: Molto utile per trasportare i bonghi in tutta comodità e tenerli al sicuro da urti, cadute e polvere.

 

Contro

Suono: Piatto e poco incisivo, non permette di esprimersi al meglio o provare determinate tecniche. Poco adatti quindi se cercate dei bonghi per studiare percussioni con un maestro o da autodidatti.

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3. Meinl Percussion Bongos HB50BK Abs 6.1

 

Il miglior bongo della sua fascia di prezzo attualmente sul mercato a livello di suono. Il set di Meinl colpisce con un suono convincente dal buon riverbero che si adatta alle esigenze dei musicisti intenzionati a studiare percussioni, provando diversi colpi per creare ritmiche complesse e soddisfacenti. Proprio per questo motivo, il prezzo è un filo più alto rispetto a quello di altri modelli, quindi poco adatto per fare un regalo a dei bambini che potrebbero non apprezzarne la qualità. 

Questo pregio però si scontra con un difetto abbastanza rilevante, ovvero i materiali poco resistenti. Se da una parte le teste in cuoio di bufalo realizzate a mano garantiscono un suono alto livello, il corpo in plastica ABS lascia molto a desiderare, specialmente per quanto riguarda la longevità dello strumento. A questo si aggiunge la mancanza di una custodia, un po’ grossolana visto il prezzo elevato dei bonghi.

 

Pro

Suono: Di ottima qualità e adatto per imparare a suonare sfruttando al massimo la tecnica e provando ad eseguire l’accompagnamento per diversi brani.

Pelli: Le teste di cuoio di bufalo realizzate a mano garantiscono un tocco preciso e un feedback di ottimo livello. 

Accordatura: Grazie alla pratica chiave potrete accordare i bonghi per ottenere il suono corretto oppure sperimentare con diverse soluzioni. 

 

Contro

Materiali: Il corpo in plastica ABS lascia molto a desiderare per quanto riguarda la resistenza complessiva dello strumento. 

Custodia: Non è inclusa nel prezzo e va acquistata separatamente. 

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4. Club Salsa F826002 Bongo Naturale

 

Se non sapete quale bongo comprare e volete risparmiare, allora il set di Club Salsa potrà fare davvero al caso vostro. Si presentano con un design minimale che ricorda gli autentici bonghi prodotti a mano. Il costo basso si adatta alle vostre esigenze, specialmente se siete alle prime armi e non volete spendere troppo per comprare il vostro primo strumento a percussione. 

Sul suono ci possiamo esprimere positivamente, sebbene non raggiunga la profondità di quello espresso da modelli più costosi, risulta comunque meno piatto rispetto alla concorrenza, permettendovi di studiare correttamente le diverse tecniche e imparare le basi. La pelle va tirata prima dell’utilizzo, cosa che potrete eseguire facilmente grazie alla pratica chiave per l’accordatura inclusa nella confezione. Dovrete comunque fare un po’ di attenzione, in quanto i componenti non sono proprio di altissima qualità.

 

Pro

Design: Sobrio e piacevole da vedere, ricorda quello degli autentici bonghi realizzati a mano, ideale se amate gli strumenti con un look ‘vintage’. 

Pelli: Di buona qualità, si rivelano molto resistenti all’usura e quindi adatte sia per la pratica, sia per far divertire i bambini. 

 

Contro

Accordatura: Dovrete tirare le pelli con la chiave inclusa nel prezzo, un’operazione semplice, ma che richiede un minimo di attenzione per non rompere i componenti. 

Custodia: Non è inclusa nel prezzo, quando invece sarebbe stata una gradita aggiunta che avrebbe fatto guadagnare qualche punto in più al prodotto. 

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5. XDrum Bongo Club Standard, Colore Naturale

 

Uno dei metodi migliori per fare avvicinare i bambini alla musica è far provare loro degli strumenti a percussione. In questo caso gli XDrum si rivelano particolarmente adatti ai più piccoli in quanto di dimensioni ridotte. I bambini potranno divertirsi a picchiare sui bonghi e sviluppare sia la manualità sia il senso del ritmo. Potrete suonare con loro e vedere se si appassionano, per poi magari fargli imparare la tecnica e la teoria con un maestro. 

Per quanto riguarda i materiali, ci troviamo davanti a bonghi più economici rispetto ad altri modelli sul mercato e quindi meno resistenti. L’attacco tra i due, infatti, tende a svitarsi facilmente, quindi dovrete dargli una stretta ogni tanto, ma senza esagerare in quanto potreste rovinare il legno. Il suono è nella media degli strumenti a percussione di questa fascia di prezzo, quindi non c’è da aspettarsi niente di particolarmente entusiasmante. 

 

Pro

Dimensioni: Compatti e facili da trasportare, sono ideali per le manine dei bambini che potranno divertirsi suonando. 

Accordatura: Potrete stringere le pelli facilmente, in modo da ottenere sempre il suono corretto. 

Pelli: Naturali e morbide, consentono ai bambini di suonare senza farsi male. 

 

Contro

Materiali: L’attacco tra i due bonghi tende a svitarsi facilmente, inoltre per riavvitarlo dovrete avere un minimo di cura in modo da non rovinare il legno. 

Suono: Piatto e poco espressivo, sufficiente per far avvicinare i bambini alle percussioni e alla musica, o magari per cominciare a praticare le tecniche base.

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6. MA-BON01 Batteria Bongo con borsa per il trasporto

 

Mad About è una marca specializzata nella produzione di strumenti giocattolo. I suoi bonghi sono un ottimo acquisto se state cercando un modello da regalare ai più piccoli in modo da farli divertire e appassionare alla musica. Nonostante sia un giocattolo, questo strumento è stato realizzato con legno di quercia che rende il suono meno piatto rispetto ad altri modelli sul mercato. 

Molto comodi anche i piedini che permettono di tenere i bonghi stabili mentre si suona. Per quanto riguarda i materiali, si tratta pur sempre di un modello ‘giocattolo’ quindi meno resistente rispetto ad uno strumento musicale vero e proprio. Sebbene le pelli possano comunque resistere a lungo, lo stesso non si può dire per gli agganci dell’accordatura che potrebbero rovinarsi dopo svariate ‘strette’ con la chiave in dotazione. 

 

Pro

Suono: Il legno di quercia e le pelli producono un suono più profondo rispetto ad altri bonghi economici. 

Dimensioni: Pratici e compatti, questi bonghi sono adatti alle mani dei bambini che potranno suonare e produrre suoni senza trovarsi in difficoltà.

Prezzo: Molto convenienti e ideali se volete fare un bel regalo a dei bambini risparmiando.

 

Contro

Materiali: Trattandosi di bonghi ‘giocattolo’ non c’è da aspettarsi una grande resistenza o longevità. 

Accordatura: La chiave per l’accordatura va usata con una certa attenzione quando si stringono le pelli, in modo da non rovinare i componenti dei bonghi. 

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7. World Rhythm Bon7 – Bongo per Principianti

 

Come ogni strumento musicale, anche i bonghi si presentano sul mercato con una grande varietà di modelli adatti a tutti i livelli. Quelli proposti da World Rhythm si adattano alle esigenze dei principianti che vogliono imparare le basi su questo affascinante strumento a percussione. Se rientrate in questa categoria, allora potrete rimanere molto soddisfatti da questo kit composto da due bonghi, da una pratica custodia per il trasporto e da una chiave per l’accordatura delle pelli. 

Il suono è abbastanza buono, non risulta troppo piatto e permette di studiare diverse tecniche, così come di cominciare a imparare i vari ritmi base. I materiali sono nella media, in quanto si presuppone il passaggio a bonghi di più alta qualità una volta appresi i rudimenti base e impratichiti. Da apprezzare la presenza dei piedini per tenere fermi i bonghi mentre suonate così da non correre il rischio che si muovano. 

 

Pro

Suono: Nonostante siano bonghi per principianti, esprimono comunque un buon suono rotondo che vi permette di eseguire diverse variazioni e studiare le basi tecniche con precisione. 

Economico: Potrete acquistare il set senza spendere troppo, grazie a un prezzo davvero molto conveniente.

Dotazione: Nel prezzo sono incluse una borsa per il trasporto e la protezione dei bonghi e la chiave per accordarli, stringendo le pelli in modo da ottenere il suono ideale. 

 

Contro

Materiali: Come molti strumenti ‘entry level’ anche questi bonghi potrebbero non rivelarsi adatti per un uso intensivo. 

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8. Homcom Bongo Professionale in Legno e Pelle

 

Non proprio il set di bonghi migliore sulla piazza, ma comunque apprezzabile per il suo prezzo molto conveniente. Presenta tutte le caratteristiche ideali per avvicinarsi alle percussioni e per suonare in tutta comodità. La cassa di risonanza costruita in legno di tiglio si unisce alla pelle di pecora delle teste per un suono discreto che vi permetterà di praticare i colpi con la giusta tecnica. 

I piedini alla base vi permettono di sistemare correttamente i bonghi sulla superficie in modo da poter suonare con più precisione, inoltre proteggono la base del tamburo da graffi e urti. Non manca la possibilità di stringere le pelli per ottenere il suono giusto, grazie alla pratica chiavetta. Nel prezzo è inclusa anche una borsa per il trasporto che vi consente di portare il bongo con voi ovunque andiate. Se non sapete dove acquistare il prodotto nuovo, vi consigliamo di cliccare sul link qui di seguito che vi porterà alla pagina del negozio online.

 

Pro

Suono: Hanno un buon suono, ideale per cominciare a studiare percussioni e praticare le varie tecniche. 

Sicuri: I piedini tengono i bonghi protetti dal suolo, inoltre vi permettono di suonare in tutta sicurezza in quanto potranno bloccare lo strumento sulle superfici.

Prezzo: Si presentano con un costo basso, ideale se volete risparmiare per comprare i vostri primi bonghi.  

 

Contro

Materiali: Questi bonghi vanno bene per imparare le basi, ma se avete già una buona dimestichezza, allora meglio puntare su qualcosa di più resistente.

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Come scegliere un buon bongo

 

Dopo aver letto le nostre opinioni e aver fatto una comparazione tra le offerte, potreste avere ancora qualche dubbio su come scegliere un buon bongo. In questo caso vi invitiamo a continuare la lettura, in quanto siete arrivati alla nostra pratica guida che vi aiuterà a comprare quello giusto per le vostre esigenze. 

Fondamentalmente, i modelli ‘entry level’ si distinguono in due categorie: quelli giocattolo e gli strumenti musicali veri e propri. Potreste quindi chiedervi perché sul mercato si trovano tantissimi bonghi ‘giocattolo’. La risposta è semplice: gli strumenti a percussione sono ideali per far avvicinare i bambini alla musica, in quanto sono più ‘istintivi’ di quelli a corda o a fiato. In generale i bonghi ‘entry level’ e quelli giocattolo vengono venduti a un prezzo molto conveniente, quindi potete sempre puntare su quello dal miglior rapporto qualità-prezzo e risparmiare. Le caratteristiche principali di cui tenere conto prima di acquistare un bongo sono: il suono, i materiali, il design e la dotazione. Analizziamole nel dettaglio. 

Suono

Il suono viene determinato dai materiali del corpo e dalla qualità delle pelli, oltre ovviamente all’abilità del musicista. La maggior parte dei bonghi giocattolo presentano un suono ‘piatto’ e senza dinamica, poco soddisfacente, ma comunque sufficiente per permettere ai bambini di divertirsi e sviluppare il senso del ritmo. Non ha molto senso comprare un bongo professionale o di livello intermedio per fare un regalo a dei bambini, meglio risparmiare puntando su un modello giocattolo. 

Nel caso vogliate imparare a suonare questo strumento, il discorso non è molto diverso, ma vi converrà puntare su prodotti un filo più costosi, sempre rimanendo in una fascia di prezzo abbordabile. Per studiare correttamente la tecnica vi consigliamo di comprare un bongo che abbia un suono profondo e una dinamica discreta. 

Per un suono di qualità più alta dovrete necessariamente allontanarvi dagli strumenti ‘entry level’, ma tenete conto che il prezzo degli strumenti intermedi o ‘professionali’ è decisamente più alto. Se siete alle prime armi non vi consigliamo di spendere troppo per dei bonghi professionali, in quanto prima di tutto potreste non riuscire a sfruttare pienamente lo strumento. Meglio iniziare con modelli meno costosi in modo da vedere se vi appassionate o meno allo strumento, per poi passare gradualmente a un tipo migliore.

 

Materiali

Veniamo al punto dolente dei bonghi per principianti: i materiali. In linea di massima, la maggior parte dei modelli economici venduti online non sono proprio una garanzia in quanto a resistenza e longevità. Questo ovviamente non vuol dire che si romperanno dopo pochi giorni, ma per farli durare nel tempo dovrete avere un minimo di cura, specialmente quando li portate con voi. 

Mentre le pelli si possono sostituire una volta consumate, i danni al corpo del bongo possono inficiare sulla qualità del suono. In generale, se intendete farne un uso intensivo anche fuori dalle mura domestiche, vi consigliamo di puntare su un modello con il corpo in legno e di evitare quelli in plastica ABS. Per quanto riguarda i bonghi ‘giocattolo’, questi sono i meno resistenti sulla piazza, al pari di altri strumenti giocattolo. 

 

Dotazione

Come ogni strumento musicale, anche il bongo necessita di alcuni accessori utili. Il primo fra tutti è la chiavetta accordatrice, solitamente inclusa nel prezzo del prodotto. Grazie a questa chiavetta potrete stringere le pelli e ‘accordare’ il bongo, in modo da produrre il suono corretto. I musicisti più avanzati possono anche decidere di allentare l’accordatura per produrre suoni particolari da usare per determinati generi o composizioni. 

Da non sottovalutare anche la presenza di una custodia per il trasporto. Questa non è sempre inclusa nel prezzo e potrebbe mancare come dotazione anche per i modelli più costosi. In generale la custodia torna molto utile se volete portare i bonghi con voi per suonare all’aperto o magari dal maestro, ma potrebbe rivelarsi un’aggiunta superflua per gli strumenti per bambini o se volete semplicemente allenarvi in casa. 

Design

I bonghi sono strumenti etnici che possono presentarsi con dei design eleganti ed esotici, in grado di evocare l’Africa, il loro paese di origine. I set composti da due bonghi (uno per i suoni più alti e uno per quelli più bassi) solitamente vengono realizzati con un design più moderno, ma potrete trovare anche dei prodotti con un look più autentico. Per la scelta del design dovrete basarvi sui vostri gusti e delle vostre esigenze, tenendo conto che spesso i bonghi che presentano fantasie particolari potrebbero costare di più. 

 

 

 

Come si suonano i bonghi

 

Sebbene possa sembrare molto semplice, suonare i bonghi non lo è affatto. Prima di tutto occorre sviluppare un minimo di senso del ritmo. Gli strumenti a percussione infatti richiedono una buona precisione e coordinazione che potrete comunque sviluppare nel corso della pratica. Per potervi aiutare potete usare un metronomo e cercare di colpire il bongo sul ‘battere’. Un altro sistema è usare della musica, magari un brano con un ritmo semplice che vi potrà spingere a seguire il ritmo in modo istintivo. Potrete anche decidere di familiarizzare con lo strumento colpendolo senza alcun accompagnamento, in modo da sentire il suono e abituarvi a colpirlo correttamente. 

In generale si comincia sempre eseguendo un semplice ritmo da quattro colpi sul bongo con la mano sinistra (su quello più piccolo nei set da due). Non dovrete però usare tutta la mano, infatti per ottenere il suono corretto occorre colpire con le ultime due falangi delle dita. Il colpo non dev’essere troppo forte, ma nemmeno troppo debole. Una volta colpito il bongo, sollevate subito le dita e preparatele a un altro colpo, in modo da non bloccare la vibrazione della pelle e produrre il suono corretto. 

Ora, con la mano destra dovreste colpire il bongo tra i primi due colpi e gli ultimi due, sempre usando la stessa tecnica. In questo modo otterrete il ritmo base. Una volta praticata la tecnica, potrete provare ad eseguire altri colpi più complessi in modo da ottenere diverse figure ritmiche. 

Come accordare i bonghi

Una volta comprato il vostro bongo, dovrete prima di tutto accordarlo. A differenza degli strumenti a corda o a fiato, non esiste un’accordatura ‘base’ per quelli a percussione, quindi potrete ‘giocare’ per trovare il suono che più vi piace. Per accordare il bongo avrete bisogno di una chiave che dovrete usare sui tiranti, per stringere o allentare la pelle. Questa chiave è solitamente inclusa nella confezione, ma vi invitiamo comunque a controllare sulle specifiche del prodotto e di acquistarne una separatamente nel caso manchi tra gli accessori in dotazione. 

Una volta posizionata la chiave sul tirante dovrete semplicemente allentare o stringere. Per cominciare l’ideale sarebbe usare un suono tendente all’acuto, sebbene in alcuni casi potreste ottenere dei colpi un filo piatti. Se notate che il suono non vi soddisfa, potrete allentare le pelli. Tenete sempre conto che la qualità del suono del bongo dipende comunque dai materiali del corpo e delle pelli, oltre che dalla vostra tecnica. 

 

 

 

Domande frequenti

 

I bonghi sono difficili da suonare?

Come ogni strumento musicale, i bonghi si possono suonare a diversi livelli di abilità. In generale sono più intuitivi di altri strumenti a percussione (come la batteria), in quanto per poterli suonare è necessario solo l’uso delle mani. La tecnica di suono è comunque molto profonda e richiedono un po’ di pratica per poter sviluppare un buon senso del ritmo (a meno che non ne siate già dotati). In generale potrete divertirvi con i bonghi dopo poche settimane di pratica, l’importante è avere una buona costanza. 

I bonghi sono adatti ai bambini?

Gli strumenti ritmici sono ritenuti i più immediati per far avvicinare i bambini alla musica, in quanto non prevedono l’apprendimento di scale e accordi. Sul mercato ci sono bonghi giocattolo adatti ai bambini, caratterizzati da dimensioni ridotte e da una forma sicura che permette ai più piccoli di suonare senza farsi male. 

 

I bonghi si suonano con le mani? 

Sì, l’unico modo per suonare i bonghi è usare le mani. Le bacchette della batteria non sono adatte per produrre il suono tipico di questo strumento, inoltre sono proprio le varie tecniche di colpo con le mani a produrre le variazioni ritmiche e di suono più belle. Se notate che colpendoli con le mani producete un suono debole, questo è perché state usando la tecnica sbagliata. Provate a colpire i bonghi con le prime due falangi delle dita e a sollevarle immediatamente dopo il colpo, in questo modo otterrete un suono più convincente.

 

Dove acquistare i bonghi?

Potrete comprare i bonghi nei negozi di strumenti che abbiano una sezione dedicata alle percussioni o agli strumenti etnici. Nel caso non abbiate un negozio di musica vicino e facile da raggiungere, potete considerare l’acquisto online. Sul negozio online troverete bonghi di diverso tipo e dal prezzo differente, quindi potrete approfittare di varie offerte e comprare quello più adatto alle vostre esigenze e al vostro portafogli.

 

Quanto costano i bonghi?

I bonghi ‘entry level’ non costano molto e sono in generale strumenti piuttosto accessibili. I modelli per principianti possono avere un prezzo che va dai 30 ai 50 €. I modelli intermedi invece si attestano su cifre più alte che possono partire dai 70 € fino ad arrivare ai 200 €. Ben più costosi i bonghi professionali: dai 250 ai 500 €. I giocattoli per bambini, infine, non costano più di 30 €. 

 

 

Ultimo aggiornamento: 19.04.24

 

Una delle icone della musica rock, Elvis Presley è entrato nella leggenda. Scopriamo di più su di lui. 

 

Elvis Presley viene spesso chiamato il Re del Rock and Roll (The King), ma sebbene la sua musica e il suo personaggio potrebbero risultare poco conosciuti ai più giovani, le vecchie generazioni lo ricordano per i suoi brani, i suoi film e per le miriadi di citazioni e tributi che il cinema di Hollywood. 

D’altronde Elvis, il Re del Rock è stato una delle prime rockstar, affascinando e catturando l’attenzione dei giovani di un’epoca ormai passata, dove internet e gli smartphone non erano che un miraggio in un futuro distante. La sua immagine, del suo modo di ballare e di cantare arrivarono anche in Europa, come non citare i nostri Adriano Celentano e Bobby Solo, o il francese Johnny Hallyday. Il carisma del Re era difficilmente eguagliabile, basta pensare al fatto che durante la sua roboante carriera, Elvis Presley ha venduto più di un miliardo di CD.

In un certo senso Elvis Presley ha rappresentato un po’ la vecchia america: ribelle, attraente, libera e allo stesso tempo legata al consumismo e alla fame di successo, finendo per diventare parte integrante delle sue leggende. Ancora oggi negli Stati Uniti ci sono gare musicali, dove partecipano miriadi di impersonatori di Elvis Presley che emulano le sue movenze e la sua voce sul palco. 

Per questo la sua morte fu uno shock per tantissimi appassionati di musica e ovviamente per i suoi fan più sfegatati. Negli anni ‘70, dopo una carriera musicale e cinematografica di successo, Elvis Presley cade in uno stato depressivo, probabilmente dovuto alla separazione con la moglie. In quegli anni la sua figura slanciata era solo un ricordo: Elvis pesava più di 100 chili e viveva ormai una vita completamente dissoluta, dove il consumo di alcoclici e cibo era praticamente incontrollato. A questo si univano gli psicofarmaci e i medicinali che assumeva periodicamente, una combinazione decisamente letale. 

Su Elvis Presley e la sua morte ci sono tantissime teorie: la prima è quella dell’attacco cardiaco causato dai medicinali prescritti dal suo medico, il dottor George Nichopoulos. Il dottor Tennant invece afferma che la morte fu causata da una caduta di Elvis nella vasca da bagno, con una conseguente ferita che avrebbe innescato un disturbo del sistema immunitario. Altri affermano che si sia trattato di ipogammaglobulinemia e le cause che hanno portato ad Elvis a soffrire di questa condizione. C’è anche chi ritiene che Elvis sia ancora vivo, e come molte altre rock star abbia messo in scena il suo decesso per sfuggire dagli impegni. Addirittura ci sono state teorie assurde secondo le quali Elvis fosse in realtà un alieno. Ad aumentare il senso di mistero c’è il fatto che i dati dell’autopsia effettuata dopo il decesso di Elvis Presley, non sono mai stati rilevati al pubblico.  

 

La vita di Elvis e la sua ascesa musicale

Elvis Presley nacque a Tupelo, in Mississippi, l’8 gennaio del 1935 in una famiglia povera, ma dove non gli mancò mai l’affetto. Negli Stati Uniti non erano anni facili, il padre e la madre infatti, non avendo un posto fisso, erano costretti a fare lavori saltuari per sbarcare il lunario. Come succedeva spesso nelle piccole comunità, anche il giovane Elvis si avvicina alla musica grazie tramite la Chiesa del paese, dove viene attratto dalle voci del coro al punto di alzarsi dalla panca dov’era seduto con la madre e unirsi a loro. 

Notato il suo interesse, i genitori decidono di regalargli una chitarra per i suoi 8 anni e da qui la vita del Re cambia radicalmente. Durante l’adolescenza, Elvis si trasferisce a Memphis a causa del lavoro del padre. A Memphis, Elvis si faceva notare per il suo stile decisamente particolare, con capelli pieni di brillantina, ciuffo e lunghe basette, un look che in seguito diventò praticamente iconico ed è stato adottato da tantissimi giovani. Anche il suo stile di vita era decisamente ‘avanti’ per l’epoca: attratto dalla musica blues, Elvis non si faceva problemi a frequentare i locali della comunità nera, cosa che insieme al suo look lo rendeva un tipo decisamente ‘scomodo’. Fu proprio la sua apertura mentale a permettergli di assorbire influenze dai diversi generi musicali, per incorporarli nelle sue composizioni. Nei brani di Elvis Presley si può sentire la sofferenza del blues e il ritmo del country.

La prima registrazione di Elvis avviene alla Sun Records, casa discografica ancora attiva nel settore e che ai tempi permetteva a chiunque di registrare una propria ‘demo’ per una cifra davvero bassa (quattro dollari). Approfittando di questa occasione nel 1953 Elvis registra il suo primo disco, ma semplicemente per fare un bel regalo alla madre in occasione del compleanno. Il proprietario dell’etichetta, Sam Phillips ascoltò il materiale e immediatamente capì di trovarsi davanti ad un musicista e compositore capace. Fu così che affiancato da due session man scelti da Phillips, Elvis cominciò a incidere e provare brani, letteralmente esplodendo nel mondo della musica. Fu proprio la sua capacità di passare da un genere all’altro e di unire diversi stili a permettergli di scrivere brani che finivano sia nelle radio dedicate alla musica bianca, sia in quelle per la musica nera. Canzoni di Elvis Presley come Blue Moon of Kentucky, Good Rockin’ Tonight e That’s All Right Mama venivano messi a rotazione, ma visto che all’epoca era difficile scoprire chi fossero gli artisti emergenti, tutti si cominciarono a chiedere chi fosse davvero Elvis: un nero che aveva deciso di fare musica country, o un bianco che amava il blues? 

Ovviamente appassionati di musica e DJ non dovettero attendere molto per vedere Elvis dal vivo, infatti il cantante con la sua band cominciò a fare qualche live locale, ottenendo grandi consensi. Quando si esibiva davanti ai giovani, Elvis era praticamente inarrestabile. I teenager impazzivano per il suo look, la sua musica, il suo modo di cantare e ovviamente tutte le sue movenze sul palco. Il suo status di rockstar infatti si consolidò proprio grazie all’amore delle nuove generazioni nei suoi confronti. Probabilmente Elvis fu il primo musicista a dover praticamente fuggire dai vari fan e dalle ‘groupies’. 

Adesso la sua musica potrebbe risultare un filo datata, ma bisogna sempre pensare che negli anni ‘50 negli Stati Uniti non c’era nulla che si avvicinasse al fenomeno Elvis Presley. Addirittura alcuni musicisti neri cominciarono a prendere spunto dalle sue esibizioni dal vivo, per rendere i concerti più interessanti e energetici. La fama del cantante crebbe ancora di più grazie alla televisione e al cinema, cosa che tra l’altro gli permise di accumulare una vera e propria fortuna.

La morte di Elvis ha scosso il mondo e non solo quello della musica, una sorta di gong che ha risuonato in tutto il pianeta. Basta pensare che dalla morte di Elvis Presley ogni giorno fan e turisti organizzano pellegrinaggi alla villa a Memphis, conosciuta con il nome di Graceland.

 

 

Ultimo aggiornamento: 19.04.24

 

Il leggendario batterista dei Genesis è stato per anni uno dei musicisti più acclamati del panorama prog rock e pop internazionale. 

 

Elaborare l’invecchiamento e il passaggio del tempo non è mai semplice, per quanto siano due fenomeni naturali che vanno affrontati. Stranamente, questo effetto di stupore e di sorpresa si moltiplica quando si tratta dei musicisti. Per quanto alcune rockstar attempate riescano a tenere ancora il palcoscenico e scrivere dischi, il rock non è la fonte dell’eterna giovinezza e anche i musicisti, come tutti, invecchiano. Certo, nella mente degli appassionati e dei fan rimangono sempre giovani, pronti a scatenarsi sul palco e a scrivere dischi leggendari, spesso si rimane sorpresi nello scoprire che anche i propri idoli hanno dei problemi legati all’età. 

Spesso chi è appassionato di musica non vuole mai invecchiare, ritiene che i suoi ascolti siano immortali e difficilmente abbraccia le nuove correnti musicali o ascolta le band più giovani. Si rimane come attaccati ai miti della propria gioventù, specialmente quando si è vissuto un periodo musicale fiorente come quello degli anni ‘70 e ‘80 del quale serba un vivido ricordo. Eppure le cose cambiano, la musica si trasforma e viene influenzata a sua volta da elementi esterni, come ad esempio il web, la tecnologia e ovviamente i social. Per i fan di vecchia data è un duro colpo vedere Phil Collins oggi, dato che gli anni sono inevitabilmente passati anche per lui.

Phil Collins, il mitico batterista del gruppo prog rock\pop britannico da qualche anno deve fare i conti con la perdita dell’udito, un problema abbastanza comune tra i musicisti degli anni ‘70 e ‘80, dove si tendeva a suonare per ore in sala prove a volumi altissimi. Per non parlare dei concerti, dove spesso viene usata un’amplificazione ancora più potente, specialmente per le esibizioni nei luoghi più ampi. Il rock d’altronde è anche questo, sebbene negli anni i musicisti hanno cercato dei modi per evitare danni all’udito, ad esempio usando cuffie, gli in-ear o i tappi per le orecchie.

Bisogna anche tenere conto del fatto che la batteria è uno degli strumenti più rumorosi, specialmente quella acustica sulla quale non è assolutamente possibile regolare i volumi. I più oltranzisti potrebbero affermare che usare i tappi in sala prove non è ‘rock’, ma d’altronde perdere l’udito è molto peggio, specialmente per un musicista. Phil Collins cominciò ad avvertire i primi problemi durante i concerti più recenti, dove non riusciva a sentire i suoni della sua band o i suoi, neanche tramite le spie sul palco. 

Ma per Phill Collins i problemi non si limitano all’udito, infatti il musicista ha dovuto fare i conti anche con dei problemi alla colonna vertebrale, per i quali si è dovuto sottoporre a più di un intervento. 

Nonostante i notevoli acciacchi e le varie terapie, Phil Collins la malattia l’ha combattuta e non si è certo fermato, infatti nel 2017 ha comunque suonato dal vivo, apparendo in pubblico con un bastone e una sedia dove accomodarsi per cantare. Phil Collins oggi appare in pubblico raramente, anche a causa della pandemia causata dal Covid-19, ma non è detto che una volta finito questo periodo difficile non tornerà a salire sul palco. E questo è segno di grande passione per la musica, anche perché al buon vecchio Phil non servono certo i soldi, visto che è praticamente il secondo batterista più ricco al mondo dopo Ringo Starr dei Beatles e uno degli uomini più benestanti di tutto il Regno Unito.

Phil Collins: tra i Genesis e la carriera solista

Phil Collins è uno di quegli strani esempi di musicista che nonostante abbia avuto un successo straordinario, ha ricevuto un trattamento decisamente amaro da parte della critica e di alcuni appassionati. Il motivo? Molti gli attribuiscono la svolta ‘pop’ della band avvenuta negli anni ‘80, nella quale Collins prese le redini (e il microfono) della band sostituendo il cantante dei Genesis Peter Gabriel che aveva deciso di intraprendere la carriera solista. 

Il sound di album come Invisible Touch d’altronde è ben diverso da quello del leggendario Selling England by The Pound: la band abbandona il prog rock per lanciarsi in un pop dalla forma canzone più definita. Lo stesso Phil Collins passa dai virtuosismi degli esordi (ispirazione per batteristi del calibro di Mike Portnoy e tanti altri) a ritmi più lineari, spesso prediligendo i suoni elettronici a quelli acustici. I tempi cambiano e così i Genesis diventano il gruppo di Phil Collins, adattandosi alla corrente ottantiana, pur mantenendo comunque la loro classe e unicità nelle composizioni.  

Nonostante gli album degli anni ‘80 dei Genesis siano stati un successo (Bret Easton Ellis dedica un intero capitolo nel suo romanzo American Psycho), i fan amanti delle sonorità sperimentali e del prog britannico non hanno mai perdonato a Phil Collins questo cambiamento. Sebbene adesso c’è un altro concetto di musica ‘commerciale’, negli anni ‘80 l’uso di synth, effetti campionati da vari strumenti particolari come il kalimba e la batteria elettronica era praticamente un must. Per questo vedere una band passare da elaborate composizioni a quelle più semplici, e un filo accomodanti anche per il panorama della musica internazionale, fu un vero e proprio shock. 

E da qui in poi che Collins Phil ha cominciato la sua ascesa verso l’Olimpo dei musicisti più ricchi e più odiati della storia. Probabilmente parte dell’astio deriva anche dal suo carattere non proprio facile, oltre al fatto che la sua carriera solista ha prodotto successi commerciali distanti anni luce persino dai Genesis ottantiani, per sfociare nel pop più orecchiabile in assoluto. Bisogna dire inoltre che il Collins cantante non raggiunge certo le altissime doti di Gabriel, così come non eguaglia quelle dello stesso Collins batterista. A sua difesa bisogna dire però che oltre ad essere un batterista eccezionale, Phil Collins ha avuto anche l’ardire di sostituire l’insostituibile Peter Gabriel e di lanciare i Genesis verso il successo internazionale. 

 

 

Ultimo aggiornamento: 19.04.24

 

La piattaforma Spotify ha rivoluzionato il modo di ascoltare e pubblicare musica. Scopriamo quali sono le canzoni più ascoltate in assoluto. 

 

Internet ha radicalmente cambiato il mondo della musica, per alcuni in meglio e per altri in peggio. Il poter ascoltare qualsiasi brano o disco sul web è una grande comodità, inoltre permette agli artisti emergenti di proporre i loro lavori inediti al pubblico senza dover necessariamente avere un contratto con un’etichetta.

Il rovescio della medaglia sta nel fatto che la musica ‘mainstream’ non punta più sulla qualità complessiva di un album, quanto più sul gradimento di un singolo. Il crollo nelle vendite di CD e vinili non ha chiaramente giovato al mondo della musica e soprattutto agli artisti che ormai possono fare affidamento solo sui live e sugli sponsor. 

E nonostante ci siano tantissime band e generi diversi, sembra che il mondo della musica commerciale non voglia più tentare nulla di nuovo, affidandosi solo a strette indagini di mercato e sugli indici di gradimento del pubblico, proponendo sempre le stesse soluzioni e seguendo trend specifici. 

Sul web, la piattaforma più usata per l’ascolto della musica è Spotify. Il servizio di streaming musicale consente di ascoltare interi dischi e singoli brani, da quelli composti da artisti underground, a quelli più famosi. Ecco una rassegna delle canzoni più ascoltate di sempre

 

Queen – Bohemian Rhapsody 

Il singolo ormai leggendario dei Queen, tratto dal disco A Night at the Opera uscito nel 1975. A distanza di anni, Bohemian Rhapsody è ancora uno dei brani più amati ed ascoltati al mondo, lo dimostrano le copie vendute del disco così come i click su Spotify. Il rinnovato interesse verso la band inglese nasce dalla pellicola dedicata a Freddie Mercury, con musiche dei Queen e che prende il titolo proprio da questo brano. La canzone parte come una ballata, staccando sulla famosissima parte dove Freddie Mercury e gli altri membri della band cantano a cappella, per poi staccare su un riff rock che va a chiudere con la parte di piano e voce iniziale. 

Guns N’ Roses – Sweet Child O’ Mine

Nonostante ci siano tantissimi gruppi glam e hair metal che hanno scritto brani memorabili, i Guns N’ Roses sono riusciti a ritagliarsi un posto nell’Olimpo della musica con pochi dischi ben scritti. La band di Axl Rose e di Slash ha alternato sfuriate hard’n’heavy con canzoni decisamente più abbordabili, come Sweet Child O’ Mine. Brano caratterizzato dal lick di chitarra iniziale che esplode poi in un riff dal respiro ampio e che sa di estate, con la voce inconfondibile di Axl Rose a fare da assoluta protagonista come sempre. Magari non è tra le più belle canzoni della band, ma è sicuramente una delle più orecchiabili e divertenti da cantare. 

 

Nirvana – Smells Like Teen Spirit

I Nirvana, una delle band più importanti degli anni ‘90, con Nevermind raggiunsero l’apice del successo. Nonostante siano passati più di 30 anni e le esigenze del mercato musicale siano decisamente cambiate, i Nirvana restano una delle formazioni più viscerali ad aver toccato il mondo della musica mainstream. Smells Like Teen Spirit è una sorta di inno di quella generazione di giovani, ma lo potrebbe essere anche di quella attuale. La voce tremolante e diretta di Kurt Cobain, unita alle chitarre distorte del riff principale, creano un mix esplosivo al quale Dave Grohl aggiunge tutta la sua potenza dietro le pelli. 

 

John Lennon – Imagine

Delle canzoni più belle del periodo solista di John Lennon, Imagine è una delle più famose in assoluto. Molti degli album pubblicati dall’artista con la moglie Yoko Ono non ottennero la fortuna sperata, ma il singolo Imagine tratto dall’omonimo album del 1971 fu un vero successo vendendo più di un milione di copie solo nel Regno Unito. Il messaggio positivo e di uguaglianza del testo viene espresso dalla voce di Lennon, accompagnato dal pianoforte e da una ritmo leggero di batteria. Una delle canzoni in inglese più capaci di emozionare e comunicare il pensiero pacifista dell’artista. 

Ed Sheeran – Shape of you 

Nella top ten di musica su Spotify non ci sono solo canzoni del passato tra le più ascoltate. Ed Sheeran ha raggiunto una fama stellare proprio grazie ai suoi singoli e al suo modo di interpretare il genere Neo Soul. Il brano Shape of You è ancora uno dei più ascoltati in assoluto su Spotify, al quale si affiancano anche altri brani del cantante come Thinking Out Loud. Che lo si ami o lo si odi, Ed Sheeran sa come produrre un brano pop in grado di scalare la classifica di Spotify. Da Sheeran si sa benissimo cosa aspettarsi, difficilmente sentiremo un brano ‘prog’ con strumenti esotici come gong e altri. L’artista si è dedicato completamente al pop e sebbene faccia brani spesso molto simili tra loro, continua a riscuotere un notevole successo tra nuovi e vecchi fan. 

 

Led Zeppelin – Stairway to Heaven

I Led Zeppelin hanno rivoluzionato il mondo della musica, mettendo le basi per l’heavy metal e per l’hard rock. Della loro vastissima produzione musicale, uno dei loro brani musicali più famosi è sicuramente Stairway to Heaven, almeno per quanto riguarda le classifiche dei singoli su Spotify. Praticamente un must da affrontare per ogni chitarrista, gli arpeggi di Stairway To Heaven sono tra i più memorabili nella storia del rock, così come lo stacco finale sull’assolo di Jimmy Page. 

 

Michael Jackson – Thriller 

Singolo tratto dall’omonimo album del ‘Re del Pop’, Thriller è un brano eccezionale dove la voce di Michael Jackson esplode sulla drum machine e sui vari synth. L’intermezzo vocale interpretato dal mitico attore Vincent Price crea un’atmosfera sinistra che anticipa il fantastico ritornello. I video delle canzoni di Michael Jackson sono sempre fantastici, ma quello di Thriller è davvero un capolavoro. La trasformazione in licantropo del cantante così come l’inimitabile ballo coreografato degli zombie sono assolutamente da vedere. 

AC/DC – It’s a long way to the top (if you wanna rock ‘N’ roll)

Il secondo disco degli AC/DC intitolato T.N.T. è una vera e propria cannonata hard rock. Il brano in questione, inserito prima nella versione internazionale di High Voltage e in seguito in T.N.T. rappresenta al meglio lo stile esplosivo della band australiana, tra riff martellanti sorretti da una batteria fatta di puro groove, dove la voce del compianto Bon Scott avvolge il microfono. La cornamusa è un tocco di classe che omaggia le origini scozzesi dei fratelli Young.